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giovedì 27 dicembre 2012

Da un verbo inglese al Faust

DA UN VERBO INGLESE AL FAUST: RICORDI D'UNIVERSITA'

Chissà se il cuoco ha "basted" il maialino?


Stamattina, all’improvviso e zip, mentre attendevo a consuete e sgradevoli occupazioni domestiche, mi è venuto in mente un verbo inglese di uso non quotidiano, che senz’altro non ho mai usato nelle mie frequentazioni anglosassoni né tantomeno culinarie: to baste. Per assicurarmi che il ricordo del suo significato fosse corretto sono andata a controllarlo sull’Oxford. Ebbene si: era proprio lui. Un verbo che significa: versare il sugo di una carne che si sta arrostendo, o il suo grasso sciolto, precedentemente raccolto in una scodella, con un mestolino sulla carne stessa mentre gira sullo spiedo per evitare di farla seccare troppo. Un verbo antico, già di uso medievale (XV° sec.) per indicare l’operazione gastronomica davanti al girarrosto. E con il verbo emergeva dalla nebbia di più di quaranta anni trascorsi da allora l’immagine di chi ci aveva con meticolosa precisione  illustrato l’arcano, probabilmente commentando il corso monografico su “Piers Plowman”, un poema allegorico  medioevale  anglosassone: il professor Casieri. Esperto di letteratura anglosassone e affini alla Bocconi, Facoltà di Lingue, tosto abolita dopo l’occupazione del ’68, eravamo rampolli degeneri della buona borghesia. O cattiva. Il professor Casieri, senza dubbio ormai buonanima, dato che già allora era alquanto attempato e cattedratico, ci aveva descritto la suddetta operazione con indescrivibile amore, un amore sviscerato per le sottigliezze della lingua e non certo per la buona cucina, almeno apparentemente. E citava, ad esempio di dedizione incondizionata al culto del sapere per il sapere, che per lui si concretizzava in amore per la lingua e la filologia, come fine sommo, onnicomprensivo e sufficiente a riempire una vita, l’esempio di un suo collega - o sarà stato egli stesso? - che aveva dedicato anni e anni di sudata carriera alla traduzione di un dizionario di non so più qual lingua morta in un altro idioma altrettanto morto in quanto strumento di comunicazione tra viventi negli ultimi mille anni (almeno). Mi aveva molto colpito, l’idea di quella oscura e nobile fatica, diconsi anni di vita spesi  per creare uno strumento interpretativo che forse venti studiosi in futuro avrebbero potuto usare, o forse anche trenta, che pacchia. E di tanto in tanto in questi quaranta anni la figura di un Faust in una soffitta polverosa immerso tra scartoffie era già emersa, disturbante devo dire, perché mi dicevo che io no, non sarei mai stata capace di tale eroico sforzo per puro amore di scienza, e tale pensiero ancorché buonsensaio mi creava disagio. Ma mai mi era balzato in mente l’altro ricordo che lo affiancava filologicamente parlando. Quanto alla etimologia di to baste l’Oxford sentenzia: etimologia sconosciuta. Ecco, potrei dedicarmi alla ricerca dell’etimologia di to baste e trovare un vero scopo nella vita. Ma che dire del ritornello della strega faustiana? “Die hohe Kraft der Wissenschaft der ganzen Welt verborgen, und wer nicht denkt,  dem wird sie geschenkt, er hat sie ohne Sorgen”[1]. Fregatura.






[1] “L’alta forza della scienza nascosta a tutto il mondo, e chi non pensa, a lui essa è regalata, la ottiene senza fatica”.

sabato 15 dicembre 2012

Il Brasile in Mozambico

Da: La Via Campesina:


Maputo, Mozambico - 29 Novembre 2012) -  Il Governo Brasiliano e il settore privato (mozambicano) collaborano con il Giappone per mettere a punto un progetto  di agribusiness a grande scala nel Mozambico settentrionale.
Il progetto, che si chiamerà "ProSavana", metterà a disposizione delle compagnie di agribusiness brasiliane 14 milioni di ettari di terra per la produzione di soya, mais e altri cereali da esportazione a vantaggio delle multinazionali giapponesi. Questa zona del Mozambico è ben conosciuta come "Corridoio di Nacala", ed è abitata da milioni di famiglie che rischiano di essere semplicemente espropriate.
Il corridoio di Nacala si estende lungo una linea ferroviaria che va dal porto di Nacala, nella provincia di Nampula, fino a due distretti nel nord della provincia di Zambezia e finisce a Lichinga, in Niassa.
E' la fascia più densamente popolata di tutto il paese. Dati i suoi suoli fertili e la pluviometria favorevole e costante, milioni di agricoltori lavorano piccoli appezzamenti per produrre culture alimentari per sostentare se stessi e le loro famiglie e per vendere gli eccedenti sul mercato locale.

tradotto dal sito: La Via Campesina
 http://viacampesina.org/en/index.php/main-issues-mainmenu-27/agrarian-reform-mainmenu-36

 .

giovedì 13 dicembre 2012

Sequestri di persona in Mali secondo il NYT

I jihadisti hanno accumulato un mucchio di soldi negli ultimi anni con i sequestri di persona...leggere qui di seguito il lungo reportage del New York Times del 13 dicembre 2012. Ed è facile indovinare cosa ci faranno...
Come si riuscirà a fermarli?? Chi voleva farlo senza compromessi è stato arrestato pochi giorni fa: il Primo Ministro maliano Diarra è ostaggio del responsabile del golpe maliano del marzo scorso, Sanogo..che guarda caso, con la sua mossa e la ribellione dell'esercito, ha aperto le porte alla vittoria prima del Movimento touareg MLA (Movimento di Liberazione dell'Azawad) e poi subito dopo alla caterva di jihadisti che si sono impadroniti di tutto il nord, fino quasi a Mopti: Ansar Din, Mujao, Aqmi.
Il Mali come una pedina che si aggiunge alle altre nel Nord Africa, dove infuria la lotta tra ex-primavere e islamisti. Mentre il Sinai è percorso da tutti i traffici possibili di armi e droghe.

http://www.nytimes.com/2012/12/13/world/africa/kidnappings-fuel-extremists-in-western-africa.html?ref=global-home

domenica 9 dicembre 2012

IL Rame di Burma e la Cina

LE MINIERE NEL MOMDO AL CENTRO DI CONFLITTI

Il 29 novembre scorso la polizia di Burma (evitare di chiamarla Myanmar perchè è l'etichetta appioppata a Burma dal regime militare che da più di venti anni tiene in ostaggio il paese) ha attaccato ferocemente vicino a Monywa,  nella zona dell'Upper Burma, contadini e attivisti che protestavano contro lo scempio del territorio operato dalla compagnia cinese Wanbao che gestisce la miniera di rame Lapadaungtaung . Tra i manifestanti c'erano anche numerosi monaci buddisti.
Poche ore dopo l'attacco con gas lacrimogeni e lanciafiamme, la leader dell'opposizione Aung San Suu Kyi arrivava e si univa alla popolazione nelle critiche ai guasti provocati dalla miniera, che, secondo le accuse, oltre ad avere confiscato la terra, ha provocato degrado ambientale e perdita del patrimonio culturale.
Il progetto della miniera è il risultato di una joint-venture tra un'impresa, la Union of Myanmar Economic Holdings Ltd (UMEHL), appoggiata dai militari e la compagnia cinese Wanbao Mining limited, una sussidiaria della NORINCO, una  potente fabbrica d'armamenti cinese.
Aung San Suu Kyi ha detto che occorre spiegare il perchè del violentissimo attacco della polizia che ha provocato quasi cento feriti, tra i quali 50 monaci. Vari attivisti sono stati arrestati, otto di essi sono apparsi in tribunale il 3 dicembre, a Rangoon.
Intanto continuano a protestare i contadini che sono stati espropriati senza un briciolo di indennizzi.
Il primo dicembre il presidente della giunta militare ha istituito una commissione d'inchiesta di 30 membri perchè indaghi su cosa è successo il 29 novembre e affinché si stabilisca se i cinesi devono essere o no cacciati via dalla miniera. Solo i cinesi? Una trappola per Aung San Suu Kyi ?

9 dicembre 2012


giovedì 6 dicembre 2012

Acqua verde e acqua blu


ACQUA VERDE E ACQUA BLU



 
E così oggi ho imparato  i termini tecnici “acqua blu” e “acqua verde”. Va bene usare la seconda, l’acqua piovana  che rimane prigioniera del suolo, per irrigare e per coltivare, molto male invece utilizzare l’acqua blu, che proviene  da fonti non rinnovabili  e quindi da tesaurizzare.  Invece i grandi investimenti in agricoltura intensiva in Africa usano prevalentemente l’acqua blu.
Questi ultimi si sono enormemente  sviluppati dal 2007 in poi , dopo la crisi  seguita all’ aumento dei prezzi dei cereali,  dando origine al fenomeno noto  (fino a un certo punto!) come “land-grabbing", il furto di terra a danno dei piccoli proprietari e contadini africani, cacciati via senza complimenti  o espropriati con due soldi e con l’inganno . Chi investe sono soprattutto l’India e i ricchissimi paesi del Golfo. Per poi importare i raccolti per nutrire le loro popolazioni, o produrre biocarburanti.
Si ricalcano quindi il modello e gli errori della “Green Revolution”  Indiana,  che si è si tradotta in grande aumento di produttività ma anche nel saccheggio di immense risorse idriche e nell’impoverimento di milioni di contadini poveri.  E l’India non era certo un paese con le fragilità ecologiche della maggior parte dei paesi africani in cui si investe ora (Etiopia, Mali, Sudan, Mozambico). Senza  parlare del cambiamento climatico in atto.
Martin Keulertz, ricercatore al King’s College di Londra, ha pubblicato insieme ad altri esperti  un prezioso volume: Handbook of Land and Water Grab: foreign direct investment and water and food security (Routledge, 2012). Martin Keulertz afferma: “ Se gli stessi metodi di irrigazione che sono stati impiegati in America Latina e in Asia saranno applicati nell’Africa Sub-Sahariana, ciò condurrà al fallimento dell’investimento stesso” (guardian.co.uk, Friday 31 August 2012).
" Il nostro pianeta non ha scarsità di terra”, afferma Tony Allen, responsabile del gruppo di ricerca sull’acqua al King’s College.  Ma è a corto di terra con risorse d’acqua”. E la nuova meta, da quando il Sud Sudan è diventato indipendente, è proprio questo  poverissimo paese, ricco d’acqua e di petrolio…

6 dicembre 2012

martedì 4 dicembre 2012

URBANIZZAZIONE IN AFRICA

AFRICITTA'
 
Vista aerea di Luanda (dal web)

 
Si apre oggi il sesto vertice di Africité, cioé "Africittà", a Dakar, in Senegal, vertice che si tiene ogni tre anni in una città africana a partire dal 1998 sui problemi che l'urbanizzazione galoppante pone all'Africa.  Per cinque giorni , 5000 participanti  dibatteranno le questioni sul tappeto, vedremo che cosa ne sortirà. Sperando che non sia la solita grande adunata internazionale che serve soprattutto a spendere soldi pubblici senza additare vie per migliorare la situazione su cui si discetta.
Nigrizia aveva dedicato un dossier alle metropoli africane nell'aprile di quest'anno: "si contano 47 agglomerati urbani con più di un milione di abitanti. Quattro africani su dieci vivono in città: saranno sei su dieci nel 1950".
Dakar ha una popolazione stimata di circa 3.2 milioni di abitanti (secondo Radio France International) e una densità simile a quella di New York o S. Paulo, cioè 6000/abitanti per km2. Naturalmente mancano le solite cose essenziali, acqua corrente e fogne, la base di una convivenza non solo civile ma anche il pilastro fondamentale della sanità pubblica.
Un'amica che è arrivata da poco a Luanda, Angola, e lavora là con la Cooperazione Italiana, nota semplicemente che mentre si costruiscono sul lungomare sempre nuovi palazzi scintillanti in vetro-cemento, nei quartieri popolari mancano appunto le fognature.
Sono stata in Angola nel 1995-96, per lavoro ovviamente, anche io cooperante, mentre c'era una pausa nella guerra civile che è durata fino al 2002.  Ricordo che a Luanda, in Largo Kinashishe, in pieno centro e non lontano dalla sede dell'Ambasciata Italiana, davanti al portone semisfasciato della nostra sede c'erano quasi sempre pozzanghere maleolenti, come spesso anche dentro il portone stesso, nell'andito. Però proprio accanto una profumeria di lusso esponeva prodotti che costavano una cifra, marche come Chanel o Yves Saint Laurent. Il contrasto era talmente stridente che mi è rimasta nel cervello una fotografia dell'immagine. Un giorno, dopo un fortunale, è caduto un grosso albero che è rimasto per giorni e giorni riverso nella melma, giusto accanto alla vetrina. Una sera, tornando a casa (si fa per dire, la sede della ONG), sotto un porticato sempre nel medesimo Largo Kinashishe e dietro alla nostra ambasciata, due mendicanti seminudi avevano acceso una specie di falò, per scaldarsi o per cucinarvi qualcosa. Sembrava una visione luciferina. Ma durante il giorno accanto allo stesso marciapiede ci passavano le Porsche.

Non credo che oggi sia cambiato molto, nè in Angola né nella maggioranza dei paesi africani. Finchè non si darà priorità reale alla costruzione di acquedotti e fogne, nelle città africane cresceranno palazzi splendenti e i ragazzini giocheranno appena dietro a qualche cantiere sui monti della spazzatura che marcisce, se non sono morti prima dei cinque anni di diarrea.

4 dicembre 2012

http://www.rfi.fr/afrique/20121204-africites-2012-villes-face-urbanisation-continent-dakar

lunedì 3 dicembre 2012

C'est un cauchemar

 E' UN INCUBO!
 
Sono le parole di un intervistato da Radio France International stamattina al Cairo. Si riferiva al braccio di ferro che si sta svolgendo in Egitto tra i sostenitori dei Fratelli Musulmani e coloro che hanno lottato dal gennaio 2011 per liberarsi di Mubarak e avere finalmente un paese dove si possano combattere la povertà, l'ingiustizia sociale e l'imbavagliamento delle opinioni, dove le donne abbiano gli stessi diritti degli uomini e la religione non imponga costrizioni ridicole. Chi è andato al potere sta calpestando tutto ciò cui il popolo di piazza Tahrir e delle piazze di Alessandria aspirava.
In Siria sono stati ancora una volta bombardati i quartieri periferici di  Damasco, tutta la Siria sta emergendo come un immenso paesaggio di macerie; un paese, un altro, è stato distrutto, è stata distrutto il tessuto sociale, culturale, economico, politico, la rivolta iniziale per rivendicazioni giuste e sacrosante è stata dirottata da troppi interessi che puntavano e puntano alla geopolitica del caos, come profeticamente vari anni fa intitolava Le Monde Diplomatique un suo quaderno di approfondimenti. La cecità e la miopia dei dirigenti siariani e di Assad ha fatto il resto. Si, è la geopolitica del caos a farla da padrone da almeno venti anni, anzi ventuno e più, dal gennaio del 1991, data d'inizio della prima guerra del Golfo. Quanti paesi abbiamo visto da allora scendere agli inferi?

Per fortuna c'è chi la contrasta, questa terrificante deriva: Ban Ki Moon getta gridi d'allarme all'annuncio di Israele di una ulteriore colonizzazione di Gerusalemme Est, che darebbe un colpo "quasi fatale" alla ipotesi dei due Stati, come se tale ipotesi non fosse già agonizzante da tempo. Le Nazioni Unite! Gran baluardo! Basta vedere come le Risoluzioni 194, 242, eccetera, sono state applicate nei confronti di Israele: ormai chi le cita più? Ma non sono legge internazionale?
E ancora, che ha fatto la Missione delle Nazioni Unite in Repubblica Democratica del Congo, RDC, nel novembre 2012? La Monusco già Monuc, forte di 17.000 uomini presumibilmente armati hanno lasciato Goma e dintroni alla mercè di poche centinaia, forse un migliaio, di ribelli dell' M23. Non hanno un mandato che permetta loro di constrastarli, dicono per giustificarsi. Ma dovrebbero proteggere i civili o no? E allora? Perchè lasciano violentare donne, razziare case, uccidere e arruolare bambini soldato? E' protezione questa? E che li si paga a fare? Il gran baraccone delle Nazioni Unite si sta trasformando sempre più in una riedizione della Società delle Nazioni, imbelle e strumento dei forti del pianeta, cieco di fronte alle sfide reali: la povertà e l'immensa ingiustizia sociale, la mancanza di vera democrazia politica e gli integralismi che ne sono un portato, e infine ma tombale, l'inquinamento e il cambiamento climatico.

3 dicembre 2012