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domenica 13 giugno 2021

DALLE MUMMIE DEL TARIM AI PRIMI FANTASTICI VIAGGI TRANSCONTINENTALI DEI CINESI

 

LA MUMMIA BIONDA DI LOULAN E I VIAGGI DI ZHANG QIAN E ZHENG HE**

 

La bella di Loulan

A volte se il presente è troppo grigio o duro da sopportare restando indenni, vale la pena di ricrearsi in un passato che sarà pur stato funestato da fuoco, ferro e fiamme, ma ha un grande vantaggio: i rigori di quel ferro e di quelle fiamme non fanno più male dopo millenni. Così è dolce ritemprarsi con racconti di scavi archeologici, reperti, e scoprire viaggi insospettati che duravano anni di fantasmi che risorgono davanti alla mente. E comincio con delle mummie.

Le mummie mi affascinano: non tanto e solo quelle più famose, come le egiziane, viste di fuga al Museo del Cairo mentre ero in Egitto per lavoro e non per fare la turista, ma quelle meno famose che ho visto poi in viaggi di conoscenza vagabondando qua e là. Le prime (dopo le egiziane), viste con tutta la calma e il tempo concesso dall’orario di apertura, nel Museo di Sogamoso, regione di Boyacà, in Colombia[1]. Mummie povere, in teche verticali, quasi tutte in posizione fetale, alcune con smorfie e contorsioni facciali che facevano pensare agli incubi di Poe di sepolture precoci di esseri ancora vivi. Altre mummie notevoli sono quelle conservate a Salta, nel nord dell’Argentina, al Museo di Archeologia dell’alta montagna[2], che stupisce e sconcerta con le sue mummie bambine Inca, seppellite mentre erano ubriache di chicha[3] dopo un percorso di centinaia di chilometri e cerimonie solenni, in quanto si credeva che quei bambini (maschi e femmine) selezionati per la loro bellezza, fossero esseri perfetti, prescelti quindi per essere inviati come messaggeri agli antenati della stirpe[4].

Feto imbalsamato Chinchorro, foto mia

Ma forse le mummie che più mi sono rimaste impresse nella memoria sono quelle cilene viste al Museo de San Miguel de Azapa, estremo nord del Cile[5]: le mummie Chichorro, alcune delle quali sono anche esposte al Museo archeologico di Santiago. La cultura Chinchorro si sviluppò tra il 7000 e il 1500 a.C. per cui queste mummie, conservate straordinariamente bene, sono le più antiche del mondo. Mi colpì la descrizione accurata del processo di mummificazione e la sua ingegnosità, oltre alla tenera cura usata per mummificare persino i feti per affidarli a una precaria eternità. Il freddo glaciale delle Ande ha conservato perfettamente le mummie bambine di Salta, e altrettanto efficace è stato nei millenni il caldo secco del deserto dell’Atacama, dove ho riscontrato un 3% di umidità: biancheria lavata e asciugata in un attimo!

Mummia chinchorro, foto mia

Se queste mummie cui ho accennato le ho viste con i miei occhi, forse sarà più difficile vedere esposta nel Museo dello Xinjang la Bella di Loulan, la mummia che mi ha recentemente colpito l’immaginazione: come osserva Harald Haarmann nel suo Culture Dimenticate (sottotitolo venticinque sentieri smarriti dell’umanità), Bollati Boringhieri 2020, “Gli archeologi hanno l’abitudine di dare un nome personale alle mummie ritrovate in ottimo stato di conservazione”[6]. La bella mummia è una delle tante ritrovate a partire dagli anni 1970 nel bacino del Tarim, anche chiamato deserto del Taklaman, nell’estremo nord-occidentale della Cina, oggi divenuta la tanto discussa regione dello Xinjang abitata dagli Uiguri, di cultura musulmana e turcofoni (lingua turcica,,) che il potere di Pechino vuole a tutti i costi assimilare.

Mummia del Tarim

La cosiddetta Bella di Loulan è particolarmente avvenente: il clima desertico l’ha conservata perfettamente, ha lunghi capelli biondo-rossicci, lineamenti fini e un’età alla morte di circa 45 anni, cui sommare i quasi quattromila di sonno post-mortem. Le mummie del Tarim si sono mummificate naturalmente nel clima desertico, come i bambini di Salta a seimila metri di altezza, non sono corpi svuotati e ricomposti come quelli dei Chinchorro. Quando si effettuarono le prime analisi del loro DNA si scoprì che queste persone erano di origine indo-europea: un pool genico europoide che non aveva niente a che vedere con la popolazione uigura, arrivata in loco molti secoli dopo, e tanto meno con i cinesi.

Deserto del Taklaman

 Haarmann ci dice che gli antenati di queste mummie erano “pastori nomadi che nel IV millennio a. C. si stabilirono alle propaggini dei monti Altai, nella Siberia meridionale, e diedero vita a una cultura locale, la civiltà di Afanasevo”. Nel corso del millennio successivo i migranti si stabilirono sia sul margine settentrionale del bacino del Tarim che su quello meridionale; infatti i siti dell’inumazione delle mummie coincidono più o meno con il tracciato nord di quella che sarà in epoca storica la Via della Seta, mentre a sud coincidono con il ramo sud della stessa Via, che si biforcava a Dunhuang, per ricongiungersi poi a Qashgar. Si può ipotizzare che il percorso della Via della Seta ricalcasse più antichi tracciati di rotte commerciali già collaudate da secoli.

La Bella di Loulan, secondo l’analisi del suo DNA, aveva un’ascendenza paterna europea ma asiatica da parte della madre[7]. Era stata seppellita avvolta in una coperta di lana, con stivali di pelle e aveva accanto una cesta riempita di spighe di grano.

Una successiva ondata migratoria di popolazioni Tocare relazionate anche loro alla cultura Afanasevo, cui accenna Haarmann mi ha incuriosito e stimolato a saperne di più. Chi erano questi Tocari? 

Famiglia reale di Kucha, murale in una grotta a Kizil

Innanzitutto pare che il nome derivi da una errata identificazione di queste popolazioni, che si installarono anche loro ai bordi del Tarim e si mescolarono con i congeneri già in loco, con i Tókharoi, così denominati dai Greci, che abitavano nella antica Battriana (Afghanistan) nel 2° secolo a. C. Anche dopo la scoperta dell’equivoco il nome rimase.[8] I Tocari parlavano una lingua di origine indoeuropea e durante il III sec. a.C. gli insediamenti evolvettero in città-stato, la principale delle quali era Kucha. Un’immagine molto bella mostra la famiglia reale e i due principini. Nel documento citato di wikimedia si mostra anche un esemplare di scrittura che fu decifrato grazie alla sua somiglianza con l’alfabeto Brahmi[9].

Esemplare di scrittura tocara

 Nell’area del Tarim fu rinvenuto un gran numero di documenti che rimandano ad un’epoca compresa tra il 400 e il 1200 d.C., espressi in due varianti linguistiche, Tocaro A e Tocaro B, così come furono classificate le scritture Lineare A, a Creta, e Lineare B a Micene.

Molte iscrizioni Tocare sono ispirate a testi monacali buddisti il che fa dedurre che i Tocari abbiano abbracciato il Buddismo. Ha colori delicati la pittura murale trovata in una grotta a Kizil[10], oggi Xinjang, che mostra un principe in lutto per la cremazione di Buddha che si incide la fronte con un coltello, un'automutilazione diffusa anche tra gli Sciti. Il che si riallaccia al fatto che Strabone chiamasse Tocari i componenti di una tribù degli Sciti che abitavano oltre l’Amu Daria (documento in nota 7).

Principe tocaro in lutto per la cremazione di Buddha

Intanto con la dinastia Han sin dal II secolo a.C. era iniziata l’espansione dell’impero cinese verso ovest e mal si tolleravano città-stato indipendenti ai confini, al fine di aprire e controllare le rotte commerciali verso ovest. A tal fine l’Imperatore Wu inviò ripetutamente in missioni successive uno straordinario diplomatico-etnografo ante litteram: Zhang Qian[11], il cui compito era prima di tutto quello di descrivere e far conoscere quelle terre lontane, sondare il terreno e prepararlo ad una penetrazione cinese. Mi hanno incantato i viaggi faticosi e le peripezie di questa eroica avanguardia, la cui prima perlustrazione a occidente fu ben irta di ostacoli. Si trattò del primo arduo tentativo di globalizzazione! Le cronache di questi viaggi chiamate Shiji sono state redatte dal padre della storiografia cinese, Sima Qian[12].


 L’ obiettivo iniziale era quello di cercare un’alleanza con gli  Yuezhi (abitanti dell’odierno Tagikistan), pacifici agricoltori, contro le più irrequiete tribù nomadi che vivevano nell’attuale Mongolia centrale, gli Xiongnu, che avevano insediamenti anche più a oriente. Zhang Qian aveva una certa familiarità con gli Xiognu e fu quindi prescelto dall’imperatore. Egli partì dalla capitale Chang’an, attuale Xi’an, tra il 140 e il 134 a.C. con al seguito come guida Ganfu, un prigioniero di guerra Xiongnu, che avrebbe dovuto facilitare i contatti con le sue genti potenzialmente ostili, e altri 99 componenti della carovana. Ma per giungere presso i presunti futuri alleati Yuezhi era giocoforza transitare in territorio nemico. La guida non funzionò come ammortizzatore e il diplomatico fu arrestato e reso schiavo per ben 13 anni, durante i quali sposò una donna Xiongnu ed ebbe un figlio.

 

Partenza di Zhang Qian, 130 a.C.

 Con la sua abilità tuttavia Zhang riuscì a ingraziarsi il capo Xiongnu ed infine con moglie, figlio e guida trovò il modo di fuggire e riprendere il cammino ad ovest (non si sa che fine fecero gli altri 99 accompagnatori,) fino ad arrivare nel territorio Yuezhi. Qui sostò un anno dedicandosi a descrivere i loro usi, costumi e condizioni economiche, recandosi anche nella adiacente Battriana, finché decise di prendere la via del ritorno. Ma di nuovo, arrivando in territorio Xiongnu, fu fermato e fatto di nuovo prigioniero (era un vizio!). Di fronte alla morte il suo contegno dignitoso colpì il re che lo risparmiò, permettendogli di vivere tra di loro. Passati due anni il re morì e approfittando del caos Zhang e Ganfu fuggirono e finalmente fecero ritorno a Chang’an, unici sopravvissuti della numerosa carovana (non si fa menzione della sorte di moglie e figlio). Era il 125 a.C.

I viaggi di Zhang Qian

Il viaggiatore-diplomatico-etnografo fu ricompensato con la nomina a consigliere di Palazzo ma fu inviato successivamente “all’estero” date le novità allettanti riportate di regni e territori aperti all’acquisto di mercanzie cinesi e desiderosi di venirne in possesso. La Via della Seta iniziava ad essere tracciata. La seconda missione prevedeva l’apertura di una rotta commerciale verso l’India del nord attraverso Sichuan, ma i vari tentativi fallirono. La terza missione mirava ad accattivarsi i favori dei Wusun, un popolo che viveva nei territori delle attuali province cinesi settentrionali del Gansu e del Qinghai. Infine Zhang viaggiò fino alla Battriana e Dayuan nella Fergana, descrivendo i famosi cavalli che “sudano sangue” di quest’ultima regione, che però rifiutò di offrirne degli esemplari all’imperatore cinese Wu, il quale, piccato  gli inviò contro una spedizione punitiva. Zhang Qian non riuscì a recarsi in India, che chiamò Shendu dal suo nome in sanscrito, ma ne descrisse condizioni di vita e abitudini:

Statua di Zhang Qian al museo di Shin

 “A sud-est della Battriana si trova il regno di Shendu…Shendu, mi dicono, è ubicato a parecchie migliaia di li[13]. La gente coltiva la terra e vive in maniera molto simile a quella della Battriana. Si dice che la regione sia umida e calda. I suoi abitanti cavalcano elefanti quando vanno in battaglia. Il regno costeggia un grande fiume (l’Indo).”[14] E descrisse anche, raccogliendo informazioni e verosimilmente verificandole con più interlocutori, molte altre aree anche più lontane: l’impero dei Parti, l’impero Seleucide in Mesopotamia, i territori delle steppe del Caucaso e dei più vicinii Yuezhi insediati ai bordi del bacino del Tarim. E torniamo al Tarim da cui siamo partiti: tuttavia la documentazione non consente di collegare con certezza gli Yuezhi ai Tocari.

Imperatore Han in adorazione di Buddha

 Dopo Zhang, dalla fine del II secolo a. C. in poi, molti altri ambasciatori con folto seguito, anche centinaia di dignitari, viaggiarono fino all’Asia centrale e occidentale, consolidando i percorsi della Via della Seta per i secoli a venire.

Finché…nella prima metà del 1400 un altro dignitario di corte cinese chiuse, fino ad epoche relativamente recenti in pieno tripudio di conquiste coloniali europee e di occidentalizzazione forzata, quel cammino transcontinentale aperto da Zhang Qian. 


Non essendo ferrata di storia cinese, lo scoprii inaspettatamente visitando una mostra in un piccolo centro della costa Swahili a nord di Mombasa nel 2009, non ricordo dove, e la mostra mi è tornata in mente scrivendo questo articolo. Non rammentavo neppure il nome del grande diplomatico-esploratore oggetto dell’esposizione, ma ricordavo che era colui che aveva chiuso il ciclo delle grandi spedizioni cinesi per il mondo e che il nome finiva per “Ho”. Era stato l’ultimo dignitario incaricato dall’imperatore cinese di viaggiare in terre sconosciute per stabilire nuovi rapporti diplomatici e commerciali prima della chiusura ermetica della Cina. Con queste informazioni è stato facile rintracciarlo in rete[15].

 

Zgeng He

In quel micro-museo del Kenya erano esibite riproduzioni affascinanti di incisioni cinesi, ritratti e larghi pannelli che mostravano i percorsi per terra e per mare di Zheng He, (1371-1433), un gigante alto 1,96 mt nato nello Yunnan in una famiglia musulmana e chiamato Ma Ho. Il territorio era allora dominio mongolo. Ma Ho fu fatto prigioniero dai guerrieri cinesi durante una guerra di riconquista e in quanto prigioniero fu castrato a 10 anni e reclutato nelle forze armate del principe conquistatore, che poi divenne l’imperatore Yongle, della dinastia Ming.

Esempio di giunca cinese del 1400

L’imperatore notò subito il talento e l’intelligenza dell’ex prigioniero che rapidamente entrò nella cerchia dei suoi favoriti con il nuovo nome di Zheng He, romanizzato in Chang Ho (il nome citato nella mostra che ricordavo vagamente). 

Nel 1405 Zheng He, divenuto ammiraglio della flotta imperiale, fu incaricato dall’imperatore di partire alla volta di paesi che potessero divenire tributari dell’impero in piena espansione dopo la sconfitta dei Mongoli e intrecciare nuovi interessanti rapporti diplomatici. La flotta del primo viaggio di Zheng He comprendeva 317 navi, grandi giunche che un altro straodinario viaggiatore, Ibn Battuta[16] aveva descritto mezzo secolo prima in questi termini:

“Le grandi navi hanno un massimo di dodici vele e un minimo di tre, vele fatte di canne di bambù intrecciate (plaited) come stuoie… Una nave ha capacità per imbarcare mille uomini…è dotata di quattro ponti e stanze, cuccette e grandi sale per i mercanti” (citato da Brinkley, 170)[17].  Oltre a essere equipaggiate con ogni strumento che potesse facilitare la navigazione, ogni nave aveva grandi scorte di cibo ed acqua, aveva compartimenti stagni e recava merci preziose come porcellana, seta, pergamene dipinte e oggetti d’oro e d’argento da offrire ai regnanti dei paesi da attirare nella sfera d’influenza cinese. E naturalmente viaggiava con esperti di ogni branca della scienza dell'epoca.

Mappa dei sette viaggi di Zheng He ( sette come quelli di Sindbad)

Nei suoi sette viaggi Zheng ebbe innumerevoli avventure, si imbatté in pirati, catturò il re dello Sri Lanka che si era mostrato ostile, si spinse ben oltre il sud-est asiatico allungando sempre più il raggio delle sue peregrinazioni fino a toccare la costa africana swahili, Mogadiscio, il Golfo Persico, l’Arabia, e tornò con a bordo giraffe, leoni, leopardi, cammelli, ostriche e ogni sorta di medicine e spezie per la meraviglia dell’imperatore e del suo seguito. Morì durante il suo settimo viaggio a Calcutta, e il suo corpo fu trasportato in Cina per la sepoltura.

Queste le sue parole incise in una epigrafe che egli stesso lasciò a Fujian (Cina) nel 1432, un anno prima della sua morte:

“Abbiamo attraversato più di centomila li (27.000 miglia nautiche) di immensi spazi d’acqua e abbiamo visto onde smisurate alte come montagne ergersi fino al cielo, abbiamo visto regioni barbare lontanissime nascoste nella trasparenza azzurrina di tenui vapori, mentre le nostre vele orgogliosamente spiegate come nubi di notte e di giorno continuavano la loro rotta rapide come stelle, percorrendo quelle selvagge onde come se passeggiassero su una pubblica piazza…” (citata in von Sivers, 406)[18].

Dopo la morte di Zheng He la Cina, con l’imperatore Xuande, ritornò alla politica isolazionista precedente Yongle e l’impero di mezzo, l’auto-proclamato centro del mondo, si chiuse a riccio, mentre un altro orizzonte all’estremo occidente si schiudeva, ma questa volta non si trattò di pacifici contatti diplomatici e commerci ma del saccheggio di un continente. Il che fa riflettere sulla differenza dell'approccio cinese ed europeo a culture altre da sé.

Possiamo fantasticare su queste straordinarie esplorazioni intraprendendo le nostre divagazioni fisiche tra treni, aerei, automobili, bus, intervallate da deambulazioni di qualche chilometro su percorsi battuti e super-collaudati, e pensare di nuovo alla nozione di viaggio come avventura unica e perigliosa, o almeno cercare di aprire più gli occhi su ciò che ci sembra noto e arcinoto e scoprirne aspetti nuovi, inaspettati, cercare l’ignoto e il diverso in itinerari che appaiono scontati.

 

 ** Tutte le foto non mie sono fotografie di immagini trovate nelle fonti documentarie citate nelle note a piè di pagina

 

 

 

 

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[1] https://museosuamox.wordpress.com/

[2] https://www.culturasalta.gov.ar/organismos/museo-de-arqueologia-de-alta-montania-maam/14

[3] Liquore ricavato dalla fermentazione del mais, usato in molte cerimonie tradizionali dagli Inca

[4] Ne ho scritto nel 2015: https://www.lacroceelorsa.com/2015/05/

[5] https://es.wikipedia.org/wiki/Museo_Arqueol%C3%B3gico_San_Miguel_de_Azapa

[6] Ibid, p.114

[7] https://simple.wikipedia.org/wiki/Beauty_of_Loulan

[8] https://en.wikipedia.org/wiki/Tocharians

[9] https://it.wikipedia.org/wiki/Alfabeto_Brahmi

[10] https://en.wikipedia.org/wiki/Kizil_Caves, Vi sono moltissime grotte nella zona, che racchiudono anche templi buddisti.

[11] https://en.wikipedia.org/wiki/Zhang_Qian

[12] https://en.wikipedia.org/wiki/Sima_Qian

[13] Unità di lunghezza cinese parii a circa 1/3 di miglio inglese La misura è variata nel tempo. Era considerata la lunghezza standard di un villaggio. Oggi equivale a mezzo chilometro

[14] Cronache di Sima Qian, Shiji,, 123, citazione di Zhang Qian, tradotto in inglese da Burton Watson, traduzione in italiano mia

[15] https://www.worldhistory.org/article/1334/the-seven-voyages-of-zheng-he/

[16] Gli straordinari viaggi di Ibn Battuta, di Ross E. Dunn, Garzanti, 1998, libro stupendo. Rimasi molto emozionata quando, sempre per caso, attraversando un volto a Tangeri, vidi che aveva una lapide: era la tomba di Ibn Battuta!

[17] https://www.worldhistory.org/article/1334/the-seven-voyages-of-zheng-he/

[18] Ibid, vedi nota precedente