Che cosa hanno in comune due
fenomeni apparentemente così diversi, come lo scoppio di un’ epidemia in angoli
piuttosto remoti del mondo, e la
coalizione che in quattro e quattr’otto si è costituita contro i barbari
decapitatori di occidentali (ma non solo) e che acquista nuovi adepti ogni giorno? A guardar da vicino, parecchi aspetti,
anzi, più si avvicina la lente di ingrandimento analitica, più le strane somiglianze
si moltiplicano sotto gli occhi. In maniera inquietante.
Ebola: EVD, Ebola Virus Disease nel linguaggio medico,
identificato originariamente a Yambuku nel 1976, nell’allora Zaire e attuale
RDC, Repubblica Democratica del Congo e a Nzara, in Sud Sudan, è causata da un
virus RNA (come quello dell’HIV), cioè che utilizza l’acido ribonucleico come
materiale genetico. Si tratta di un patogeno zoonotico, perché trasmesso con
molta probabilità da un pipistrello (non
ancora accertata tale origine), con probabili ulteriori intermediari,
per contatto (A.S. Fauci, N Engl J Med
2014; 371:1084-1086 September 18, 2014DOI: 10.1056/NEJMp1409494).
Precedentemente, le epidemie di Ebola che si sono succedute, una ventina dal
1976, avevano provocato al massimo 1600 morti in tutto tra Congo, Uganda,
Angola, Sudan, ed erano soprattutto rimaste circoscritte, la catena di
trasmissione del contagio era stata identificata abbastanza facilmente, con
conseguenti misure di isolamento, controllo e quarantena efficaci.
Invece questa epidemia, iniziata in un distretto
sud-orientale della Guinea nel dicembre 2013 e in poche settimane tracimata in
Sierra Leone e Liberia, è anomala per la rapidità con la quale si è diffusa e
il numero di vittime. L’OMS adduce queste ragioni : è scoppiata in una zona in
cui convergono le frontiere dei 3 paesi,
tutti e tre carenti in infrastrutture sanitarie e in personale medico specializzato,
con grande mobilità di popolazioni povere rurali o semi-rurali, a basso tasso
di alfabetizzazione; inoltre due dei tre paesi, Sierra Leone e Liberia, sono
uscite ad inizio anni 2000 da due devastanti guerra civili, e la Guinea, proprio cinque
anni fa in questi giorni (28 settembre) è stata teatro di una strage, nello
stadio della capitale Conakry, in cui centinaia di persone che protestavano
contro il governo militare sono state trucidate e cento donne stuprate. Nessun
processo e nessun colpevole. Il governo civile eletto due anni fa ha radici
politiche ancora fragili.
Con storie del
genere alle spalle, come stupirsi se queste popolazioni nutrono una grande diffidenza nei confronti delle
autorità in genere e quindi anche delle équipes sanitarie inviate a
“sensibilizzarle”? Personalmente ricordo di aver letto in Mozambico di
sventurati agenti sanitari inviati in remoti distretti per disinfettare i pozzi
con il cloro per controllare un’epidemia di colera che erano stati assaliti
e uccisi dagli abitanti del villaggio
che li sospettavano di avvelenare i pozzi. E ancora nel 2001 proprio in Guinea
Conakry, a quasi vent’anni dall’inizio dell’ infezione da HIV, parlando in un
college universitario sull’epidemia di AIDS, ho incontrato alcuni studenti che
credevano che l’HIV fosse una favola inventata dagli occidentali per obbligarli
a fare l’amore con il preservativo e impedir loro di riprodursi. In Liberia ci
sono (o meglio forse, c’erano prima dell’epidemia) 45 medici per 4,5 milioni di
abitanti, e le statistiche sono di poco migliori per Sierra Leone e Guinea. Ecco
che il potenziale perché l’epidemia diventi incontrollabile è evidente. L’assassinio
in un villaggio del distretto di Nzerekorè (Guinea), a metà settembre, di una
équipe sanitaria di cui facevano parte anche tre giornalisti, massacrati a
colpi di machete e bastoni dagli
abitanti infuriati, nella sua tragicità illustra questa astrale distanza tra le logiche autoctone e le logiche sviluppistiche.
Radio France International in agosto
informava che il ricorso ai “guérisseurs” in Guinea si era triplicato negli
ultimi mesi. Sono loro i depositari della fiducia di queste persone e forse a
loro bisognava indirizzare la sensibilizzazione, oltre che a leader locali
riconosciuti. D’altra parte, è ciò che si è fatto nei lunghi anni in cui, in
Africa, si lavorava alla prevenzione dell’HIV. E si era prodotta una mole
biblica di studi antropologici sulla percezione del corpo, la malattia, il
sesso e la morte dei gruppi umani più
svariati. Ma sembra che le lezioni del passato anche recentissimo si perdano nel
caos comunicativo “globale” attuale e si debba ricominciare sempre daccapo. Un
antropologo senegalese, Cheikh Ibrahima
Niang, ricercatore all’Università di Dakar Cheick Anta Diop, di ritorno da una
missione in Sierra Leone per conto dell’OMS, dice :” Quando le popolazioni
affermano che Ebola non esiste, si ribellano contro qualcosa….nessuno le ha
consultate e hanno l’impressione che le si tratti con molto paternalismo” (AFP,
10 settembre 2014).
Si aggiunga che la gravità e i pericoli dell’epidemia iniziale
in Guinea sono stati sottostimati,
anche per ragioni di facciata, di
malinteso orgoglio nazionale, di fatto per
irresponsabilità e superficialità. L’epidemia insorta nel dicembre 2013 è
stata ufficialmente notificata all’OMS solo il 23 marzo! E lo stesso budget
relativo alle malattie infettive dell’OMS è stato decurtato negli ultimi anni ,
come attestato da numerose pubblicazioni: (http://www.globalresearch.ca/cuts-to-world-health-organization-budget-intensify-ebola-epidemic/5399643).
Allora parliamo di radici lunghe della crisi
precipitata da Ebola in pochi mesi, di un contesto favorevole per il suo manifestarsi, una crisi che mette a
nudo deficienze strutturali enormi e deficit di coesione nazionale: radici
politiche, sociali, economiche e culturali. Come non ricordare le malefiche
politiche dell’aggiustamento strutturale, dettate in Africa dagli anni ‘80 in
poi per almeno un ventennio dagli esperti del FMI con codazzo di consulenti
internazionali, che hanno demolito letteralmente l’approccio del Primary Health
Care di Alma Ata del 1978, ridotto i budget sanitari all’osso, così come
l’istruzione e le spese sociali in generale, e decretato l’annullamento dei
programmi di educazione di base degli adulti e di alfabetizzazione, che
funzionavano come veicolo di conoscenze fondamentali, di emancipazione delle
donne, e di concime per un amalgama etnico.
Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite
ha decretato che Ebola è “una minaccia
alla pace e alla sicurezza
internazionali” (www.theguardian.com, 18/09/2014). Esagerazioni? Enfatizzazione? A
che pro? Serve a qualcuno ? Le Monde del 10 settembre avverte:
“prudenza sugli scenari catastrofe”. Si
parla di 20.000 casi entro pochi mesi se
delle misure di controllo rigorose non riusciranno a mettere un freno alla
proliferazione della catena del contagio. A partire dall’estate 2014, le
notizie e i bollettini si susseguono con un battage quasi di natura
pubblicitaria, creando negli stati al centro dell’epidemia una psicosi deleteria, oscurando i problemi endemici come
malaria o polmoniti o diarrea, i tre killer più diffusi, anzi provocando morti
collaterali perché le persone non si rivolgono agli ospedali per timore del contagio
o il personale è soverchiato dal fardello straordinario Ebola (che implica
misure rigorosissime di isolamento con impiego di materiali scarsi) e non
riesce ad attendere alle incombenze ordinarie. Morti collaterali, chi le conterà?
Inoltre, come a compensare la
scarsità di risorse sanitarie e di strumenti adeguati di controllo
epidemiologico, si scatena la militarizzazione e la repressione: in agosto, un intero quartiere di Monrovia, West Point, è stato messo in isolamento, provocando ira, frustrazione e ribellione tra
gli abitanti, trattati come sovversivi e colpevoli invece che come potenziali
vittime. Il presidente USA ha promesso
di inviare 3000 militari in Africa
Occidentale per contribuire al controllo della malattia con la costruzione
di ospedali da campo: benvenuti gli ospedali, ma sempre di militari si tratta, soldati
che una volta messo in piedi un quartier generale a Monrovia non se ne andranno tanto presto. In Sierra
Leone, dal 19 al 21 agosto, c’è stato un coprifuoco totale; tutti gli abitanti,
salvo un pugno di alti funzionari sono stati confinati nelle proprie case per
permettere un controllo casa per casa degli abitanti. Pare che circa 70
cadaveri infetti siano stati identificati, occultati dai familiari.
Infatti, una componente essenziale della catena del contagio passa attraverso il culto dei morti: le cerimonie funebri sono in
Africa un elemento ineludibile dell’esistenza quotidiana, un dovere dei vivi
verso i trapassati, che senza i rituali di commiato graduali e consacrati da
regole millenarie non possono diventare antenati e quindi vegliare sui
discendenti. I corpi dei defunti vengono vegliati, manipolati, lavati, portati
in processione. Si immagini quindi il potenziale infettivo implicito in queste
pratiche. Ma se le persone non sono convinte da persone di fiducia che tali
manipolazioni sono mortifere e non
capiscono cosa sia la catena del contagio, si rivolteranno contro chi le
obbliga a trascurarle. E appunto, nasconderanno i cadaveri in casa.
Infine, l’impatto
economico: il New York Times, citato da Tim Worstall sul sito
di Forbes il 5 settembre 2014 afferma:” …. è del tutto
possibile che le conseguenze economiche di Ebola (chiusura frontiere,
difficoltà di circolazione e quindi di commercio, ridotta attività di uffici e
luoghi di lavoro in genere, mercati disertati, ecc.) uccideranno più persone
che il virus stesso. Non che noi ne conosceremo il numero, perché non sarà
possibile distinguere quelle morti dalle altre che si verificano
quotidianamente per cause come cure insufficienti, acqua inquinata o carenza di
cibo”. E ancora, dal sito della World Bank: “le prime stime di crescita in
Guinea (per il 2014) sono state dimezzate da 4,5% a 2,4” a causa della malattia”. Ma c’è chi
ci guadagnerà: Johnson & Johnson e GSK, quest’ultimo con l’appoggio
finanziario di governo britannico e della Wellcome Trust, stanno investendo
nella confezione sperimentali di vaccini e trattamenti (inserto Science et Medicine, Le Monde, 10
settembre 2014). Un portavoce di MSF ha questa mattina (3 ottobre 2014)
dichiarato di non avere bisogno di donazioni finanziarie, ma di personale sanitario, medici e infermieri, e
di capacità ospedaliera. Aiuti tardivi e sbagliati. I bombardamenti della coalizione non vogliono impedire che la città di Kobane, territorio siriano-curdo alla frontiera turca, cada nelle mani di ISIS (poco preoccupati delle eventuali decapitazioni di curdi e curde) per fare un favore alla Turchia, che da parte sua non vede l'ora di avere una scusa per creare una zona cuscinetto in territorio siriano curdo. La Siria avvisa che considererà tale invasione come un'aggressione.
Se nei tre paesi fulcro
dell’epidemia le morti accertate per Ebola hanno raggiunto la cifra di 3.300 (Bollettino
OMS 30 settembre), a parte il fatto che si può raddoppiare o triplicare tale cifra, quanti bambini sono morti in
questi nove mesi, negli stessi paesi, di dissenteria, di malaria, di infezioni
polmonari acute? Certamente, un numero
assai superiore. Ma non vengono enfatizzate, queste morti di routine, come le
morti per parto (980/100.000 in Guinea, un numero altissimo).
Sottovalutazione, dilettantismo, potenziale di proliferazione, contagio, mediatizzazione, enfatizzazione che nasconde problemi gravi e endemici, militarizzazione,
incomprensione culturale, morti
collaterali, impatto devastante sulle economie dei paesi coinvolti, uso di
mezzi impropri per venire alle prese con i problemi, cecità del potere che si sospetta deliberata, lunghe radici di
fenomeni apparentemente improvvisi, taglio dei budget pubblici, povertà e
distanza governanti-governati, incapacità di ascolto e mediazione, complessità del contesto sociale ed economico
trascurata, rapporto con la morte incompreso, questioni di pace e sicurezza, aiuti invocati che non arrivano e aiuti non richiesti che
piombano dal cielo e distruggono vite umane innocenti (The Daily Mail, 29/09/2014: “Missili incendiano un silos di grano a
Manbij, Siria settentrionale, scambiandolo per una Base di ISIS ) http://www.dailymail.co.uk/news/article-2773864/Civilians-killed-US-airstrike-ISIS-controlled-region-Syria-missiles-hit-grain-silos-say-British-human-rights-group.html#ixzz3F4ECy1Zg
).
Affiorano evidenti le inquietanti analogie cui accennavo all’inizio. Sembra di essere davanti a una mostruosa sequenza di qui pro quo rovinosi.
Affiorano evidenti le inquietanti analogie cui accennavo all’inizio. Sembra di essere davanti a una mostruosa sequenza di qui pro quo rovinosi.
Rifornimento in volo di caccia sui cieli Siriani
Anche il fenomeno Stato Islamico è stato (ufficialmente)
sottovalutato, il rapporto con la morte di quei “guerrieri” è del tutto
estraneo a quello “occidentale”, il
fenomeno era in corso da tempo ed è anzi stato fomentato con cospicui finanziamenti e rifornimenti di
armi da chi ora fa finta di combatterlo. Questo aspetto è in verità difforme
rispetto ad Ebola, anche se si può dire che, se Ebola non è stato coltivato in
laboratorio, non è stato adeguatamente studiato né tanto meno sono state
investite risorse per trovare un vaccino o una cura, come si sta facendo ora
che la ricerca può essere un buon
investimento. E la strategia bombarola
di Obama e soci, lo sanno tutti coloro che conservano un minimo di raziocinio, non potrà che
aggravare la febbre jihadista procurando nuovi adepti provenienti dall’immenso bacino di
frustrazione sociale economica e culturale del pianeta. Sul Guardian del 30 settembre, sardonicamente George
Monbiot chiede :” Perché fermarsi a ISIS
quando si potrebbe radere al suolo l’intero Medio Oriente?” Gli industriali del complesso militare
industriale si leccano le labbra.
Il breve rapporto su Ebola dell’ International Crisis Group
del 23 settembre 2014 conclude: “Una strategia a lungo termine, che comprendesse una
sostanziale ricostruzione dei sistemi
sanitari pubblici quale caratteristica principale di una migliorata governance
potrebbe contribuire sostanzialmente a far sì che questo scenario non si ripeta
in Africa Occidentale. Servirebbe poco
intervenire in Liberia se, una volta
domata l’epidemia, il paese si ritrovasse ancora con 45 medici in tutto. Ebola semplicemente ritornerebbe”.
Aggiornamento 17 ottobre: l'altra analogia tra i due fenomeni è l'uso del termine: "emergenza". Negli ultimi anni nel mondo, e da molti anni in Italia, fenomeni sociali, socio-sanitari, economici, antropologici che hanno lunghe radici temporali (vedi immigrazione, problema carceri, giustizia con tempi geologici) vengono etichettati, quando li si tratta, come "emergenze", dato che il non affrontarli semplicemente li aggrava e li incancrenisce. Se erano all'origine trattabilissimi, si trasformano in piaghe sempre più difficilmente guaribili. Vedi Ebola, vedi Jihad.
Aggiornamento 17 ottobre: l'altra analogia tra i due fenomeni è l'uso del termine: "emergenza". Negli ultimi anni nel mondo, e da molti anni in Italia, fenomeni sociali, socio-sanitari, economici, antropologici che hanno lunghe radici temporali (vedi immigrazione, problema carceri, giustizia con tempi geologici) vengono etichettati, quando li si tratta, come "emergenze", dato che il non affrontarli semplicemente li aggrava e li incancrenisce. Se erano all'origine trattabilissimi, si trasformano in piaghe sempre più difficilmente guaribili. Vedi Ebola, vedi Jihad.