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sabato 16 agosto 2025

IL VOTO DELLE BESTIE SELVAGGE

 

ASPETTANDO IL VOTO DELLE BESTIE SELVAGGE[1]

(…e le stalle non stanno a guardare)

Ippotrago
 

Un baccano infernale. L’immensa stalla che albergava centinaia di cinocefali adulti, ippotraghi, francolini, pantere, cinghiali e molti altri animali, oltre a giovani chimere, sobbolliva di muggiti, cachinni, ululati, belati, squittii, ruggiti, nitriti. Le bestie si dimenavano, lottavano, si separavano, saltavano l’una addosso all’altra. Le chimere ancora non abituate a quel parapiglia che si scatenava a intervalli più o meno regolari, si erano rifugiate sotto un volto in fondo, verso il grande portone d’uscita, e cercavano di imparare anche loro come ci si comporta in circostanze simili, quando il dissenso esplode. Non avevano memoria delle scorribande selvagge degli adulti nelle grandi savane, alla fine della stagione delle piogge, delle gare di corsa e delle scatenate caccie alla ricerca di facoceri nani o tapiri. Né delle dispute che insorgevano, concluse spesso nel sangue. E neppure memoria delle grandi occasioni, quando alla scadenza del mandato presidenziale del Grande Ippotrago, che la sua gloria splenda su savane e foreste, erano tutti chiamati alle elezioni per stampare con i loro zoccoli, code, becchi ecc. le schede da inserire negli appositi fossati. Si era al decimo mandato del Grande Ippotrago Utten-zu-mayahu e le discussioni, i disaccordi, le rivalità avevano raggiunto l’apice. Il putiferio si calmò d’un tratto quando il più anziano dei cinocefali, Bossuma il saggio, riuscì ad emettere un barrito che fece tremare le pareti della stalla, chiaro segno che desiderava essere ascoltato. Il suo discorso, pur articolato e argomentato impeccabilmente, fu conciso. Il nocciolo del ragionamento era una considerazione incontrovertibile: la stalla d’acciaio che racchiudeva i grilli saltatori, gli antichi dominatori della savana, ormai prigionieri e destinati al loro pasto quotidiano, era stata inspiegabilmente forata, il pericolo d’evasione dei grilli era imminente, per cui l’unica soluzione era escogitare una dieta alternativa, il che non presentava difficoltà data la cacciagione che proliferava in quelle distese selvagge, e preparare l’esercito in vista dell’eliminazione totale dei pericolosissimi grilli saltatori. Ma la stalla d’acciaio, un gioiello di tecnica di ultimo grido, concepito dal genio del gruppo scientifico speciale, era da preservare per destinazione ad altro uso, probabilmente ludico. Il Grande Ippotrago avrebbe senza dubbio approvato questo piano che sarebbe stato sanzionato come programma elettorale. Un coro di acclamazioni si levò e fece di nuovo vibrare la stalla, come una potente scossa elettrica. Unanimità raggiunta, sostanzialmente. Si, il decano aveva ragione, questo dovevano fare, distruggere una volta per tutte quelle intollerabili, ignobili bestiole, buone solo sotto i denti, (pensierino sottaciuto: potremmo arrostirle, cuocerle in umido o in salmì, farne un banchetto coi fiocchi, prima di annientarle tutte come parassiti nocivi). Così si formarono capannelli ora compatti nei loro intenti, tutti infervorati all’idea eccitante della soluzione finale per i loro sempiterni nemici. Blande obiezioni delle più timide e perplesse tra le chimere vennero tacitate bruscamente: siete troppo giovani voi, non conoscete abbastanza la nostra storia, questo avremmo dovuto fare quando siamo emigrati in questa nuova savana, le guerricciole nelle quali ne abbiamo sterminati troppo pochi non sono bastate, questo è il momento giusto per sciogliere i nodi, non dobbiamo esitare, farci scoraggiare da chi potrà obiettare dalla foresta che anche i grilli saltatori, in fondo in fondo, diciamo fondissimo, qualche diritto a esistere ce l’hanno. Dobbiamo essere forti, implacabili. Un boato di evviva esplose e echeggiò per tutta la stalla.

 

Savana saheliana

Manderemo una delegazione nella foresta per informare i nostri vicini e alleati, spiegando loro le nostre ragioni; ci aiuteranno senza dubbio. Gli zoccoli destri di tutti gli animali (quelli che li avevano) batterono con violenza il pavimento che rimbombò paurosamente, era un sì roboante. Si deliberò subito sulla composizione della delegazione di cinque elementi che sarebbe partita l’indomani (battere il ferro finché è caldo) per informare gli alleati delle foreste della decisione appena presa e ottenere il loro appoggio. I più anziani e informati non avevano dubbi: anche questa volta gli alleati e amici non avrebbero esitato ad approvare e sostenere l’attacco che doveva essere preparato in fretta. La mobilitazione avrebbe preso tempo, alcuni ingenui pensavano. E invece, niente affatto! Inconcepibilmente, mentre all’alba i cinque delegati si mettevano al galoppo con il messaggio di Bossuma vergato in quattro e quattr’otto con tanto di timbro e firma del Grande Ippotrago, già l’esercito di giovani e feroci bestie, con tiratori scelti, era pronto per il primo attacco. Dappertutto erano ammucchiate montagne di massi da scaraventare sui minuscoli grilli saltatori. I generali avevano già schierato file e file di catapulte di ultima generazione, tali da sventrare la gabbia/stalla d’acciaio nemica, un acciaio, bisogna ammetterlo, di pessima qualità, fornito dalle stesse bestie selvagge, che erano convinte di stravincere in pochi giorni. Forse il piano d’attacco era stato messo in cantiere da tempo? Non era il momento di perdersi in congetture, i rapporti di forza erano così sbilanciati che non c’era dubbio sulla vittoria finale. I maledetti grilli sarebbero stati annientati.

Le cose andarono diversamente. Gli esili grilli si rivelarono dei combattenti abili e astuti. Le loro stesse dimensioni così ridotte costituivano un vantaggio formidabile, e il loro numero sembrava moltiplicarsi a dispetto delle perdite di effettivi. I rifornimenti degli alleati non tardarono ad arrivare, ma il numero dei grilli invece di diminuire cresceva, cresceva, cresceva, e le bestiole con le loro sortite improvvise, razzie notturne per procurarsi cibo, attacchi suicidi che accecavano in particolare i più grossi cinocefali e le pantere più sanguinarie sembravano sempre più agguerriti e decisi a sopraffare i nemici. Il comando avversario selvaggio, composto da menti sottili e competenti, l’esercito pur motivato, aggressivo e feroce, erano esterrefatti. Le truppe perdevano le staffe, gli strateghi militari farfugliavano tra loro e se ne uscivano con trovate che di primo acchito sembravano geniali e presto si ritorcevano contro chi le metteva in pratica. Voci disfattiste cominciarono a serpeggiare tra le truppe umiliate e stremate da mesi e mesi di assedio. 

 

Grillo

Basta! Basta! Li abbiamo sopportati per anni, lasciamo che si crogiolino nel loro brodo, noi siamo grandi e grossi e numerosi, costruiremo una grande barriera, altissima e lunghissima, che anche i grilli saltatori non riusciranno a varcare. E iniziò la ritirata, dolorosamente punteggiata da attacchi grilleschi fulminanti e micidiali. Le bestiole si infilavano nelle narici dei soldati, e arrivando ai polmoni ostruivano la respirazione dei nemici che crollavano sulle piste come mosche in hivernage. Per soprammercato, con i loro cadaveri ostruivano il passaggio dei carri e delle altre macchine da guerra che a volte cadevano nei fossi e potevano essere recuperate a fatica. Non fu una sconfitta ma una rotta, un disfatta epocale, un’apocalisse che negli annali delle bestie selvagge della sterminata savana fu ricordata come un’onta immane per decine di generazioni (da riscattare in futuro, si mormorava senza convinzione). Ma intanto il trionfo dei grilli saltatori fu un fulgido esempio per tutte le classi di animali di piccola taglia, che impararono a coalizzarsi e difendersi valorizzando proprio i loro supposti punti deboli. Ne nacquero leggende ed epopee che ancora i i vecchi raccontano nelle lunghe notti di luna sotto le gigantesche ceibe, mentre il rancore delle bestie selvagge della savana cova sotto uno spesso strato di cenere.

Ceiba

 



[1][1]  Molto liberamente ispirato da: Ahmadou Kourouma, Aspettando il voto della bestie selvagge, 2001, edizioni e/o. e George Orwell, La fattoria degli animali.