Lettera aperta agli ebrei italiani
Khan Younis, Gaza, 26 luglio 2014
Sono
un’ebrea italiana della generazione post-1945, ebrea da generazioni da parte di
entrambi i genitori. Sento il bisogno impellente in queste ore di angoscia e di
guerra tra Gaza Palestina e Israele di rivolgermi ad altri ebrei italiani
perché non riesco a credere che non provino lo stesso sgomento e la stessa
repulsione per la carneficina che Israele sta compiendo a Gaza. Non si mira a
distruggere un nemico armato, non sono due eserciti ad affrontarsi: si sta
sterminando un’intera popolazione civile, perché il nemico è ovunque, in un fazzoletto di terra che stipa in 365 km2
un milione e ottocentomila persone, il nemico è sotto la terra sopra la quale
c’erano case e scuole e negozi e ospedali e strade, c’è la gente, e se vuoi
colpire chi sta sotto la terra è giocoforza ammazzare chi ci sta sopra a quella
terra, anche un bambino lo capisce:, ma fanno finta di non saperlo gli strateghi
sottili di questo orrore infinito che si dipana sotto i nostri occhi.
Come
facciamo a tacere di fronte a questa ingiustizia suprema, noi che per millenni
siamo stati costretti a nasconderci nei ghetti per vivere, che venivamo
additati come responsabili di nefandezze mai sognate, obbligati a convertirci a
volte per non essere bruciati sui roghi?
Israele ha
fondato uno Stato nel 1948 su terra altrui, sappiamo come e perché, ciò è stato
accettato dal consesso internazionale e nel 1988 è stato accettato dall’OLP. I
Palestinesi hanno riconosciuto il diritto di Israele a esistere, ma Israele dal
1967 occupa terra non sua, e lo sa. Per anni e anni si è detto: quella terra
occupata serve a fare la pace: territori in cambio di pace. Questo è stato il
refrain che però è stato nel corso del tempo sepolto da guerre non più di
difesa come nel 1967, ma di attacco, a partire dalla sciagurata invasione del
Libano.
Come
facciamo a non riconoscere che Israele ha scientemente, e per decenni
ormai, rifiutato di addivenire a un compromesso sulle colonie, non ha
mai smesso di costruirne e di avanzare annettendosi di fatto i territori su cui
doveva negoziare, annichilendo la base pur ambigua ma reale che era l’accordo
di Oslo. Ha contribuito a creare Hamas, che in arabo significa “collera giusta”,
e poi ne ha tollerato la crescita in funzione anti-OLP, ha reso la vita dei
palestinesi una lotta per sopravvivere anche in Cisgiordania, e ha violato
tutte le risoluzioni dell’ONU che gli imponevano di tornare alla famosa “Linea
verde”. Ha rubato altra terra
palestinese costruendo la barriera di 700 km, dichiarata illegale dalla
Corte dell’Aia ma tuttora in piedi. E ora con il pretesto dell’uccisione di tre
ragazzi di cui Hamas non ha mai riconosciuto la responsabilità, un’accusa che non è stata corroborata da prove, ha
scatenato una guerra non a Hamas ma a tutto un popolo. Non si può uccidere,
annientare un popolo per sconfiggere un nemico che ha il diritto di difendersi.
E le richieste di Hamas non sono altro che le richieste della popolazione di
Gaza: fine dell’assedio di sette anni, fine dello strangolamento. Israele ha
diritto a esistere DENTRO dei confini riconosciuti internazionalmente, ma dal
1982 è aggressore e viola il diritto internazionale. Per avere la pace deve
rinunciare alla folle idea di avere TUTTA la terra per sé e cacciarne chi ci
abitava prima che arrivassero i primi coloni ebrei a fine ottocento
.La guerra
di Israele è non solo omicida ma è suicida: guardiamo al Libano che sta insieme
ancora per miracolo, alla Siria distrutta, all’Irak che va a pezzi, ai
palestinesi che sono la maggioranza in Giordania, all’avanzare dell’islamismo
salafita e jihadista in Africa settentrionale e occidentale, in Kenya, in
Nigeria. Quale avvenire promette la guerra infinita di uno stato di apartheid?
Quali possibilità invece apre il riconoscimento
di diritti eguali ai palestinesi e alle migliaia di rifugiati e
immigrati che anche in Israele spiaggiano cercando una vita e un avvenire
migliori? Quali prospettive aprirebbe uno Stato multiculturale, bi-nazionale e
veramente democratico in Medioriente?
Quale salutare rimescolamento di carte? Apriamo gli occhi, abbiamo il coraggio
di guardare in faccia la realtà, e gridiamo il nostro rifiuto di questo orrore
e di questa politica di distruzione e morte che si ritorce contro chi la
persegue.