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lunedì 25 giugno 2018

NECROPOLITICHE À LA CARTE

NECROPOLITICHE

À
LA CARTE


" È accaduto quindi può accadere di nuovo: questo è il nocciolo di quanto avevo da dire". Queste parole di Primo Levi l'Italia e l'Europa se le stanno dimenticando. 
Ma era già accaduto ben prima che Primo Levi così si esprimesse, ed è accaduto di nuovo dopo. Come si può definire il commercio triangolare tra Africa, America ed Europa tra il 1500 e il 1800 se non con il termine di genocidio? E genocidio fu lo sterminio degli amerindi nel sud centro e nord America, esempio palese, questo s,i di sostituzione etnica e di "grande invasione". Durante i secoli del commercio triangolare la popolazione africana non solo non crebbe ma diminuì, contrariamente a quella europea (1). E prima della Shoà era accaduto anche il massacro degli Armeni, nel 1915. Riaccadde nel 1994, in Ruanda.  Anni fa si discusse in sede ONU, senza dirimere la questione, se gli eccidi, le persecuzioni e la politica della terra bruciata in Darfur potessero costituire genocidio. Poi l'attenzione della cosiddetta comunità internazionale fu deviata su altri disastri, i bombardamenti e le stragi in Darfur non si fermarono e i loro responsabili continuarono a imperversare impuniti. Sta accadendo ora in Birmania con il massacro e l'esodo forzato dei Rohingya. Come definire la distruzione fisica e culturale di paesi come l'Irak, la Siria, lo Yemen?

Inoltre in questo inizio di XXI secolo siamo in piena fase di esercizi propedeutici di un altro tipo di necropolitiche più molecolari, ad personam, di coloniale memoria (2), tese a esercitare diritto di vita e di morte su persone colpevoli di emigrazione, cioè di uno di quei movimenti di popolazione alla radice di tutte le civiltà umane.
L'elenco delle 34.361 morti di migranti, uomini donne bambini, pubblicata dal Guardian il 20 giugno scorso e riprodotta dal Manifesto il giorno seguente - fornita dalla ONG olandese United for Intercultural Action - presenta un compendio della geografia della globalizzazione selvaggia di questi ultimi 25 anni, se si guarda, quando è identificato, il paese di origine del o della migrante. È un elenco anche delle guerre generate o non impedite con la diplomazia da un Occidente in preda a frenesie militariste. 
Oggi, parcheggiato il grosso dei rifugiati siriani tra Turchia e Medio Oriente, il grande spauracchio in Europa è l'Africa, soprattutto l'Africa a sud del Sahara. 

Naturalmente passano in secondo piano altre ben più reali "emergenze" quali riscaldamento climatico in rotta verso un innalzamento di 2,7 gradi a condizioni costanti attuali, la necessità di una transizione energetica, l'inquinamento da pesticidi e da amianto e la necessità di una rapida bonifica dei siti contaminati, il definanziamento di sanità e scuola pubblica e dei servizi pubblici a vantaggio dei privati urbi et orbi, la precarizzazione strutturale del lavoro su scala planetaria, l'economia mafiosa infiltrata nei gangli produttivi europei, e altre bazzecole. Sempre più la convergenza delle politiche migratorie europee punta alla pratica di politiche assassine, che non solo violano disinvoltamente ogni norma e regola del diritto del mare, del diritto internazionale umanitario, delle Convenzioni ONU, ma cozzano con il corso stesso della storia prossima ventura.

In Africa i due terzi della popolazione hanno in media meno di 25 anni e il tasso di crescita della popolazione è del 2,5 per cento. Nella parte di continente a sud del Sahara il numero degli abitanti triplicherà entro il 2100.
Tutti gli studi sulle migrazioni ci dicono che il miglioramento delle condizioni di vita dei paesi più poveri genera un aumento dei flussi in uscita ben prima che la tendenza si inverta con un ulteriore progresso del livello dì benessere. È ciò che è accaduto in Italia, Portogallo, Grecia, Spagna, Messico. E le rimesse degli emigrati contribuiscono alla accelerazione del processo di miglioramento dei luoghi di origine. Oggi in Africa e in Sudamerica come in altri paesi di emigrazione in Asia, ad esempio lo Sri Lanka o il Bangladesh, le rimesse dei migranti fanno vivere milioni di famiglie.

L"Europa che sta iniziando una fase di declino demografico avrebbe e avrà tutto da guadagnare dall'arrivo di giovani entusiasti e culturalmente attrezzati, aperti alle innovazioni e creativi come sanno essere gli africani. Già, perché almeno per quanto riguarda i cosiddetti migranti economici (le fughe da guerre, disastri ambientali o in seguito a persecuzioni mirate sono un'altra cosa), sono i migliori e i più abbienti che emigrano, non certo i più poveri che non riuscirebbero a concepire e attuare un progetto migratorio, mentre i nostri giornalisti continuano a blaterare soltanto di "disperati". Al contrario, si parte proprio perchè si spera! Quanti borghi abbandonati dai suoi antichi abitanti potrebbero tornare a vivere e quanti posti di lavoro si creerebbero con una politica saggia di accoglienza? Gli esempi ci sono già grazie alla lungimiranza di singoli sindaci e il Modello Riace della Calabria è ormai celebrato in tutto il mondo. Ma ben poco imitato.

È inconcepibile che milioni di cittadini europei cedano a paure irrazionali di fantomatiche invasioni o sostituzioni etniche. Dimenticando che tutti veniamo da migrazioni di centinaia di migliaia di anni che sono la culla di ogni civiltà. Siamo tutti figli dell' Africa. L'invenzione del nemico esterno è un trucco stantio ma purtroppo funziona ancora.
Come si fa a non ricordare gli orrori provocati da chi aborriva il meticciato e farneticava di purezza della razza ariana? 
"Distilla veleno una fede feroce" diceva Eugenio Montale in "Dora Markus" nel 1939. Ed era tardi, sempre più tardi. 

Anche ora è molto tardi.



(1)  Cairn Info International Edition Dossier n. 12
(2) Vedi il saggio " Necropolitiche" di Achille Mbembe