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giovedì 28 maggio 2020

VERDI FORESTE D'ANGOLA (1)

L'ANGOLA CHE HO CONOSCIUTO,, 1995/96 (prima puntata)**

Donna sbucata improvvisamente su un sentiero, Piri, Quibaxe, 1996
Quando il mattino aprivo appena sveglia la cerniera lampo della tenda targata UN,  mi si apriva davanti una visione paradisiaca: un' alta montagna verde smeraldo dalla cima ondulata  dove si disegnavano tronchi e fronde distinguibili quasi individualmente, come tracciati di fresco da un finissimo pennello: un quadro  giapponese vivente. Le piante splendevano quasi di luce propria sotto un cielo di limpido azzurro, perchè se tempesta doveva venire sarebbe arrivata più tardi, quando il calore avrebbe chiamato a raccolta nuvolaglie bige.  E mi dicevo: che meraviglia poter contemplare un simile spettacolo aprendo gli occhi ogni mattina! Ma bastava uscire dalla tenda e abbassare lo sguardo perché all'estasi estetica succedesse compassione e tristezza: l'occhio scivolava su una lunga fila di giovani madri con infanti sul dorso in attesa paziente di fronte alla porta dell'ambulatorio del medico nigeriano, che invece se la prendeva comoda, indugiando prima a letto  e poi a colazione, senza preoccuparsi troppo dei suoi pazienti. Infatti fu licenziato presto dalla  ONG che lo aveva assunto cui erano arrivate giuste lamentele. Era un Ibo, e ai miei occhi aveva anche un'altra macchia, chiaramente minore ma significativa: mangiava di nascosto i biscotti che mi comperavo a Luanda per la colazione  e mi chiedevo se la fame e le sofferenze patite durante la terribile guerra dei tardi anni 1960 in cui doveva essere bambino lo avessero reso così menefreghista e indifferente ai bisogni del suo prossimo. Gli succedette un altro dottore nigeriano, non Ibo, decisamente più professionale e simpatico. Con il quale spartire volentieri i biscotti.
Moglie di un ex guerrigliero, formatore

Eravamo un team multinazionale di stanza nel villaggio di Piri, provincia di Quibaxe, circa 200 km a nord di Luanda, capitale angolana, nel gennaio 1996: due italiani, io capo-progetto per la "'rieducazione alla vita civile" dei guerriglieri UNITA, e il mio ammniistratore/contabile, due infermieri portoghesi, un logista tedesco della Germania ex Est e il dottore nigeriano.  Tutti protetti dal valoroso battaglione indiano. Il bello delle Nazioni Unite: tutti insieme appassionatamente. Se a livello internazionale il partner delle N.U. era il governo del MPLA, localmente di fatto il nostro partner erano i guerriglieri o ex tali e il loro comandante, che non mi sembra di avere mai incrociato ma incombeva come il convitato di pietra.

Apro una parentesi necessaria a contestualizzare il racconto.

Con il Protocollo di Lusaka di fine 1994  e vari sforzi negoziali da parte degli Stati Uniti, UN, URSS e Portogallo si era arrivati a una tregua (non la prima) nella lunga e sanguinosssima guerra civile scoppiata immediatamente dopo la vittoria nel 1975  del Movimento popolare per la liberazione dell'Angola (MPLA, di ispirazione marxista) dal dominio coloniale portoghese, movimento capeggiato da Agostinho Nieto, grande figura  di intellettuale e combattente, poeta delicato e umanissimo. Il governo messo in piedi dal MPLA era subito stato  contestato con le armi in.pugno da altre due formazioni politico-militari, l'UNITA di Jonas Savimbi e l'FNLA di Holden Roberto, ambedue sponsorizzate e finanziate dalle correnti più retrive degli Stati Uniti e dal regime Sudafricano dell'apartheid. La guerra era parte della strategia di destabilizzazione di tutta l'Africa Australe contro i movimenti di stampo marxista o socialista  anticoloniali che avevano conquistato l'indipendenza o lottavano per conquistarla (n Mozambico, Rhodesia del sud/Zimbabwe futuro, Zambia,  ANC in Sudafrica). La " Linha da Frente".
Nel 1978 Nieto morì e gli succedette José M. Dos Santos. La tregua dopo gli accordi di Lusaka, negoziata infine nel 1995, avrebbe dovuto condurre alla pace e ad  un governo di unione nazionale MPLA/UNITA  e prevedeva l'intervento di una Missione di Peacekeeping delle Nazioni Unite in vari fasi per sviluppare un'intesa e soprattutto un clima di fiducia reciproca tra i due schieramenti principali: le forze governative  del MPLA  e  la guerriglia dell'UNITA di Savimbi. All'interno di questo complicato mosaico politico la missione UNAVEM III delle Nazioni Unite sanciva la smobilitazione graduale della guerriglia con consegna delle armi, un processo di "aquartelamento" (accantonamento) dei guerriglieri dell'UNITA(*) in zone isolate  rurali ben delimitate, sotto la sorveglianza dei battaglioni della missione di peacekeeping UNAVEM III, e la rieducazione dei guerriglieri  e dei soldati MPLM alla comprensione delle ragioni della parte avversa (idealmente) e comunque alla vita civile. E chi si doveva occupare di tale riconversione era il personale contrattato da varie ONG di cooperazione internazionale, ONG a loro volta contrattate dalle Nazioni Unite. Al nostro team fu assegnato il comparto di Quibaxe (Regione di Kwanza Norte) sotto la responsabilità del Battaglione indiano. E a Quibaxe la "rieducatrice" ero io. Di stanza come tutti in una tenda tipo canadese, ma abbastanza ampia da contenere una branda e un tavolino, appena fuori Piri, micro- villaggio in cima a un cocuzzolo verde nella foresta. La logistica del campo era affidata a un gioviale  filippino simpaticissimo e bravo per conto della brasiliana Oderbrecht e la liaison tra personale civile  ONG, militari e logistica Oderbrect spettava ad un valido e intelligente brasiliano di Porto Alegre, Marcelo.
La nostra valida Land-Rover

Quando avevo accettato il contratto non mi era stato chiarissimo il mio compito. Ero entusiasta di poter conoscere l'Angola dove non ero mai stata e di lavorare nell' ambito delle Nazioni Unite, il compenso era piuttosto buono dati i rischi di una zona ancora di guerra  dove c'erano innumerevoli tratti di campi minati. Mi aggiornai in tre settimane  sul contesto, avevo materiale nella mia biblioteca ed altro mi fu fornito dalla ONG, e dopo i soliti richiami vaccinali partii per Luanda ai primi di dicembre del 1995 senza preoccuparmi troppo del mio futuro.

I potenti mezzi UNAVEM III, a due passi dalle tende
Dopo qualche giorno di acclimatazione a Luanda, insieme al collega tedesco, un indimenticabile e ironico filosofo,  Franck, partimmo per una prima spedizione d'avanscoperta a Quibaxe con il battaglione indiano, di primo mattino, e riuscimmo ad arrivare a Piri dopo una lentissima e caldissima avanzata, perche' si viaggiava anche con i cingolati .Era la prima volta che la pista chiusa da 20 anni  e in zona occupata dall' UNITA era percorsa da civili e forze delle N.U., pista fiancheggiata sia a destra che a sinistra da campi minati e sfortunatamente a tratti infestata da mosche tse-tse. Le maledette mordevano anche attraverso spessi calzini. Il blocco stradale dell'UNITA cedette di fronte ad offerte di cibo, sale, sapone, quaderni e biro, tutti articoli preziosissimi e introvabili in boscaglia. E mentre il collega tedesco ed io tornammo a Luanda la vigilia di Natale, il battaglione rimase per montare il campo e preparare la logistica per la nostra futura equipe: forage, cucina da campi, docce, bagni tende, ecc..

Adam e David, i primi due ex guerriglieri che incontrai
Ero curiosa, eccitata da tutte le novità della situazione, e non vedevo l'ora di cominciare a lavorare sul serio lassù sulle montagne perse in.mezzo alla foresta, che subito mi conquistò con la sua bellezza misteriosa. Il mio spirito d"avventura era teso al massimo, ogni domani era nuovo e diverso  da ieri. E ricco di spunti di riflessione. Senonché...


Fu solo quando mi trovai a dover incontrare per la prima volta, su al campo guerrigliero che distava prudentemente due o tre km dal nostro accampamento, i primi due guerriglieri, rappresentanti di tutta la truppa e delegati dal comandante UNITA, che mi chiesi un po' sgomenta: e adesso che gli dico? chi sono? che cosa  ne so di quel che hanno vissuto? Che avranno in testa,? Provai un gran senso di estraneità e poi un pizzico di panico. Mi feci coraggio pensando che se ero riuscita a trovare un canale di comunicazione con le fanadoras (vedi I cani di Bissau in questo blog) e le prostitute di Bissau potevo anche provare  a intendermi con dei guerriglieri angolani. E anche dell'UNITA che detestavo.

Durante uno dei primi viaggi incontrammo questo cranio d'elefante, successivamente sparito


**Tutte le foto sono ovviamente fatte da me durante la missione e sono qui foto di foto del 1995/96, quindi a volte sfocate. Purtroppo un giorno a Luanda durante un momento di disattenzione mi rubarono la macchina fotografica, appoggiata sul cruscotto della Land Rover con il finestrino aperto e addio foto.
(*) In una precedente versione, redatta mentre mi trovavo bloccata in Francia durante l'epidemia di Covid-19 e quindi priva della mia documentazione, menzionavo anche truppe governative nelle aree di accantonamento. Ora, rientrata a casa, constato, controllando le mie carte e i rapporti sull'Angola di allora, che solo i guerriglieri dell'UNITA erano presenti nelle aree di smobilitazione in vista della loro integrazione nelle Forze Armate Angolane. Ciò che non avvenne in quanto la guerra malauguratamente riprese e finì solo con la morte di Jonas Savimbi, capo dell'UNITA, nel 2002. Mi scuso per l'errore.

lunedì 11 maggio 2020

CAFFE' CONFINAMENTO RICETTA INEDITA


CAFFE' A BAGNOMARIA! NEW!


Fornello del ripiano vetroceramica bruciato

Grazie ai due mesi passati in un monolocale di Lione dotato di vari confort moderni ma con un difettuccio a mio avviso non da poco, vale a dire assenza di abituale cucina economica dotata di fornelli che cuocciono gli alimenti con la ancestrale risorsa della fiamma, scoperta umana fondamentale, con fornelli facili da usare, ho avuto modo di arrivare a scoprire una ricetta che  ho deciso di rivelare.

In detto monolocale l'angolo cucina è dotato di futuribile ripiano in splendente vetroceramica sulla cui levigata superficie beige sono disegnati quattro cerchi di diametro diverso che riscaldano per induzione schiacciando l' accensione e  poi tondini con segni di più o meno aritmetici per aumentare o diminuire il calore. Facile in teoria ma vacci a capire come dosare i numeri a seconda delle vivande. Infatti ho capito come usarli dopo vari classici tentativi/errori, tra i quali una pentola trascurata a vantaggio di interessante lettura che ha provocato una orribile e ancora visibile orma scura ad anelli concentrici su uno dei cerchietti prima tutti impeccabil; dopo ore di strofinamenti con morbidissimi tessuti imbevuti di diavolerie del supermercato e infine di sapone di Marsiglia, le cicatrici sono ancora evidenti.
Premessa questa a mo' di presentazione: detesto queste inutili se pur eleganti innovazioni. C'è il fuoco, funziona da millenni, che bisogno c'è di elucubrare nuove diavolerie pure delicate da maneggiare?
Arrivo però al dunque: tale ostico elettrodomestico  mi ha permesso di scoprire una nuova ricetta per rallegrare il mattino degli amanti del caffè tra i quali mi anmovero: il caffè a bagnomaria, che non bolle e conserva tutta la sua fragranza. Io lo ammorbidisco con cacao amaro, ovviamente optional.
Preparazione:
Prendete una cuccuma con il manico lungo di quelle che si usano in Grecia e Turchia- io non l'ho di rame ma di acciaio inossidabile- metteteci dentro due cucchiaini colmi di caffè ovviamente Arabica, aggiungete almeno un cucchiaino di cacao amaro se amate la cioccolata altrimenti usate tre cucchiaini di caffè, poi mescolando con mestolino di legno aggiungete acqua fresca q.b. a seconda che vi piaccia più o.meno denso, e immergete la cuccuma piena in una casseruola con acqua calda avviata a bollore. Rimestate dolcemente di tanto in tanto mentre apparecchiate e lasciate sul fuoco qualche minuto mentre l'acqua bolle abbassando il fuoco (se lo avete) o il calore comunque.
Il caffè si raddensera' leggermente; togliete dal fornello, macchiate a piacere con latte intero tiepido e gustate. Eccezionale!

Forse ci si chiederà: perché non mettere direttamente la cuccuma sul fornello?  Qui cade l'asino. Ho inventato il metodo costretta dalle circostanze. La prima mattina del soggiorno nel monolocale misi tranquillamente la cuccuma piena sul cerchietto fatale inserendo il 5 come possibile calore moderato ma immantinente il 5 si trasformò in una F che indicava errore dato che la piastra rimaneva fredda. Ritirata la cuccuma spento ordigno e riacceso, ripetutamente, niente da fare. Il proprietario avvisato sentenziava: forse la superficie del fondo della cuccuma non è liscio. Un controllo rivelava scanalatura compromettente. Ecco la ragione. A questo punto il lampo: immersione in acqua bollente in casseruola con fondo piattissimo.
Ottimo risultato, caffè quasi migliore a bagnomaria. Provare per credere..