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domenica 22 marzo 2020

Dal cuore verde del Sudamerica al paese degli spettri

IL PAESE DEGLI SPETTRI
Cattedrale St Jean Lione
Sono partita da casa il 9 gennaio e dall'Italia il giorno successivo alla scoperta dell'Ecuador e, poiché amo le date simmetriche, ho fissato il ritorno per il 10 marzo così da poter godere dei primi tepori del sole primaverile. E  cogliere viole mammole. Come sempre dopo l'uggia delle radicali pulizie casalinghe e chili di polvere liquidata anticipavo il piacere degli incontri amicali e familiari.
Surprise surprise, come dicono gli anglosassoni: sbarcata a CDG Parigi dopo una notte interminabile  constato che il mio volo per Torino è stato annullato. Dopo la  trafila per ricevere buono hotel + cena in un luogo la cui ubicazione si rivelerà ardua da scovare (1 navette e due autobus) mi riprogrammano il volo per il mattino successivo con alzataccia all'alba.

È il fatidico 12 marzo e alle 4 del mattino, dopo seconda notte insonne, leggo sgomenta che tutta l'Italia è ormai zona rossa con elenco dei divieti annessi e connessi. La mia intenzione era di fermarmi in hotel a Torino per riposare le stanchissime ossa e cominciare a scendere il giorno dopo lentamente verso la mia meta distante circa 500 km lungo la costa occidentale per  poi tagliare da Chiusi verso casa.
Piano ora irrealizzabile, inoltre la prospettiva di non poter camminare le mie due o tre ore quasi quotidiane mi raggela, soprattutto dopo due mesi di montagne foreste e Pacifico. 

Decido d'istinto di annullare il volo per il momento e riposarmi in qualche posto in Francia, non a Parigi, che è ancora fredda e umida.
Mi viene in mente un paesino nel centro del paese dove un'amica aveva la casa anni fa, e dopo aver faticosamente recuperato la mia valigetta già sulla rotta dell'imbarco mi dirigo verso la stazione ferroviaria dell'aeroporto.

C'è una grande confusione perché moltissimi americani hanno anche loro annullato il volo ma fortunatamente all'ufficio SNCF non c'è ressa e apprendo che la mia casuale meta è a 8 ore di distanza. Il primo treno in partenza è un TGV per Lione e quindi che Lione sia.
Ricordo che a Lione in dicembre c'è la festa delle luci e mi tornano in mente immagini di monumenti fosforescenti e di un fiume scintillante. Una filastrocca portoghese evocata spesso  scherzosamente nel 1996 da un infermiere di Porto mio collega in Angola diceva così: 
"Joao Vermelho foi a praia/ para ver como que e' " (JV andò alla spiaggia per vedere com'è). Mancano accenti che scrivendo su una ridottissima superficie di IPhone sono impossibili da reperire.
Così vado a vedere come è Lione.
Aiuto era sparito tutto, vado al sodo.

In poco più di due ore il TGV (biglietto salatissimo) attraversa la pianura francese, visione riposante, e da recessi reconditi della memoria sorge un'immagine sepolta da decenni di una analoga traversata in senso inverso alla volta della Manica e di Bornemouth di me diciannovenne emozionata alla prima sortita in terra albionica. Ero in una cuccetta, chissà se da sola o con altri, e mi ero svegliata al chiarore lunare che illuminava il finestrino semiaperto sulla notte. Ero rimasta affascinata da quella distesa dorata che mi pareva sconfinata rispetto ai paesaggi italiani, con boschi lontanissimi e nessuna abitazione. Incrocio improvviso tra visioni attuali e remote, un balsamo dolcissimo dopo due giorni e due notti di agitazione e sballottamenti. Un passato che riprende vita per pochi attimi e vola via come una falena alla luce del mattino.

Così pacificata sbarco alla stazione centrale di Lione e non mi par vero di camminare con i miei malconci bagagli in un sole splendido. Riprendo vigore.  Non ho idea di dove volgere i passi e vado a naso, poi comincio a chiedere indicazioni. Non ho neppure internet perché il mio contratto Vodafone inizia l'indomani. E a forza di chiedere e chiedere  approdo all'Hotel de Bretagne e il giorno dopo ad uno studio in Place Carnot. Per pochi giorni, dico al proprietario. Nel doman non v'è certezza, si sa. Infatti ora non ho idea di quanto l'esilio lyonnais durerà e non mi resta che rassegnarmi a rievocare il viaggio nel cuore verde del Sudamerica su uno schermo di pochi centimetri quadrati. Inchallah.