LE ASTUZIE D’AMORE
DELL’IGUANA DELLE GALAPAGOS
Uno dei ricordi che conservo di un 1968 vissuto intensamente
e anche un poco pericolosamente include delle matte risate in un’utilitaria
stipata in cui un compagno imitava con voce nasale la pubblicità di un film appena
uscito in varie sale milanesi: “La notte dell’iguana”, che non avevamo alcuna
intenzione di andare a vedere anche per semplici ragioni economiche. Si
lasciava intendere che gli iguana se ne intendessero, di prodezze erotiche; il
trascorrere una notte da iguana equivaleva ad un’ascensione al paradiso del Kamasutra.
Ma noi, dall’alto della nostra rivoluzione anche sessuale, disprezzavamo
altamente quelle presunte avventurette borghesi (o altoborghesi).
Un delizioso articoletto di Pierre Barthélémy sull’inserto
ebdomadario Science et Médecine di Le Monde del 14 ottobre mi ha
risvegliato la memoria di quella vecchia pellicola e delle relative risate.
Attingo piuttosto letteralmente alla fonte per il vostro diletto. Che cosa non
bisogna fare per amore della scienza – esordisce l’esperto di “improbabologia”,
questa l’etichetta del suo intervento settimanale. Si riferisce a uno studio
tedesco apparso nel 1996 su “Proceedings of the Royal Society”.
Pare che ci sia una feroce lotta per la riproduzione tra i
maschi delle iguane in quei lontani paraggi e quando arriva la stagione degli
amori gli esemplari più robusti e sviluppati si ritagliano il loro territorio e
il loro harem, impedendo ovviamente l’accesso, come ogni sultano che si
rispetti, agli eventuali intrusi. E gli
esclusi dalla pacchia degli accoppiamenti sarebbero (attenzione al condizionale)
gli individui più gracili, i magrolini che non riescono a competere con i “tozzi”.
Dato che le iguane necessitano di un tempo minimo di copula di qualche minuto, gli
svantaggiati non possono ricorrere allo stratagemma usato da certi pesci che
proditoriamente e al volo diffondono il loro seme sulle uova appena deposte (il
fregolo) prima del maschio ufficiale, sottraendogli così il diritto di
prolificazione.
Che fanno allora? Gli studiosi hanno appurato (frugando nella
cavità intima delle signore) che nella cavità riproduttrice dell’iguana femmina
si reperiscono due tipi di sperma: uno fresco e trasparente e un altro più
viscoso, bianco e “vecchio”. Perché? Gli iguana magrolini si masturbano – l’autore
precisa “senza mani”, strofinandosi probabilmente contro rocce o sassi, e
conservano il prezioso seme nella specie di scroto che contiene i loro organi
di riproduzione (ho anche appreso che la dotazione contempla due peni, ecco dunque spiegate dopo 47 anni le implicazioni del titolo del film) per il tempo
sufficiente a individuare una preda libera, sulla quale si precipitano pronti a
iniettare il loro prezioso liquido prima che arrivi l’iguana sultano o qualche
altro pretendente. Avendo la saetta nella scocca, l’impresa riesce, il coitus
interruptus è sventato e l’astuzia riproduttiva ha la meglio sulla forza bruta.
Viva i magrolini! Hanno cervello.