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mercoledì 27 gennaio 2021

IL VIETNAM AVVELENATO IN CERCA DI GIUSTIZIA

 

LA BATTAGLIA DI TRAN TO NGA CONTRO L’AGENTE ORANGE

Traduzione e adattamento da “En guerre contre l’agent orange

Martine Valo su Le Monde, 20 gennaio 2021[1]

Tran To Nga nella sua casa in Essonne, Francia

 

Introduzione

Per la generazione nata nel primo dopoguerra, tra 1945 e la fine degli anni 50, la guerra USA contro il piccolo e lontano Vietnam rappresentò la presa di coscienza di cosa significa “imperialismo” e catalizzò una rapida maturazione del sentimento di solidarietà internazionalista. Fu “la” causa per cui scendere in piazza, accanto a quella per la libertà della Palestina e per l’appoggio alle guerriglie in America Latina o contro il colonialismo in Africa. Nelle manifestazioni a Milano si correva gridando: “Ho,Ho, Ho Chi Min” e poi accelerando il ritmo, “Giap, Giap, Giap”! Lo statista Ho Chi Min e il generale Giap furono i grandi artefici e strateghi della vittoria vietnamita del 1975, coronata dalla liberazione di Saigon. Fu una gioia immensa e sembrò segnare l’avvio di un’ondata di ulteriori trionfi delle battaglie dei popoli oppressi e di rinnovamento rivoluzionario anche in Europa, speranza smentita dalle alterne vicende della storia successiva. Le terribili armi chimiche usate dall’esercito degli Stati Uniti in Vietnam furono denunciate da fotografie rimaste celebri, a partire dall’immagine dei bambini del villaggio di My Lai rincorsi e lambiti dalle fiamme del napalm[2]che vinse il Pulitzer e rimase indelebile nella memoria di chi visse quegli anni. Ma oltre al napalm incendiario, per dieci anni - dal 1961 al 1971- gli USA sparsero quantità immani di un defoliante a base di diossina, il famigerato “agente arancio”, che a distanza di 50 anni continua a colpire la quarta generazione di vietnamiti. Ottantaquattro milioni di litri ne furono versati sul Vietnam e tra 2.1 e 4.8 milioni di persone furono esposte all’agente ultratossico[3]. Le industrie agrochimiche statunitensi rifornivano il Pentagono pur consapevoli degli effetti devastanti e prolungati dei loro prodotti.

Nel 2011 gli Stati Uniti hanno lanciato in Vietnam una prima campagna di rimozione dell’agente arancio a partire da Bien Hoa, dove circa 500.000 metri cubi di diossina hanno contaminato i suoli in profondità, quindi le nappe freatiche e i sedimenti dei fiumi. Circa 150.000 persone soffrono oggi di malformazioni congenite[4]. Il 12 luglio 2013 la Corte Suprema della Corea del Sud[5] ha condannato Dow Chemicals e Monsanto a indennizzare con 315.000 euro 39 veterani vietnamiti del Sud che combatterono al fianco dei soldati americani, ma precedentemente aveva annullato una sentenza della Corte di Seul che aveva condannato i due colossi chimici a risarcire ben 7000 loro compagni d’arme[6]. In totale 16000 veterani sud-coreani avevano intentato procedure giudiziarie allo stesso scopo. Solo ai propri veterani gli Stati Uniti avevano riconosciuto un indennizzo di 180 milioni di dollari nel 1984.

Il 25 gennaio 2021 a Evry-Courcouronnes, (Essonne, Francia), dopo ben sei anni di procedure e schermaglie giudiziarie, si è aperto in un’aula giudiziaria il dibattimento di una causa intentata nel 2014 dalla franco-vietnamita Tran To Nga, ex guerrigliera Vietminh[7], contro le industrie agro-chimiche che lo vendettero all’esercito americano. A rappresentare i soliti Monsanto-Bayer e Dow Chemicals (ma anche altre potenti fabbriche di morte) c’è un nutrito stuolo di strapagati principi del foro. La parte lesa, l’eroica ex-Vietminh ormai di 78 anni, rappresenta milioni di compatrioti ed è sostenuta da tre avvocati che hanno lavorato sul dossier per anni a titolo volontario. 

 

IN GUERRA COTRO L’AGENTE ARANCIO (intervista a Tran To Nga di Martine Valo)

 

Elicotteri americani (foto da web)

Boccette di medicinali costellano il tavolino accanto al canapè, un ritratto femminile è appeso alla parete accanto alla Légion d’Honneur conferitale da Jaques Chirac nel 2004. Statuette di Buddah e immagini della Vergine vegliano sulla sala della signora Tran To Nga, franco-vietnamita di 78 anni, da dove l’ex guerrigliera, ora nonna dall’aspetto fragile, lancia la sua ultima battaglia dopo una vita incredibilmente ricca di avvenimenti.

Sentiero di Ho Chi Minh
Nata nel 1942, Tran To Nga cresce in un’Indocina che si oppone sempre più apertamente alla colonizzazione francese. La madre è impegnata nella lotta per l’indipendenza e sua figlia comincia la sua militanza intrepidamente nascondendo messaggi cifrati nella sua cartella scolastica.

Nel gennaio del 1966 si incammina con altri 200 compagni e compagne verso sud lungo la pista Truong, lunga mille km, il famoso Sentiero di Ho-Chi-Min, unendosi ai guerriglieri Vietminh con l’obiettivo di liberare il Sud del paese[8] appoggiando la lotta dei Vietcong, insorti contro il regime del dittatore Van Thieu, sostenuto dagli Stati Uniti con i suoi 180.000 soldati e un armamento formidabile. “Camminai senza tregua per 4 mesi con il mio fagotto sulle spalle”, rivendica fieramente oggi. “Ero sottile ma in forma. Non mi ammalai mai.”

Tran To Nga visse per anni nella giungla, dove riuscì anche a partorire da sola. Fu poi fatta prigioniera e torturata mentre era di nuovo incinta; ha sempre resistito senza demordere. Dice di sé “Sono testarda”. Ora vive tra Francia e Vietnam, ma non si è ritirata a vita privata. Nel 2014 ha sporto denuncia contro la Monsanto (riassorbita poi da Bayer, la Dow Chemicals e altre industrie agrochimiche, tutte fornitrici del mortifero defoliante agente arancio.

Phantom jet che lancia napalm su Da Nang

Dopo sei anni di lungaggini burocratiche tra battibecchi di avvocati avversari e procedure legali, il 25 gennaio prossimo il tribunale giudiziario di Evry-Courcouronnes dovrà soppesare la pesante eredità lasciata da questi colossi chimici in Vietnam (come anche nel vicino Laos). I milioni di litri di defoliante tossico irrorati da aerei ed elicotteri su più di 2 milioni di ettari della penisola indocinese erano destinati a distruggere la folta vegetazione della giungla da dove i guerriglieri lanciavano le loro sortite. I veleni hanno penetrato i suoli e sono passati nella catena alimentare. Alla fine della guerra i combattenti non solo vietnamiti ma anche americani avevano addosso la maledizione senza esserne consapevoli. I casi di cancro si sono moltiplicati nelle persone entrate in contatto con l’erbicida, che si accumula nei tessuti adiposi; le donne lo trasmettevano ai loro figli allattandoli e questi a loro volta alla loro progenie. Oggi, alla quarta generazione, nascono bambini idrocefali, senza braccia, o incapaci di reggersi in piedi, sordi o ciechi, o con tumori esterni. 

Ospedale di Ho Chi Minh City

La proporzione di aborti spontanei è esplosa dopo il 1970. “Chiedete alla dottoressa Ngoc Phuong, che ha studiato molto queste cose, e ha conservato dei feti nelle bottiglie di formaldeide”, dice Tran To Nga porgendomi il telefono. Dall’altro capo del filo, la specialista in ostetricia e salute riproduttiva, ormai in pensione, conferma: all’inizio della sua carriera, alla fine degli anni 1960, si è imbattuta in numerosi casi di aborti spontanei e di malformazioni di neonati. “Ma allora ero troppo giovane, ho capito soltanto dopo il 1975 quel che stava accadendo”, afferma. Poi l’informazione scientifica ha cominciato a circolare, lei stessa si è recata negli Stati Uniti come direttrice dell’Ospedale di Ho Chi Min City e ha pubblicato molte ricerche su questo argomento. “Prima del 1988/90 non si osava parlare dell’agente arancio alle famiglie per non spaventarle. In seguito, abbiamo cominciato a sollecitarle perché facessero esami molto precocemente nella gravidanza per capire le condizioni del feto”.  

 

Foto dall'Archivio nazionale di Huey

Ma nelle campagne del Vietnam sono occorsi anni per far comprendere cosa era avvenuto. “Per molto tempo le famiglie avevano nascosto i bambini con handicap gravi, come se fossero il segno di malasorte. Destino. Soltanto nel corso dell’ultimo decennio del ‘900 si è compreso che la causa era l’agente arancio, sostengono Alain Bonnet e Jocelyne Commaret, ambedue membri della Associazione repubblicana degli antichi combattenti, che opera per conto del Villaggio dell’amicizia Van Canh, vicino ad Hanoi, dove sono ospitati vecchi veterani malati e bambini con handicap. 

Irrorazione di agente arancio, foto collezione Dick Swanson

Nel 1975, quando i venti della liberazione si rivelano meno idilliaci del previsto, Tran To Nga è assegnata al settore della formazione e dell’insegnamento. Dopo vari anni, nel 1992, lei che non si definisce comunista e non si sentiva a suo agio con i suoi superiori, chiede una pensione anticipata e mette in piedi un’agenzia turistica per veterani francesi che vogliono rivedere l’Indocina. E’ allora che si occupa di orfanatrofi e si rende conto della catastrofe causata dall’agente arancio. Anche su lei stessa. Un giorno dell’autunno del 1966 un aereo americano sorvola la località di Cu Chi, centro strategico delle forze di liberazione e cosparge tutta la zona di una specie di “nube bianca, una pioggia vischiosa, come farebbe un Canadair”. Tran To Nga ricorda l’odore acre della pioggia appiccicosa che l’ha ricoperta e le ha provocato la tosse. “Era ripugnante, disgustosa. In quel momento stavo scrivendo degli articoli per mia madre che aveva un incarico di rilievo nel nostro movimento, presidentessa dell’Unione delle donne per la liberazione di Saigon. Dopo di che mi sono lavata e non ci ho più pensato; capitavano tante cose in una giornata di guerra…”. Nessuno si preoccupava a quel tempo per un banale erbicida. “Eravamo tutti convinti che la natura si sarebbe rigenerata dopo la guerra”, scrive l’ex guerrigliera nella sua biografia Ma terre empoisonnée (ed. Stock, 2016), coautore Philippe Broussard, giornalista di Le Monde. “Una strana vegetazione gigantesca è spuntata invece, la chiamavamo: l’erba degli Americani. Gli alberi morivano, senza foglie, uccisi dal veleno. Tran To Nga si rimprovera di aver calpestato on i suoi compagni, nelle paludi, una gran quantità di detriti di queste erbe tossiche. Si dice che senza alcun dubbio fu questa la causa della morte della sua prima figlia di pochi mesi. “Era una bambina graziosa, poi la pelle ha cominciato a staccarsi dai muscoli a lembi, non la potevo più abbracciare, non riusciva a respirare. La donne dell’accampamento mormoravano che la colpa era mia, una punizione per peccati commessi in una vita precedente…” Il viso le si oscura. “La mia seconda figlia soffre d’asma, ha bisogno dell’ossigeno in continuazione, e la terza che è nata in prigione nel 1974 è diventata obesa a causa della diossina. Una delle mie nipotine è nata con problemi cardiaci”. Lei stessa è affetta da varie patologie: cancro al seno, diabete di tipo 2, ipertensione, tubercolosi, oltre ad una anomalia genetica, l’alfa-talassemia, che le provoca affaticamento. Ha anche della diossina del sangue. “Tutto ciò può servire nel processo!”, esclama.

Aeroporto Da Nang, US ripuliscono il terreno dall'agente arancio, foto Usaid/AP

Le ci vorrà molta forza. Certamente ci sarà un appello, e occorreranno molte perizie epidemiologiche e di ogni tipo per dimostrare un legame di causa e effetto tra il suo stato di salute e l’utilizzo di pesticidi nel suo paese natale. Ma questo processo in Francia rappresenta l’ultima speranza per tutte le vittime di vedere riconosciuto il danno da loro subìto. Le istanze dell’Associazione delle vittime dell’agente arancio-diossina del Vietnam (VAVA) sono state respinte tre volte dal Pentagono, e poi dalla Corte Suprema. Ma Tran To Nga dice soddisfatta: “Quando ci siamo lanciati in quest’impresa (lei e i suoi tre avvocati) eravamo come i tre moschettieri, ora siamo in migliaia a lottare!...Mi chiedono spesso cosa mi aspetti da questo processo. Se il nostro scopo fosse quello di ricavarci dei soldi, può darsi che sarà una sconfitta. Ma se è quello di far conoscere al mondo intero i disastri causati dall’agente arancio, allora con questo processo pedagogico, unico, politico, storico, potremo vincere”.

Manifestazione in Corea del Sud in appoggio alle vittime

 

 



[1] L’intervista a Tran To Nga del giornalista di Le Monde è la principale fonte di questo scritto. Le altre sono citate a parte.

[2] https://en.wikipedia.org/wiki/Phan_Thi_Kim_Phuc

[3] https://www.rfi.fr/fr/france/20210125-france-le-proc%C3%A8s-historique-de-l-agent-orange

[4] https://www.rfi.fr/fr/asie-pacifique/20190421-vietnam-etats-unis-campagne-nettoyage-agent-orange

[5] La Corea del Sud era alleata degli Stati Uniti in Indocina. Sulla guerra in Vietnam, paese che prima di lottare contro gli Americani aveva dovuto sconfiggere la colonizzazione francese, lessi a suo tempo un libro illuminante che credo sia ancora oggi reperibile: Perché il Vietnam resiste, del grande storico Jean Chesneaux, pubblicato da Nuovo Politecnico nel 1968.

[6] https://www.rfi.fr/fr/asie-pacifique/20130713-coree-sud-monsanto-dow-chemicals-condamnes-le-proces-agent-orange

[7] I Vietminh nel nord del Vietnam combattevano al fianco dei Vietcong, che a sud erano insorti nel 1960 contro il regime fantoccio installato dagli Stati Uniti.

[8] Dopo la fine della liberazione dalla colonizzazione francese nel 1954, alle trattative di pace di Ginevra il Vietnam fu diviso in due parti: il Vietnam del Nord, comunista, con capitale Hanoi ed il Vietnam del Sud con capitale Saigon, l’odierna Ho Chi Min City, dove fu installato un regime fantoccio con a capo Ngo Dinh Diem, legato all’antica potenza coloniale e poi preda della paura americana “dell’effetto domino”, cioè del timore del contagio comunista non solo del nord del paese ma anche della Cina di Mao Tse Tung. Diem fu assassinato nel 1963 e al suo posto andò Van Thieu, con al fianco una giunta militare.