TANGLEWOOD
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Il Vaso di Pandora * |
Per molti anni durante la mia infanzia, ma anche oltre, avevo cercato di immaginarmi Tanglewood.
Era il luogo che Nathaniel Hawthorne[1] aveva scelto come sfondo per il suo libro di storie meravigliose, intitolato (in italiano beninteso) appunto Storie Meravigliose dell’Istituto Editoriale Italiano, nella collana Biblioteca dei ragazzi. Era un libro di mia madre, che ho conservato in tutti gli innumerevoli traslochi, sfuggito anche a un forte terremoto, che ora avrà più di cent’anni. La bella rilegatura argentata ha un po’ ceduto, ma le pagine un dì cucite ci sono tutte, pur ballerine alcune.
Sono i miti greci, rivisti e rinarrati in salsa New England nel 1851, il cui titolo inglese apprendo ora consultando Wikipedia, è: A wonder-book for girls and boys, libro che in me scatenava l'immaginazione con avventure e personaggi così favolosi, così straordinari, che non mi stancavo mai di riascoltare quelle storie, prima lette al nostro capezzale da mia madre durante le benedette influenze che mi costringevano a letto (senza dover andare a scuola), e poi per anni sfogliate e rilette fino a saperle quasi a memoria. Giasone e il Vello d’Oro, i Denti del Drago che seminati da Cadmo in un campo si tramutavano in temibili guerrieri armati di tutto punto, Perseo e la Gorgone Medusa dai capelli di serpemti che trasformava in pietra chiunque la guardasse, il Labirinto dove scalpitava il Minotauro che annualmente divorava una fanciulla cretese, l’albero dalle mele d’oro, il vaso di Pandora e la Chimera. E poi c'erano i cattivi re che usurpavano il trono dei legittimi eredi cui spettava il compito sacrosanto di riconquistarlo attraverso imprese di immani difficoltà. Quando poi a scuola incontrai i miti greci spogliati di quella vernice di disinvolti ricami fantasiosi mi sentii quasi defraudata. La cornice delle narrazioni, il bosco di Tanglewood, in cui le belle favole erano ambientate, era diventata per me inscindibile dalle storie. Tanglewood, letteralmente “bosco intricato”, era un luogo fantastico e affascinante che credevo inventato, inesistente. Anche il nome pronunciato aveva un che di magico.
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La Chimera |
E così quale fu la mia gioia quando scoprii che, lungi dal trovarsi nell’iperuranio della fantasia di Hawthorne, Tanglewood era un luogo ben piantato sulla terra, e si trovava a poca distanza da Amherst dove abitavo, nel New England, ed era raggiungibile in poche ore con un autobus la cui fermata era quasi sotto casa e non volando verso l’isola che non c’è. Lo raggiunsi inaspettatamente la sera di Natale del 1983. Fu così che accadde.
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La Maga Circe |
Mi trovavo a Amherst per un Master all’Università del Massachusetts con mio figlio allora tredicenne. Stavo finendo il primo Fall semester (che poi durava meno di 4 mesi, da settembre a dicembre) e per tutta la notte del 23 dicembre avevo battuto a macchina l’ultima tesina per il quarto corso frequentato, prima delle vacanze di Natale che poi si protraevano fino al semestre di primavera che iniziava in febbraio. Una tesina ambiziosa, in cui volevo dimostrare la superiorità del regime socialista di Nyerere in Tanzania rispetto a quello “capitalista” di Kenyatta in Kenya. Di fatti si trattava di tirare un po’ per i capelli, per così dire, la realtà storica. Le Ujamaa tanzaniane, cioè le fattorie collettive, già a fine anni 1970 avevano rivelato un bilancio deludente; l’ideologia socialista che aveva già fallito nelle campagne sovietiche con i kolchoz, le aziende agrarie collettive, non aveva avuto molto miglior sorte nelle campagne africane, nonostante tutta la buona volontà, l’impegno, l’onestà intellettuale e la drittura morale dei dirigenti, in primis di Julius Nyerere, ben diversamente che in Kenya. E poi la Tanzania era parte della cosiddetta “Linha da Frente”, cioè i paesi che lottavano contro il Sudafrica dell’apartheid e, prima che cadesse, il regime di Smith in Rhodesia spalleggiati (ovviamente) dagli Stati Uniti. Solo un anno prima avevo lasciato il Mozambico, anch’esso punta di lancia della Linha da Frente. Quindi ci tenevo proprio ad arguire la mia tesi adducendo tutte le prove reperibili.
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Gli Argonauti |
A questo scopo avevo tesaurizzato una serie di argomentazioni ricavate da letture di autorevoli critici e mi ero sforzata di non trascurarne nessuno. Per cui mi ritrovai con le mani rattrappite dal freddo a battere sui tasti della mia Lettera 32 Olivetti ora dopo ora dalle 11 di sera alle 7 della mattina, quando esausta conclusi, misi insieme i numerosi fogli e li sbattei in una cartellina colorata. Finito. Dopo colazione mi precipitai a consegnare il plico alla segreteria della facoltà, miracolosamente aperta per tutta la mattina, e cominciai a sentirmi non solo molto leggera, ma anche in vacanza. Cosa facciamo, dopo tutto è Natale. E miracolosamente, non ricordo come, appresi che nel primo pomeriggio ci sarebbe stata una corriera per…Tanglewood, piccolo centro del Massachusetts occidentale, contea di Lenox, a circa 84 km da Amherst. Fu un colpo di fulmine: ecco dove passeremo il Natale, nel luogo incantato dei ricordi della mia infanzia.
In fretta e furia preparammo il bagaglio, con mio figlio allegro per la prospettiva di poter sciare, io raggranellai le nostre finanze sperando di poterci permettere almeno due o tre notti d’albergo, e filammo di corsa alla fermata d’autobus, in mezzo alla neve che cadeva abbondante. Arrivammo ad un albergo la sera e trovammo una stanza libera: ancora ricordo, costava 70 dollari, una piccola fortuna, ma mi rassicurai, mi bastavano i soldi per almeno due notti. Già si stava cenando, ci affrettammo a sederci anche noi, e ricordo (anche) che come entrée ci servirono una alquanto inaspettata minestra di cranberries (mirtilli rossi) o altre bacche simili, acidule, deludente per una fantastica cena di Natale al tanto agognato Tanglewood.[2]
Ma per me si era avverata un perfetta magia: nel biancore perlaceo del paesaggio, tra gli abeti carichi di morbida spuma nevosa che troneggiavano nella notte, mi sembrava di entrare nel libro della mia infanzia e saltare di pagina in pagina, ritrovando la nave degli Argonauti e lo specchio di Perseo: annegai in un sonno totale dimenticando le fatiche della notte precedente. Avevo fatto tana, come a nascondino.
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Le Gorgoni |
* Tutte le immagini sono tratte dal libro di Hawthorne.
[1] Grande scrittore del puritanesimo protestante americano, conosciuto soprattutto per La lettera scarlatta e La casa dai sette frontoni
[2] Quanto ai gusti anglosassoni, rievoco anche un’altra cena di Natale e un’altra sorpresa: in Sud Sudan: una suora credo neozelandese o australiana aveva preparato una minestra a base di burro di arachidi. No comment.