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lunedì 9 ottobre 2017

IMPRESSIONI DI UN VIAGGIO ALLE AZZORRE



AZZORRE: IL REGNO DELLA LAVA


Isola di Pico vista da Faial

“Mezzo millennio di esistenza sopra tufi vulcanici, sotto nuvole che sono ali e animali mostruosi che sono nuvole, rappresenta già un notevole fardello temporale - e il tempo è spirito in fieri. Raddoppiando, raggiungeremo appena la metà della distanza che ci separa da Virgilio. Siamo quindi un popolo giovane. Ma la vita delle Azzorre non prende inizio dalla colonizzazione dell’isola[1], piuttosto si proietta in un passato tellurico…come uomini, siamo saldati storicamente al popolo dal quale proveniamo[2] ma innestati dall’habitat su monti di lava che rilasciano dalle proprie viscere una sostanza che ci penetra. La geografia, per noi, vale altrettanto che la storia e non è per nulla che la nostra memoria scritta consiste per un cinquanta per cento di resoconti di terremoti e inondazioni. Come le sirene abbiamo una doppia natura: siamo fatti di carne e di pietra. Le nostre ossa hanno radici profonde nel mare”.[3]
Vitòrino Nemésio
Così Vitorino Nemésio, uno degli scrittori novecenteschi isolani più conosciuti e prolifici, definisce in un passo molto citato la “azzorianità”. Ho trovato il brano sfogliando un libro su di lui al Museo di Angria do Heroismo, a Terceira, isola natale di Nemésio, e l’ho trascritto nei miei appunti di viaggio. Lo si può trovare in portoghese sulla pagina FB citata in nota. Ma più che e oltre la geografia, è la genesi e la configurazione geologica la corda vibrante, la quintessenza dell’arcipelago: la geologia come destino. 
 Appena ne tocchi la terra, ti accorgi che la lava, le rocce di basalto, le montagne ti avvolgono, ti circuiscono e davvero, come dice il poeta, ti penetrano, diventano parte integrante della tua vita quotidiana finché sei là, su quegli scogli a mezza strada tra Europa e America: nove isole distribuite su un asse sud-est/ nord-ovest lungo 600 km, generate da successive eruzioni lungo milioni di anni. L’isola più antica, Santa Maria, la più meridionale, ha 8 milioni di anni, mentre la più giovane, Os Capelinhos, è un piccolo vulcano “nato” nel 1957[4], sorto tempestosamente dalle acque davanti agli occhi attoniti degli abitanti. Oggi si allunga pigramente sulla punta nord-occidentale dell’isola di Faial, l’isola più sofisticata e ricca di appuntamenti culturali, ma anche la più cara e scontata meta di una flottiglia di yacht stazionanti nel porto turistico di Horta, il capoluogo.
Porto Pim

E’ proprio la ricerca di un porto di Horta all’origine del mio viaggio, ma non quello degli yacht, bensì Porto Pim. Era il porto dei pescatori e ancora oggi le viuzze strette che da lì si dipartono sono fiancheggiate da casette basse, dagli intonaci color pastello, tipiche dei villaggi che vivono (vivevano) di pesca. Avevo provato per mesi a richiedere un libro di racconti di Antonio Tabucchi raccolti sotto il titolo: “Donna di Porto Pim” alla biblioteca vicino a casa che non l’aveva e l’aveva richiesto alla rete nazionale; prima era in prestito, poi la richiesta era scaduta e andava ripetuta; l’ordine in libreria si è smarrito, eccetera. La donna di Porto Pim aveva assunto dimensioni favolose, chimeriche, era irraggiungibile. E ho pensato che fosse meglio andare a raggiungerla di persona comprando un biglietto aereo. A Praia da Vitória (Terceira), ho trovato finalmente il libro nella biblioteca comunale, in portoghese, quasi meglio che leggerlo in italiano. Quando finalmente ci sono arrivata, a Porto Pim, in agosto, il sole era allo zenit e la spiaggia quasi deserta, la falce di sabbia stranamente chiara era una fusciacca dorata e alle sue spalle il monte Queimado e il monte da Guia sembravano due maculati bestioni sdraiati a riposare. Acque trasparenti e stranamente calme, quasi tiepide, in contrasto con le nuotate gelide a meno di 20°C abituali nelle piscine naturali di Velas a São Jorge o a Criação Velha a Pico. L’oceano esala una fragranza di salsedine, di scoglio e di lontananza che nel Mediterraneo avevo dimenticato.
Piscina naturale a Velas, Sao Jorge

Le piscine naturali sono uno dei luoghi incantati delle Azzorre, circondate dalle merlature cupe, nerissime, delle rocce di lava che sprigionano una magica energia (e calore a volte benvenuto); ci si immerge in acque limpide ( e spesso gelide) dove veleggiano pesci tigrati e pesci regina dalle strisce arcobaleno. A Pico, a Laja das Rosas[5], tra le rocce basaltiche una mattina ho assistito alla colazione di un granchietto minuscolo, anch’esso nerissimo, appena distinguibile nero su nero, che con larghi gesti delle chele scavava cibo tra i muschi pelosi che ricoprivano le pareti della piscina e se li ingoiava goloso. Spettacoli impagabili, come quando tornando da una passeggiata a Santo Amaro, a São Jorge, sopra una pietra del muretto di lava ho scorto un uovo troppo piccolo per essere di piccione e troppo grosso per essere di lucertola: era un uovo di merlo! Rivelazione di un autoctono seduto sul muretto pochi metri più avanti.

Spiazzo erboso a Graciosa
Come i granchi anche le lucertole sono nerissime con riflessi verdastri, e popolano tutte le nicchie e le fessure dei muretti di lava che costeggiano le strade secondarie, spuntano continuamente e spariscono in un baleno, unici rettili reperibili sulle isole, che non albergano serpenti.
Oltre al mare e alla lava, sono le fioriture prepotenti, i pascoli e i boschi i protagonisti naturali che fanno dell’habitat della Azzorre un insieme unico e prezioso. Ironicamente quelle che ne sono divenute quasi un simbolo, replicato alla nausea nei dépliant turistici, nelle cartoline e nei magneti-souvenir, cioè le onnipresenti ortensie azzurrine e rosate, sono specie infestanti, non endemiche, che si sono riprodotte con un rigoglio quasi minaccioso a spese di altre specie autoctone (come le campanule dell’azorina vidalii ad esempio) e insieme alla roca da velha (infiorescenza gialla) e all’agapanthus (azzurro o bianco) hanno colonizzato buona parte del paesaggio (vedi foto).
Ortensie a Terceira
Ma il colpo d’occhio è certamente fantastico; una tale profusione di fiori favorita dal clima umido e spesso piovoso anche d’estate, insieme alle distese smeraldine dei pascoli punteggiati da grasse mucche sotto il sole d’agosto, quando buona parte dell’Europa meridionale bolle a 40°, sono visioni paradisiache. Nei boschi anche molti alberi che svettano fino a otto-dieci metri come le araucarie o i cedri non sono essenze endemiche.

Maestosi i metrosideros con i loro pennacchi rossi, si allargano come candelabri le braccia scultoree delle dracene. Numerose e inaspettate le piantagioni di banane, che sono ottime e costano pochissimo.
Ho visitato soltanto sei delle nove isole; in tutte i fenomeni vulcanici hanno originato grotte, scavato gallerie e cunicoli, eretto vulcani e crateri vuoti, generato depressioni e creste, stagni ribollenti e sorgenti termali. Personalmente non amo molto addentrarmi sotto terra, preferisco le montagne alle esplorazioni speleologiche, ma le grotte e gli antri scavati dalla lava delle Azzorre seducono anche i più riluttanti claustrofobici. Si comincia con Furnas e Caldeira[6] Velha nell’Isola di São Miguel, con le sue terme, la zona delle solfatare dove la domenica i gitanti cuociono il pranzo nelle cavità del terreno bollente e la laguna solforosa circondata da foreste; a Terceira si visitano la Gruta do Natal e l’Algar do Carvão, mentre a Pico, dove uno splendido vulcano conico (omonimo) domina l’isola, si può visitare la Gruta das Torres con un’affascinante discesa in contorte gallerie che si percorrono solo armati di torcia perché non c’è la minima illuminazione né fosforescenza.
Imboccatura Furna do Enchofre
A Faial ci si arrampica sul neonato Capelinhos e si sale fino a una grande Caldeira; a Graciosa, ultima isola visitata, si scende nella magnifica Furna do Enxofre che racchiude un lago sotterraneo. Le innumerevoli caldeiras ammantate di verde sembrano immense zuppiere. Di Säo Jorge sono caratteristiche, soprattutto lungo la costa nord, le fajãs, piccole distese alluvionali con lagune, flora e fauna uniche, sovrastate da sentieri scoscesi, come quello che si percorre per raggiungere la Fajã da Caldeira de Santo Cristo, punteggiate di grotte e con coltivazioni di nicchia, anche il the!
Un grosso inconveniente per chi si muove solo a piedi o con mezzi pubblici come chi scrive sono i pochi autobus e gli orari spesso scomodi, mentre ovviamente abbondano i servizi di noleggio auto. A Pico si rimane sbigottiti di fronte al reticolo a perdita d’occhio di vigne custodite da migliaia di muretti che affondano le radici nella stessa lava divenuta fertile con un lungo processo di trasformazione in humus. Naturalmente anche qui l’UNESCO ha messo la sua bandierina e le segnala come “patrimonio dell’umanità”.
Capelinhos
La cura e la conservazione dell’ambiente sembrano essere, di primo acchito, una delle preoccupazioni principali delle amministrazioni locali e dell’autorità centrale autonoma con sede a Ponta Delgada a São Miguel. Le strade sono in genere pulite, è abbastanza raro incontrare cartacce o plastica svolazzante, (ma mi è parso che, tra giugno e settembre, le cose siano peggiorate). La passeggiata che costeggia la grande spiaggia cittadina di Praia da Vitória è stata progettata con grande eleganza e inventiva: piastrelle fantasiose e colorate (i famosi azulejos portoghesi) evocano film famosi e personaggi della cultura locale, oppure citano versi di poeti isolani con accanto un loro ritratto. Le stradine dei centri storici, lastricate di ciottoli di lava, sono capolavori di pazienza e simmetria che Mondrian avrebbe apprezzato.

Una delle tante piastrelle poetiche a Praia
Peccato però leggere sul quotidiano Diário insular a fine agosto che il governo di Lisbona rifiuta di rendere pubblico un rapporto relativo all’ occultamento di rifiuti tossici contenenti mercurio nella zona adiacente all’Aeroporto Internazionale e alla attigua Base militare USA di Lajes, a Terceira. Cercando sul web si trovano articoli in merito: l’accusa del governo delle Azzorre è di inquinamento delle falde acquifere. Lajes è a pochi km da Praia da Vitória[7]. La contaminazione deriva da 70 anni di attività della base aerea USA e NATO: le Azzorre chiedono che gli statunitensi - che stanno ridimensionandogli effettivi e l’operatività della base stessa - si assumano le spese di decontaminazione.  Ma Lisbona copre gli americani rifiutandosi di rendere pubblico il testo del documento che specifica i dettagli del danno arrecato e la loro ubicazione precisa. [8]

Roca da Velha
Altro problema: i “piani di sviluppo”. Nei primi anni 2000 il governo autonomo elabora e poi gradualmente approva e finanzia (con consistente iniezione di fondi UE) dei piani di riordino e gestione delle coste della varie isole, ambienti particolarmente instabili e fragili, soggetti a frane, smottamenti e erosione. Ma l’imperativo primario dovrebbe essere la conservazione dell'unicità dei paesaggi e la protezione degli ecosistemi. Invece.
 Calheta, costa sud di São Jorge: a fine luglio mi ha stupito un gran fervore (e baccano) di camion dietro transenne, accanto a piramidi di terriccio e macchine movimento terra. Ho chiesto a un passante di che tipo di lavori si trattasse, e mi è stato spiegato che è in progetto un allargamento della attuale strada a due corsie che costeggia le maestose rocce che scolpiscono la costa. Che fine faranno? Non c’è spazio sufficiente per entrambe. Mi sono informata meglio al museo, e la custode ha confermato che irrimediabilmente il paesaggio cambierà aspetto, con conseguenze ovvie sulla fauna e flora della frangia lavica. Ho chiesto un’opinione su ciò al farmacista di Velas, capoluogo di São Jorge: nessuno è d’accordo ma tutti sono rassegnati. E’ chiaro che sono in gioco centinaia di milioni di euro, bisogna sviluppare il turismo, i turisti potranno scorrazzare più comodamente in automobile. Ho fatto una foto delle rocce a futura memoria piuttosto disgustata.
Costa attuale di Calheta
C’è anche il progetto di collegare alla rete elettrica la Fajã della Caldeira de Santo Cristo piantando piloni invece di pensare a piccoli sistemi autoctoni alimentati da pannelli solari o altre energie dolci. Invece di conservare il luogo come meta di escursioni a piedi, si intende costruire insediamenti per villeggianti. Oggi la maggioranza delle casette sono disabitate. Difficile che la laguna resista, addio panorama, addio silenzio.
Faja da Caldeira de Santo Cristo, Sao Jorge
Infine, a dare un altro colpetto all’immagine idilliaca che mi ero creata delle isole incantate, è arrivata la vicenda della signora E. di Pico, un’ex insegnante molto simpatica conosciuta perché stava innaffiando il suo giardino mentre le sottraevo un tralcio di profumatissimo caprifoglio dalla grata di recinzione. Me ne ha offerto un mazzo. In seguito ci siamo incontrate più volte, e mi ha raccontato quel che le è successo un anno fa, dopo che l’amministrazione locale ha creduto bene di cospargere un erbicida lungo tutta la strada davanti alla sua villetta. Lei è allergica a qualsiasi tipo di prodotto chimico e da anni si cura solo con medicinali a base di erbe. L’erbicida le ha causato una terribile intossicazione durata mesi, con eruzioni dolorose sul viso e sul corpo e enfiagione degli arti tale da impedirle di camminare. Ha inoltrato esposti, documentazione clinica, certificati di intolleranza ai prodotti usati e chiesto un indennizzo, il tutto senza avere finora alcun riscontro. L’erbicida conteneva glifosato. Ho fotografato la documentazione che mi aveva consegnato ed ecco le foto.
Foto della signora E. con eruzione provocata da erbicida
Reclamo della Signora E.
Una nota positiva per concludere: data la natura vulnerabile e scoscesa dalla maggior parte della superficie di tutte le isole, la speculazione che costruisce grandi complessi alberghieri non ha potuto prendere campo e non dovrebbe riuscire in futuro a fare troppi danni. Ciò non toglie che l’ingordigia degli amministratori e degli imprenditori locali e la smania di intercettare fette maggiori del turismo in crescita esponenziale non riescano egualmente a infliggere danni irrimediabili ai paesaggi e a nicchie ecologiche uniche.
Marciapiede di lava, Terceira
Casa di lava, strada di Laja das Rosas











[1] Convenzionalmente, dal 1432.
[2] Chiaramente si riferisce al Portogallo.
[3] Vitorino Nemesio, Açorianidade in “Insula”, 1932 (https://www.facebook.com/notes/luiz-fagundes-duarte/a%C3%A7orianidade-por-vitorino-nem%C3%A9sio/481158801985662/)
[4] Vedi il bel video composto di foto di allora su YouTube: https://www.youtube.com/watch?v=8mkG7bjwVxg
[5] A circa due km da Criaçäo Velha.
[6] Letteralmente, caldaia. Sono avvallamenti ovoidali piuttosto grandi, vulcani collassati e spenti,  spesso ci sono sentieri sui bordi del cratere.
[7] http://m.algarve24.pt/en/news/chemical-hazardous-waste-terceira/2017-03-23

[8] http://portuguese-american-journal.com/lajes-decontamination-of-terceira-island-soils-must-be-a-top-priority-azores/