Translate

domenica 30 aprile 2017

SHAKESPEARE'S SONNET XXX: (MIA) TRADUZIONE IN ITALIANO




SHAKESPEARE’S SONNETS



SONNET XXX
SONETTO XXX


When to the sessions of sweet silent thought
I summon up remembrance of things past,
I sigh the lack of many a thing I sought,
And with old woes new wail my dear time's waste:

Then can I drown an eye, unused to flow,
For precious friends hid in death's dateless night,
And weep afresh love's long since cancell'd woe,
And moan the expense of many a vanish'd sight:

Then can I grieve at grievances foregone,
And heavily from woe to woe tell o'er
The sad account of fore-bemoaned moan,
Which I new pay as if not paid before.

 But if the while I think on thee, dear friend,
 All losses are restor'd and sorrows end.


Quando alle accolte dei dolci miei pensieri
Occulti – rievoco ciò che non è più
Piango l’assenza del tanto cui aspirai
E vecchie ambasce avvivo per lo scialo del tempo che fu.

Allora gli occhi – non adusi al pianto – annego
Per gli amici diletti nell’eclissi della morte
E piango a nuovo antichi amori elisi
E lamento lo spreco di tante spente sorti.

Allor mi cruccio per crucci già archiviati
E a fatica, di dolore in dolore, ripercorro
Il triste conto di lutti già patiti
Che pago ancora, come prima non saldati.

Ma se il tuo viso, amico, nel pensiero mi balena
Ogni vuoto si colma, e si placa ogni pena.




mercoledì 19 aprile 2017

IL PATTO CON IL DIAVOLO U.E.- OMAR EL BASHIR


"PER CONTO DELL’EUROPA" 
FERMARE L’IMMIGRAZIONE FINANZIANDO MILIZIE CRIMINALI?




Unione Europea e Italia pronte a tutto pur di bloccare le rotte dei migranti (e respingerli nel caso questi riescano ad arrivarci, in Europa), e tutto vuol dire passare sopra i grandi principi; diritti umani e libertà civili si piegano in funzione delle circostanze. Addirittura l'Italia si inventa un diritto amputato per i richiedenti asilo[1]. Lo sappiamo, lo sapevamo, ma constatare che si può arrivare a finanziare aguzzini con i soldi dei contribuenti europei, con la garanzia di un capo di stato dichiarato criminale di guerra con tanto di mandato d’arresto del Tribunale Penale Internazionale, è il colmo dell’infamia.
Il rapporto dell’organizzazione internazionale Enough.org, dal titolo eloquente: Border control from hell: how the EU’s migration partnership legitimizes Sudan’s militia state[2] del Prof. Suliman Baldo (Controllo delle frontiere dall’inferno: come l’intesa sulle migrazioni della UE legittima il Sudan, uno stato che si regge su milizie) presenta un quadro esauriente della situazione eslege di questo immenso stato, retto sin dal 1989 da un dittatore, Omar el Bashir, accusato di crimini contro l’umanità e indiziato di genocidio per le stragi nel Darfur, con il quale l’Unione Europea sta collaborando e cui sta elargendo contributi di milioni di euro.
Queste le tappe principali per comprendere la turpitudine del patto e cercare di ostacolarlo a partire da Strasburgo, dal Parlamento Europeo.

Il conflitto nel Darfur ha origine nel 2003 da una ribellione di militanti appartenenti a etnie come i Fur, i Zaghawa e i Marsalit, discriminate e oppresse dal regime di Khartoum nel Sudan occidentale, che accusa le popolazioni della regione di appoggiarli e inizia una guerra senza quartiere bombardando, incendiando e terrorizzando migliaia di villaggi. Iniziano l’eccidio e il conseguente esodo che a tutt’oggi ha raggiunto cifre che superano i 2 milioni di rifugiati e sfollati interni. Molti si rifugiano in Ciad dove si trovano ancora nei campi che dovevano essere provvisori, finanziati dalla UNHCR e gestiti da decine di ONG. Migliaia di donne sono stuprate e ridotte in schiavitù: ne ho conosciute alcune quando ho lavorato in Ciad a Goz Beida in uno di questi campi. Sono morte almeno 300.000 persone. Chi compiva queste atrocità –lo Stato Sudanese - usava sul terreno delle bande composte principalmente da una tribù arabofona, i Rizeigat Abbala, di origine nomade, allevatori di cammelli e razziatori di bestiame, denominati janjaweed (i diavoli a cavallo) dalle loro vittime, appoggiati dal cielo dalle forze armate ufficiali (S.A.F. – forze armate sudanesi) con bombardamenti a tappeto. Le donne che ho conosciuto mi avevano raccontato che erano riuscite a scappare con i soli abiti che avevano indosso.

Dal 2004 campagne di informazione, mobilitazione di attivisti dei diritti umani, articoli e reportage rendono questa guerra atroce di pubblico dominio; in tutto il mondo, si organizzano gli aiuti internazionali, piovono condanne. Si discute per anni se definire genocidio ciò che avviene, che continua ad avvenire e non si riesce a fermare. Testimonial famosi come George Clooney si recano in loco, si danno da fare. Poi pian piano il clamore si acquieta e il dittatore Omar el Bashir continua a fare il Presidente, riesce a essere rieletto ben due volte. A prezzo di repressioni sanguinose: nel 2013 circa 200 morti in tumulti di piazza a Khartoum, mentre le razzie e le stragi continuano in Darfur. A nulla valgono le accuse formali del Tribunale Penale Internazionale e i mandati d’arresto del 2009 e del 2010 contro di lui, i mandati d’arresto contro i suoi più stretti collaboratori (Harun, Ali Kushayb, Hussein), tutti indiziati di crimini di guerra e crimini contro l’umanità: fino ad oggi  Omar el Bashir è riuscito a farla franca e le razzie e le stragi continuano, come documentato puntualmente non solo da Enough.org e dal suo direttore John Prendergast ma anche dall’organizzazione sudanreeves.org, che fa capo al Prof. Eric Reeves, dello Smith College di Northampton, Massachusetts, o da Radio Dabanga, dal cuore del Sudan (dabangasudan.org).
Eppure questo mare di sangue versato sembra non pesare sulla bilancia sbilenca dell’Unione Europea quando si tratta di ergere delle barriere per fermare i sacrosanti movimenti migratori, in questo caso quelli provenienti dal Corno d’Africa e dall’Africa centrale, che attraversano Sudan, Niger e Ciad per sfociare in Libia e puntare al Mediterraneo.

Per quanto concerne la Libia, la delega è affidata all’Italia: in febbraio il nostro governo ha stretto un accordo triennale con il governo traballante del premier Sarraj per rafforzare il controllo a partire dalle coste libiche, naturalmente per fermare il contrabbando e il traffico di esseri umani, foglia di fico verbale per significare che si rischia di finanziare poliziotti alleati ai trafficanti per estorcere denaro ai malcapitati, pena torture anche letali in totale impunità, come documentato da decine di libri e reportage e da testimonianze degli stessi migranti sfuggiti all’inferno dei campi di detenzione libici. Ma il Governo Italiano non ne sa nulla: il 2 aprile altri titoli trionfanti di apertura sui giornali inneggiano alla saggezza di chi favorisce “la pace tra le tribù” del Fezzan, regione di 700.000 km2 del sud della Libia, milizie assoldate per chiudere i transiti dal Niger e dal Ciad. Si pretende di ignorare anche in questo caso che le “tribù” arabofone libiche sono in linea di massima (ci saranno lodevoli eccezioni) le peggiori nemiche dei sub-sahariani, disprezzati come bestie; si può essere sicuri che i migranti catturati saranno trattati con il massimo rispetto. Pochi giorni fa la stessa Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (I.O.M.) ha denunciato che i migranti vengono venduti al mercato come schiavi per poche centinaia di dollari[3].il 16 aprile MSF ha segnalato su RFI la testimonianza sconvolgente di un senegalese che è stato testimone di pratiche schiavistiche nelle piantagioni libiche[4].

Ancora non basta: i migranti affluiscono in Libia dal Corno d’Africa, dal Sudan, dall’Africa Centrale e vanno fermati anche là. Non importa che in marzo l’ONU abbia dichiarato che è in corso una delle peggiori crisi umanitarie dal 1945 ad oggi proprio in Somalia, nel Sud-Sudan e nel nord-est Nigeria (oltre che in Yemen), crisi dovuta alle guerre che vi imperversano oltre e prima che alla siccità. La situazione è terribile anche intorno al Lago Chad, dove le stragi di Boko Haram hanno causato centinaia di migliaia di rifugiati, distrutto tutte le reti di scambio commerciale e reso impossibile l’agricoltura. I bambini marasmatici ridotti agli estremi mostrati in TV servono a fare affluire i fondi (pochissimi finora) ma se i loro padri cercano di arrivare in Europa per cercare lavoro vanno bloccati. Logica impeccabile. La cooperazione che l’Unione Europea ha rafforzato a partire dal 2014 con il governo del Sudan rischia non solo di non prendere in considerazione tutto ciò, in stridente contrasto con l’allarme umanitario dell’ONU, ma va oltre perché fa da puntello a un governo criminale.
 
Si chiama “Processo di Khartoum”[5] l’accordo firmato nel 2014 tra la UE e il Governo del Sudan, quindi con il criminale di guerra indiziato di genocidio Omar el Bashir, al fine precipuo di “bloccare il traffico di esseri umani nei paesi di origine, transito e destinazione”. Tale cooperazione è stata ulteriormente rafforzata e rifinanziata con 100 milioni di euro nel 2016 allo scopo dichiarato di affrontare le cause alla base dei movimenti di popolazione nel Sudan orientale, in Darfur, e negli stati del South Kordofan e Blue Nile, dove imperversa la guerra con gruppi ribelli legati al Sud Sudan. Questo pacchetto era destinato alle popolazioni vulnerabili in zone di conflitto per migliorare i servizi sanitari, educativi e la sicurezza alimentare. Ma 15 milioni in particolare finanziavano “un rafforzamento delle capacità delle autorità locali”. Inoltre attraverso il Trust Fund for Africa dell’UE si attribuivano altri 40 milioni di euro sotto l’etichetta Better Migration Management per un programma di rafforzamento delle capacità dei governi regionali di controllo delle frontiere, programma tuttora controverso, che rischia di ingrassare anche le cosiddette Rapid Support Forces del Sudan (RSF), ex milizie paramilitari ma ora parte integrante dell’esercito sudanese, che non sono altri che le bande dei vecchi janjaweed promosse per i loro buoni servigi e la loro efficacia mortifera. Il rapporto di Enough.org segnala che di questi 40 milioni, almeno 5 destinati al controllo di polizia e al settore giudiziario possono andare proprio alle RSF.
Create nel 2013 con compiti specificamente sporchi e repressivi, le RSF sono state denunciate da numerose organizzazioni internazionali per i loro crimini. Per tutta risposta, il governo di Omar el Bashir le ha ripulite integrandole nel gennaio del 2017, nelle forze armate regolari.
Per capire meglio l’atmosfera legalista che spira tra le forze armate, basti dire che quando nel 2013 il ministro della difesa si lamentava durante una seduta del Parlamento che i bassi salari dei soldati fomentavano le diserzioni, il segretario generale del Partito islamista sudanese, partito di governo, “raccomandò che il bottino di guerra fosse aggiunto come supplemento salariale”[6].
Il 5 aprile scorso usciva su The Guardian un lungo articolo a firma Phil Cox che rendeva conto del suo calvario in questa oasi dei diritti umani che è il Sudan di Bashir: il giornalista vi si era infiltrato illegalmente dal Ciad per raggiungere le zone del Darfur sigillate all’informazione internazionale al fine di documentare ciò che vi accade. Identificato dai servizi di sicurezza, con il suo aiutante e traduttore è stato detenuto, torturato, gettato in galera e ne è uscito dopo 70 giorni di incubo grazie al prodigarsi dell’ambasciata del Regno Unito a Khartoum, dopo essere stato obbligato a sottoscrivere di non tentare mai più di tornare clandestinamente in Sudan[7].
Forse siamo in tempo per fermare questo patto con il diavolo dell’UE se riusciamo a informare e coinvolgere una platea più vasta di quella ristretta di chi si occupa professionalmente di tali questioni.




[1] http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/04/12/migranti-camera-vota-la-fiducia-al-decreto-minniti-via-libera-definitivo/3517714/
[2] http://www.enoughproject.org/content/border-control-hell
[3] https://www.avvenire.it/attualita/pagine/migranti-schiavi-libia
[4] www.rfi.fr/afrique/20170416-esclavage-migrants-temoignage-jeune-senegalais-retour-libye
[5] http://www.iom.int/eu-horn-africa-migration-route-initiative-khartoum-process

[6] Citato dal rapporto di enough.org: Ibrahim Hummoda, “The War of Spoils in Sudan,” Almshaheer, in Arabic, April 24, 2013,  www.almshaheer.com/article-159133.
[7] Phil Cox, Kidnapped, tortured and thrown in jail:my 70 days in Sudan. The Guardian, 5 April 2017.
https://www.theguardian.com/world/2017/apr/05/captured-in-darfur-south-sudan