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domenica 16 maggio 2021

SHEIKH JARRAH: ESPULSIONI ILLEGALI CON GUERRA ANNESSA

 

GAZA IN FIAMME E…DANNO COLLATERALE PER LA DESTRA DI ISRAELE?

 OLIO DI LUCIAN FREUD

 

 

Forse questa volta la usurata e mortifera ripetizione dei riti di esorcismo israeliani per cancellare la lotta dei palestinesi per sopravvivere, e sperabilmente per vivere, sortirà un risultato che si ritorcerà contro la sua autistica onnipotenza e, se gestito con intelligenza strategica, riuscirà a cambiare infine il lugubre paesaggio politico non solo locale. L’impasse era evidente: elezioni inutili a ripetizione da un lato, elezioni negate dall’altro.

L’ennesima operazione di attacco alla striscia di Gaza, innescata da una sequenza di prevaricazioni e violenze a partire dall’espulsione dalla proprie case delle famiglie palestinesi di Israele nel quartiere di Sheikh Jarrah, ultima di una serie iniziata molti anni fa, sta provocando la nascita di un fronte palestinese che può unire Gaza, Cisgiordania e palestinesi con cittadinanza israeliana, circa il 20 per cento della popolazione. Ciò non era riuscito né ad Al Fatah né al PLO dai tempi di Arafat, e c’era da stupirsi in effetti perché nella strategia delle organizzazioni per la liberazione della Palestina non fosse emerso più chiaramente questo obiettivo. Per ora la nuova militanza interna palestinese prende il volto inquietante di rappresaglie e violenze tra vicini di casa (non solo a Lod), di saccheggi di negozi arabi e sortite di coloni e, in rivalsa, di aggressioni arabe a persone e obiettivi ebrei. Ma si tratta di saperla indirizzare unitamente, da parte delle organizzazioni israeliane ebree di sinistra e dei palestinesi israeliani, contro il vero obiettivo: i gruppi di potere fascista che dopo Rabin hanno sempre più monopolizzato e gestito lo Stato Israeliano, ma in subordine anche un’anchilosata leadership palestinese. Compito quasi immane ma inderogabile. E promuovere una altrettanto integrale revisione della storia di Israele dalla sua cruenta nascita a spese della catastrofe palestinese, rispettivamente 14 maggio e 15 maggio 1948. Altro compito ciclopico e ineludibile per la fondazione di una necessaria convivenza plurinazionale e multiculturale, qualsiasi sia la formula che sarà eletta. Fondazione commemorata emblematicamente e sanguinosamente proprio in questi giorni appena trascorsi.

Kandinsky, Several Circles

Dopo anni di stallo, sia come organizzazioni palestinesi che come piccole minoranze israeliane che da decenni combattono le sciagurate politiche israeliane di annessione strisciante della Cisgiordania, avallate nei fatti da tutta la cosiddetta “comunità internazionale” (politiche combattute dalle minoranze ebree dissidenti nel mondo,  tra le quali solo BDS[1] ha marcato reali punti), questa può diventare la breccia dalla quale far uscire una visione di mutamento, di trasformazione democratica della regione dal Mediterraneo alla Valle del Giordano, forse anche tracimando oltre: ciò che le primavere arabe non erano riuscite a compiere dieci anni fa.

Da questa breccia allargata può nascere un nuovo empito vitale per la lotta di liberazione della Palestina e la democratizzazione di Israele, lo Stato che in assoluto detiene il record per la violazione di leggi internazionali, delle Convenzioni ONU, delle Convenzioni di Ginevra sui rifugiati, del diritto internazionale umanitario.

La situazione era divenuta sempre più pesante: la lotta di popolo pacifica iniziata a Gaza nella Giornata della Terra, il 30 marzo del 2018[2], per denunciare l’embargo decennale da parte di Israele di tutta la Striscia che aveva strangolato (e tuttora strangola) l’economia, la vita sociale e culturale, il diritto alla mobilità personale e alla salute, insomma i diritti vitali di ciascuno, si era risolta in un’ecatombe e in un sostanziale fallimento politico, data la sordità di Unione Europea, di USA e dei paesi arabi. Lo stillicidio di prevaricazioni, uccisioni impunite, divieti, amputazione di ogni diritto continuava implacabile, e il riconoscimento da parte della criminale amministrazione del presidente Trump di Gerusalemme come capitale di Israele, lo sdoganamento del Golan siriano occupato dal 1967 e il silenzio sostanziale (con flebili obiezioni di facciata) di fronte alla dichiarazione inqualificabile della volontà di annessione della Cisgiordania[3] con il piano Netanyahu-Gantz disegnavano un paesaggio disperante in Medio Oriente, con il colpo di coda finale dell’uscente amministrazione americana degli “accordi di Abramo”, per comperare e cooptare definitivamente i Paesi Arabi cominciando dagli Emirati Arabi Uniti. L’Arabia Saudita è creatura USA da sempre. Bahrein, Sudan e Marocco sono seguiti.

Ebbene, questo stallo si è rotto purtroppo a prezzo di altre distruzioni, di un’altra montagna di cadaveri e di infelicità, di perdita di umanità, ammesso e non concesso che l’umano escluda ciò che si designa come disumano, la distruzione volontaria del prossimo che non ti sta attaccando. Appunto, prossimo, in tedesco espresso con un termine che mi sembra la quintessenza del concetto: Mitmenschen, colui o colei che come te appartiene alla specie umana. 

Kandinsky, Composition VII

 

La scintilla partita da Sheikh Jarrah come una miccia è sfociata negli scontri sulla spianata delle moschee in una notte speciale, l’ultima del Ramadan, con le granate dentro la Moschea che hanno suscitato il lancio di razzi da Gaza e l’inizio, il 10 maggio scorso del bombardamento su Gaza City e non solo, che continua tuttora[4]. Se il “governo del mondo” è nelle mani di leader che sanno solo esprimere la loro “inquietudine, preoccupazione, (al massimo) costernazione” per i conflitti che sarebbe loro responsabilità disinnescare e impedire con il dialogo, la diplomazia e soprattutto imponendo il rispetto della legislazione internazionale che abbonda di regole calpestate, cosa possiamo aspettarci? Veramente, tigri di carta come il vecchio Mao sentenziava. O peggio, tigri che stanno dalla parte degli aggressori, che sono spesso spinti e ispirati da spregevoli calcoli personali, di perpetuazione del loro potere e di presunto lustro di immagine.

Per capire meglio dal punto di vista legale che diritti potessero accampare i coloni israeliani che vogliono espellere le famiglie palestinesi da case dove abitavano dal 1956, alcuni affermavano addirittura da prima, qualche giorno fa ho letto un documento illuminante datato 2011, che dimostra la pretestuosità e l’inconsistenza delle pretese dei coloni a Sheikh Jarrah.

Nel dicembre del 2010 avvocati palestinesi e ONG si erano rivolti a una ONG francese, Avocats sans Frontières (ASF) per dirimere la questione della controversa proprietà delle case del quartiere di Sheikh Jarrah a Gerusalemme Est e della richiesta di espulsione da esse di alcune famiglie palestinesi da parte di “Comitati ebrei” che rivendicavano loro presunti diritti di proprietà anteriori al 1948, quando Gerusalemme est e la Cisgiordania erano stati coperti dalla giurisdizione giordana. Decine di persone erano già state cacciate dalle loro case. ASF inviò un gruppo di esperti britannici che espletarono la loro missione dal 19 al 23 dicembre 2010, compiendo interviste al maggior numero possibile di interlocutori e organizzazioni pertinenti, mentre esponenti sia dei “Comitati ebrei” sia della Municipalità israeliana declinarono la richiesta di essere ascoltati.

Le conclusioni del gruppo di esperti legali furono lapidarie e chiarissime: “La Municipalità di Gerusalemme e il governo israeliano insistono che la situazione a Sheikh Jarrah è materia legale strettamente israeliana rispetto a una disputa locale concernente una proprietà contesa tra ebrei e arabi residenti a Gerusalemme. Tuttavia, la delegazione non è d’accordo e osserva chiare violazioni della legge internazionale”[5] (traduzione mia).

Il documento prosegue spiegando semplicemente che nei territori palestinesi occupati illegalmente secondo la Corte internazionale di Giustizia (2004), e quindi a Gerusalemme est nella fattispecie, non è possibile far valere la legge nazionale israeliana ma si applica la legislazione internazionale a norma dell’Articolo 43 della Corte dell’Aia, per cui Israele è obbligato a rispettare la legge vigente (diritto internazionale umanitario) che proibisce qualsiasi alterazione dello statu quo ante. Ne deriva che non è possibile far valere norme della legislazione nazionale israeliana nei territori occupati[6] (OPT in inglese). Inoltre, le famiglie che vivono a Sheikh Jarrah sono protette dalla Quarta Convenzione di Ginevra che concerne i diritti delle persone rifugiate.

 

Tale documento concludeva con varie raccomandazioni indirizzate sia ad Israele che all’ONU, alla “comunità internazionale” e all’Unione Europea, chiedeva che Israele desistesse da ulteriori e illegali espulsioni e adempisse ai suoi obblighi di potenza occupante, che l’ONU facesse rispettare le sue proprie risoluzioni e la legge internazionale, e che l’Unione Europea facesse rispettare le norme del diritto internazionale umanitario ((2005/C 327/04) e di conseguenza denunciasse il Trattato di Associazione EU-Israele a norma dell’Articolo 2 di tale trattato. Naturalmente tutte raccomandazioni disattese come tante altre che prendono polvere negli scaffali o nei cassetti.

 

Kandinsky, Yellow-Red-Blue

Questa nuova catena di distruzione lutti e catastrofi comunitarie e personali è stata suscitata a partire di un ennesimo sopruso i cui termini di improponibilità erano stati chiariti più di dieci anni fa. Credo sia necessario sottolinearlo.

 

E’ tempo che il Medio Oriente cambi volto, è tempo che chi ha ancora fiato alzi la voce contro una marea montante di ingiustizia e di impunità. E’ tempo che sia tempo, è tempo, ci dice il poeta ebreo Paul Celan[7].

 

 



[1] Movimento per il boicottaggio, disinvestimento e sanzioni contro Israele (https://bdsitalia.org/)

[2] https://www.alhaq.org/advocacy/18120.html

[3] https://www.limesonline.com/israele-annessione-cisgiordania-palestina-netanyahu-trump-piano-del-secolo-insediamenti-ebraici/118635

[4] https://www.ilpost.it/2021/05/10/scontri-polizia-israeliana-palestinesi-spianata-delle-moschee/

[5] https://www.asf.be/wp-content/publications/ASF%20Housing%20Rights%20Report%20(May%202011).pdf

[6] Vedi anche: : http://www.unhcr.org/refworld/docid/4b29ee022.html

[7] “Corona”, da Poesie, Mondadori, 1976, p. 45