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venerdì 3 ottobre 2014

EBOLA E JIHAD: INQUIETANTI ASSONANZE

GUERRA A EBOLA, GUERRA ALLO STATO ISLAMICO: INQUIETANTI ASSONANZE E TANTA IPOCRISIA

 

 Ebola virus

Che cosa hanno in comune due fenomeni apparentemente così diversi, come lo scoppio di un’ epidemia in angoli piuttosto remoti del  mondo, e la coalizione che in quattro e quattr’otto si è costituita contro i barbari decapitatori di occidentali (ma non solo) e che acquista nuovi adepti  ogni giorno? A guardar da vicino, parecchi aspetti, anzi, più si avvicina la lente di ingrandimento analitica, più le strane somiglianze si moltiplicano sotto gli occhi. In maniera inquietante.


Ebola: EVD, Ebola Virus Disease nel linguaggio medico, identificato originariamente a Yambuku nel 1976, nell’allora Zaire e attuale RDC, Repubblica Democratica del Congo e a Nzara, in Sud Sudan, è causata da un virus RNA (come quello dell’HIV), cioè che utilizza l’acido ribonucleico come materiale genetico. Si tratta di un patogeno zoonotico, perché trasmesso con molta probabilità da un pipistrello (non  ancora accertata tale origine), con probabili ulteriori intermediari, per contatto (A.S. Fauci, N Engl J Med 2014; 371:1084-1086 September 18, 2014DOI: 10.1056/NEJMp1409494). Precedentemente, le epidemie di Ebola che si sono succedute, una ventina dal 1976, avevano provocato al massimo 1600 morti in tutto tra Congo, Uganda, Angola, Sudan, ed erano soprattutto rimaste circoscritte, la catena di trasmissione del contagio era stata identificata abbastanza facilmente, con conseguenti misure di isolamento, controllo e quarantena efficaci.

Invece questa  epidemia, iniziata in un distretto sud-orientale della Guinea nel dicembre 2013 e in poche settimane tracimata in Sierra Leone e Liberia, è anomala per la rapidità con la quale si è diffusa e il numero di vittime. L’OMS adduce queste ragioni : è scoppiata in una zona in cui  convergono le frontiere dei 3 paesi, tutti e tre carenti in infrastrutture sanitarie e in personale medico specializzato, con grande mobilità di popolazioni povere rurali o semi-rurali, a basso tasso di alfabetizzazione; inoltre due dei tre paesi, Sierra Leone e Liberia, sono uscite ad inizio anni 2000 da due devastanti  guerra civili, e la Guinea, proprio cinque anni fa in questi giorni (28 settembre) è stata teatro di una strage, nello stadio della capitale Conakry, in cui centinaia di persone che protestavano contro il governo militare sono state trucidate e cento donne stuprate. Nessun processo e nessun colpevole. Il governo civile eletto due anni fa ha radici politiche ancora fragili.


 Con storie del genere alle spalle, come stupirsi se queste popolazioni nutrono una grande diffidenza nei confronti delle autorità in genere e quindi anche delle équipes sanitarie inviate a “sensibilizzarle”? Personalmente ricordo di aver letto in Mozambico di sventurati agenti sanitari inviati in remoti distretti per disinfettare i pozzi con il cloro per controllare un’epidemia di colera che erano stati assaliti e  uccisi dagli abitanti del villaggio che li sospettavano di avvelenare i pozzi. E ancora nel 2001 proprio in Guinea Conakry, a quasi vent’anni dall’inizio dell’ infezione da HIV, parlando in un college universitario sull’epidemia di AIDS, ho incontrato alcuni studenti che credevano che l’HIV fosse una favola inventata dagli occidentali per obbligarli a fare l’amore con il preservativo e impedir loro di riprodursi. In Liberia ci sono (o meglio forse, c’erano prima dell’epidemia) 45 medici per 4,5 milioni di abitanti, e le statistiche sono di poco migliori per Sierra Leone e Guinea. Ecco che il potenziale perché l’epidemia diventi incontrollabile è evidente. L’assassinio in un villaggio del distretto di Nzerekorè (Guinea), a metà settembre, di una équipe sanitaria di cui facevano parte anche tre giornalisti, massacrati a colpi di machete e bastoni  dagli abitanti infuriati, nella sua tragicità illustra questa astrale distanza tra le logiche autoctone e le logiche sviluppistiche. Radio France International  in agosto informava che il ricorso ai “guérisseurs” in Guinea si era triplicato negli ultimi mesi. Sono loro i depositari della fiducia di queste persone e forse a loro bisognava indirizzare la sensibilizzazione, oltre che a leader locali riconosciuti. D’altra parte, è ciò che si è fatto nei lunghi anni in cui, in Africa, si lavorava alla prevenzione dell’HIV. E si era prodotta una mole biblica di studi antropologici sulla percezione del corpo, la malattia, il sesso e la morte  dei gruppi umani più svariati. Ma sembra che le lezioni del passato anche recentissimo si perdano nel caos comunicativo “globale” attuale e si debba ricominciare sempre daccapo. Un antropologo senegalese, Cheikh Ibrahima Niang, ricercatore all’Università di Dakar Cheick Anta Diop, di ritorno da una missione in Sierra Leone per conto dell’OMS, dice :” Quando le popolazioni affermano che Ebola non esiste, si ribellano contro qualcosa….nessuno le ha consultate e hanno l’impressione che le si tratti con molto paternalismo” (AFP, 10 settembre 2014). 


Si aggiunga che  la gravità e i pericoli dell’epidemia iniziale in Guinea sono stati sottostimati, anche per ragioni di  facciata, di malinteso orgoglio nazionale, di fatto per  irresponsabilità e superficialità. L’epidemia insorta nel dicembre 2013 è stata ufficialmente notificata all’OMS solo il 23 marzo! E lo stesso budget relativo alle malattie infettive dell’OMS è stato decurtato negli ultimi anni , come attestato da numerose pubblicazioni: (http://www.globalresearch.ca/cuts-to-world-health-organization-budget-intensify-ebola-epidemic/5399643).


Allora parliamo di radici lunghe della crisi precipitata da Ebola in pochi mesi, di un contesto favorevole  per il suo manifestarsi, una crisi che mette a nudo deficienze strutturali enormi e deficit di coesione nazionale: radici politiche, sociali, economiche e culturali. Come non ricordare le malefiche politiche dell’aggiustamento strutturale, dettate in Africa dagli anni ‘80 in poi per almeno un ventennio dagli esperti del FMI con codazzo di consulenti internazionali, che hanno demolito letteralmente l’approccio del Primary Health Care di Alma Ata del 1978, ridotto i budget sanitari all’osso, così come l’istruzione e le spese sociali in generale, e decretato l’annullamento dei programmi di educazione di base degli adulti e di alfabetizzazione, che funzionavano come veicolo di conoscenze fondamentali, di emancipazione delle donne, e di concime per un amalgama etnico.


 Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha decretato che Ebola è “una minaccia alla pace e alla sicurezza internazionali” (www.theguardian.com, 18/09/2014). Esagerazioni? Enfatizzazione? A che pro?  Serve a qualcuno ? Le Monde del 10 settembre avverte: “prudenza sugli scenari catastrofe”.  Si parla di 20.000 casi entro pochi mesi  se delle misure di controllo rigorose non riusciranno a mettere un freno alla proliferazione della catena del contagio. A partire dall’estate 2014, le notizie e i bollettini si susseguono con un battage quasi di natura pubblicitaria, creando negli stati al centro dell’epidemia una psicosi deleteria, oscurando i problemi endemici come malaria o polmoniti o diarrea, i tre killer più diffusi, anzi provocando morti collaterali perché le persone non si rivolgono agli ospedali per timore del contagio o il personale è soverchiato dal fardello straordinario Ebola (che implica misure rigorosissime di isolamento con impiego di materiali scarsi) e non riesce ad attendere alle incombenze ordinarie.  Morti collaterali, chi le conterà?


Inoltre, come a compensare la scarsità di risorse sanitarie e di strumenti adeguati di controllo epidemiologico, si scatena la  militarizzazione e la repressione: in agosto, un intero quartiere di Monrovia,  West Point,  è stato messo in isolamento,  provocando ira, frustrazione e ribellione tra gli abitanti, trattati come sovversivi e colpevoli invece che come potenziali vittime.  Il presidente USA ha promesso di inviare 3000 militari in Africa Occidentale per contribuire al controllo della malattia con la costruzione di ospedali da campo: benvenuti gli ospedali, ma sempre di militari si tratta, soldati che una volta messo in piedi un quartier generale a Monrovia  non se ne andranno tanto presto. In Sierra Leone, dal 19 al 21 agosto, c’è stato un coprifuoco totale; tutti gli abitanti, salvo un pugno di alti funzionari sono stati confinati nelle proprie case per permettere un controllo casa per casa degli abitanti. Pare che circa 70 cadaveri infetti siano stati identificati, occultati dai familiari.

Infatti, una componente essenziale della catena del contagio passa attraverso il culto dei morti: le cerimonie funebri sono in Africa un elemento ineludibile dell’esistenza quotidiana, un dovere dei vivi verso i trapassati, che senza i rituali di commiato graduali e consacrati da regole millenarie non possono diventare antenati e quindi vegliare sui discendenti. I corpi dei defunti vengono vegliati, manipolati, lavati, portati in processione. Si immagini quindi il potenziale infettivo implicito in queste pratiche. Ma se le persone non sono convinte da persone di fiducia che tali manipolazioni  sono mortifere e non capiscono cosa sia la catena del contagio, si rivolteranno contro chi le obbliga a trascurarle. E appunto, nasconderanno i cadaveri in casa.


Infine, l’impatto economico: il  New York Times, citato da Tim Worstall sul sito di  Forbes  il 5 settembre 2014 afferma:” …. è del tutto possibile che le conseguenze economiche di Ebola (chiusura frontiere, difficoltà di circolazione e quindi di commercio, ridotta attività di uffici e luoghi di lavoro in genere, mercati disertati, ecc.) uccideranno più persone che il virus stesso. Non che noi ne conosceremo il numero, perché non sarà possibile distinguere quelle morti dalle altre che si verificano quotidianamente per cause come cure insufficienti, acqua inquinata o carenza di cibo”. E ancora, dal sito della World Bank: “le prime stime di crescita in Guinea (per il 2014) sono state dimezzate da 4,5% a 2,4” a causa della malattia”. Ma c’è chi ci guadagnerà: Johnson & Johnson e GSK, quest’ultimo con l’appoggio finanziario di governo britannico e della Wellcome Trust, stanno investendo nella confezione sperimentali di vaccini e trattamenti (inserto Science et Medicine, Le Monde, 10 settembre 2014). Un portavoce di MSF ha questa mattina (3 ottobre 2014) dichiarato di non avere bisogno di donazioni finanziarie, ma di  personale sanitario, medici e infermieri, e di capacità ospedaliera. Aiuti  tardivi e sbagliati. I bombardamenti della coalizione non vogliono impedire che la città di Kobane, territorio siriano-curdo alla frontiera turca, cada nelle mani di ISIS (poco preoccupati delle eventuali decapitazioni di curdi e curde) per fare un favore alla Turchia, che da parte sua non vede l'ora di avere una scusa per creare una zona cuscinetto in territorio siriano curdo. La Siria avvisa che considererà tale invasione come un'aggressione.


Se nei tre paesi fulcro dell’epidemia le morti accertate per Ebola hanno raggiunto la cifra di 3.300 (Bollettino OMS 30 settembre), a parte il fatto che si può raddoppiare o triplicare  tale cifra, quanti bambini sono morti in questi nove mesi, negli stessi paesi, di dissenteria, di malaria, di infezioni polmonari acute?  Certamente, un numero assai superiore. Ma non vengono enfatizzate, queste morti di routine, come le morti per parto (980/100.000 in Guinea, un numero altissimo).


Sottovalutazione, dilettantismo, potenziale di proliferazione, contagio, mediatizzazione, enfatizzazione che nasconde problemi gravi e endemici, militarizzazione, incomprensione culturale,  morti collaterali, impatto devastante sulle economie dei paesi coinvolti, uso di mezzi impropri per venire alle prese con i problemi, cecità del potere  che si sospetta deliberata, lunghe radici di fenomeni apparentemente improvvisi, taglio dei budget pubblici, povertà e distanza governanti-governati, incapacità di ascolto e mediazione,  complessità del contesto sociale ed economico trascurata, rapporto con la morte incompreso, questioni di pace e sicurezza, aiuti invocati che non arrivano e aiuti non richiesti che piombano dal cielo e distruggono vite umane innocenti  (The Daily Mail, 29/09/2014:  “Missili incendiano un silos di grano a Manbij, Siria settentrionale, scambiandolo per una  Base di ISIS ) http://www.dailymail.co.uk/news/article-2773864/Civilians-killed-US-airstrike-ISIS-controlled-region-Syria-missiles-hit-grain-silos-say-British-human-rights-group.html#ixzz3F4ECy1Zg ).
Affiorano evidenti  le inquietanti analogie cui accennavo all’inizio. Sembra di essere davanti a una mostruosa sequenza di qui pro quo rovinosi.

 Rifornimento in volo di caccia sui cieli Siriani


Anche il fenomeno  Stato Islamico è stato (ufficialmente) sottovalutato, il rapporto con la morte di quei “guerrieri” è del tutto estraneo a quello “occidentale”,  il fenomeno era in corso da tempo ed è anzi stato fomentato  con cospicui finanziamenti e rifornimenti di armi da chi ora fa finta di combatterlo. Questo aspetto è in verità difforme rispetto ad Ebola, anche se si può dire che, se Ebola non è stato coltivato in laboratorio, non è stato adeguatamente studiato né tanto meno sono state investite risorse per trovare un vaccino o una cura, come si sta facendo ora che la ricerca può essere  un buon investimento.  E la strategia bombarola di Obama e soci, lo sanno tutti coloro che conservano  un minimo di raziocinio, non potrà che aggravare la febbre jihadista procurando nuovi adepti  provenienti dall’immenso bacino di frustrazione sociale economica e culturale del pianeta. Sul Guardian  del 30 settembre, sardonicamente George Monbiot chiede :” Perché fermarsi a ISIS quando si potrebbe radere al suolo l’intero Medio Oriente?”  Gli industriali del complesso militare industriale si leccano le labbra.


Il breve rapporto su Ebola dell’ International  Crisis Group del  23 settembre 2014 conclude: “Una strategia a lungo termine, che comprendesse una sostanziale  ricostruzione dei sistemi sanitari pubblici quale caratteristica principale di una migliorata governance potrebbe contribuire sostanzialmente a far sì che questo scenario non si ripeta in Africa Occidentale. Servirebbe  poco intervenire in Liberia  se, una volta domata l’epidemia, il paese si ritrovasse ancora con 45 medici in tutto. Ebola semplicemente ritornerebbe”.  

Aggiornamento 17 ottobre: l'altra analogia tra i due fenomeni è l'uso del termine: "emergenza". Negli ultimi anni nel mondo, e da molti anni in Italia, fenomeni sociali, socio-sanitari, economici, antropologici che hanno lunghe radici temporali (vedi immigrazione, problema carceri, giustizia con tempi geologici) vengono etichettati, quando li si tratta, come "emergenze", dato che il non affrontarli semplicemente li aggrava e li incancrenisce. Se erano all'origine trattabilissimi, si trasformano in piaghe sempre più difficilmente guaribili. Vedi Ebola, vedi Jihad.