AZZORRE: IL REGNO
DELLA LAVA
Isola di Pico vista da Faial
“Mezzo millennio di esistenza sopra tufi vulcanici, sotto
nuvole che sono ali e animali mostruosi che sono nuvole, rappresenta già un
notevole fardello temporale - e il tempo è spirito in fieri. Raddoppiando,
raggiungeremo appena la metà della distanza che ci separa da Virgilio. Siamo
quindi un popolo giovane. Ma la vita delle Azzorre non prende inizio dalla
colonizzazione dell’isola[1],
piuttosto si proietta in un passato tellurico…come uomini, siamo saldati
storicamente al popolo dal quale proveniamo[2]
ma innestati dall’habitat su monti di lava che rilasciano dalle proprie viscere
una sostanza che ci penetra. La geografia, per noi, vale altrettanto che la storia
e non è per nulla che la nostra memoria scritta consiste per un cinquanta per
cento di resoconti di terremoti e inondazioni. Come le sirene abbiamo una
doppia natura: siamo fatti di carne e di pietra. Le nostre ossa hanno radici
profonde nel mare”.[3]
Così
Vitorino Nemésio, uno degli scrittori novecenteschi isolani più conosciuti e
prolifici, definisce in un passo molto citato la “azzorianità”. Ho trovato il
brano sfogliando un libro su di lui al Museo di Angria do Heroismo, a
Terceira, isola natale di Nemésio, e l’ho trascritto nei miei appunti di
viaggio. Lo si può trovare in portoghese sulla pagina FB citata in nota. Ma più
che e oltre la geografia, è la genesi e la configurazione geologica la corda
vibrante, la quintessenza dell’arcipelago: la geologia come destino.
Appena ne tocchi la terra, ti accorgi che la lava, le rocce di basalto, le montagne ti avvolgono, ti circuiscono e davvero, come dice il poeta, ti penetrano, diventano parte integrante della tua vita quotidiana finché sei là, su quegli scogli a mezza strada tra Europa e America: nove isole distribuite su un asse sud-est/ nord-ovest lungo 600 km, generate da successive eruzioni lungo milioni di anni. L’isola più antica, Santa Maria, la più meridionale, ha 8 milioni di anni, mentre la più giovane, Os Capelinhos, è un piccolo vulcano “nato” nel 1957[4], sorto tempestosamente dalle acque davanti agli occhi attoniti degli abitanti. Oggi si allunga pigramente sulla punta nord-occidentale dell’isola di Faial, l’isola più sofisticata e ricca di appuntamenti culturali, ma anche la più cara e scontata meta di una flottiglia di yacht stazionanti nel porto turistico di Horta, il capoluogo.
Appena ne tocchi la terra, ti accorgi che la lava, le rocce di basalto, le montagne ti avvolgono, ti circuiscono e davvero, come dice il poeta, ti penetrano, diventano parte integrante della tua vita quotidiana finché sei là, su quegli scogli a mezza strada tra Europa e America: nove isole distribuite su un asse sud-est/ nord-ovest lungo 600 km, generate da successive eruzioni lungo milioni di anni. L’isola più antica, Santa Maria, la più meridionale, ha 8 milioni di anni, mentre la più giovane, Os Capelinhos, è un piccolo vulcano “nato” nel 1957[4], sorto tempestosamente dalle acque davanti agli occhi attoniti degli abitanti. Oggi si allunga pigramente sulla punta nord-occidentale dell’isola di Faial, l’isola più sofisticata e ricca di appuntamenti culturali, ma anche la più cara e scontata meta di una flottiglia di yacht stazionanti nel porto turistico di Horta, il capoluogo.
Porto Pim |
E’ proprio la ricerca di un porto di Horta all’origine del
mio viaggio, ma non quello degli yacht, bensì Porto Pim. Era il porto dei
pescatori e ancora oggi le viuzze strette che da lì si dipartono sono
fiancheggiate da casette basse, dagli intonaci color pastello, tipiche dei
villaggi che vivono (vivevano) di pesca. Avevo provato per mesi a richiedere un
libro di racconti di Antonio Tabucchi raccolti sotto il titolo: “Donna di Porto
Pim” alla biblioteca vicino a casa che non l’aveva e l’aveva richiesto alla
rete nazionale; prima era in prestito, poi la richiesta era scaduta e andava
ripetuta; l’ordine in libreria si è smarrito, eccetera. La donna di Porto Pim
aveva assunto dimensioni favolose, chimeriche, era irraggiungibile. E ho
pensato che fosse meglio andare a raggiungerla di persona comprando un
biglietto aereo. A Praia da Vitória (Terceira), ho trovato finalmente il libro
nella biblioteca comunale, in portoghese, quasi meglio che leggerlo in
italiano. Quando finalmente ci sono arrivata, a Porto Pim, in agosto, il sole
era allo zenit e la spiaggia quasi deserta, la falce di sabbia stranamente
chiara era una fusciacca dorata e alle sue spalle il monte Queimado e il monte
da Guia sembravano due maculati bestioni sdraiati a riposare. Acque trasparenti
e stranamente calme, quasi tiepide, in contrasto con le nuotate gelide a meno
di 20°C abituali nelle piscine naturali di Velas a São Jorge o a Criação Velha
a Pico. L’oceano esala una fragranza di salsedine, di scoglio e di lontananza
che nel Mediterraneo avevo dimenticato.
Le piscine naturali sono uno dei luoghi incantati delle
Azzorre, circondate dalle merlature cupe, nerissime, delle rocce di lava che
sprigionano una magica energia (e calore a volte benvenuto); ci si immerge in
acque limpide ( e spesso gelide) dove veleggiano pesci tigrati e pesci regina
dalle strisce arcobaleno. A Pico, a Laja das Rosas[5],
tra le rocce basaltiche una mattina ho assistito alla colazione di un
granchietto minuscolo, anch’esso nerissimo, appena distinguibile nero su nero,
che con larghi gesti delle chele scavava cibo tra i muschi pelosi che
ricoprivano le pareti della piscina e se li ingoiava goloso. Spettacoli impagabili,
come quando tornando da una passeggiata a Santo Amaro, a São Jorge, sopra una
pietra del muretto di lava ho scorto un uovo troppo piccolo per essere di
piccione e troppo grosso per essere di lucertola: era un uovo di merlo!
Rivelazione di un autoctono seduto sul muretto pochi metri più avanti.
Spiazzo erboso a Graciosa |
Come i granchi anche le lucertole sono nerissime con
riflessi verdastri, e popolano tutte le nicchie e le fessure dei muretti di
lava che costeggiano le strade secondarie, spuntano continuamente e spariscono
in un baleno, unici rettili reperibili sulle isole, che non albergano serpenti.
Oltre al mare e alla lava, sono le fioriture prepotenti, i
pascoli e i boschi i protagonisti naturali che fanno dell’habitat della Azzorre
un insieme unico e prezioso. Ironicamente quelle che ne sono divenute quasi un
simbolo, replicato alla nausea nei dépliant turistici, nelle cartoline e nei
magneti-souvenir, cioè le onnipresenti ortensie azzurrine e rosate, sono specie
infestanti, non endemiche, che si sono riprodotte con un rigoglio quasi
minaccioso a spese di altre specie autoctone (come le campanule dell’azorina vidalii
ad esempio) e insieme alla roca da velha (infiorescenza gialla) e
all’agapanthus (azzurro o bianco) hanno colonizzato buona parte del paesaggio
(vedi foto).
Ma il colpo d’occhio è certamente fantastico; una tale profusione
di fiori favorita dal clima umido e spesso piovoso anche d’estate, insieme alle
distese smeraldine dei pascoli punteggiati da grasse mucche sotto il sole
d’agosto, quando buona parte dell’Europa meridionale bolle a 40°, sono visioni
paradisiache. Nei boschi anche molti alberi che svettano fino a otto-dieci
metri come le araucarie o i cedri non sono essenze endemiche.
Maestosi i metrosideros con i loro pennacchi rossi, si allargano come candelabri le braccia scultoree delle dracene. Numerose e inaspettate le piantagioni di banane, che sono ottime e costano pochissimo.
Ortensie a Terceira |
Maestosi i metrosideros con i loro pennacchi rossi, si allargano come candelabri le braccia scultoree delle dracene. Numerose e inaspettate le piantagioni di banane, che sono ottime e costano pochissimo.
Ho visitato soltanto sei delle nove isole; in tutte i
fenomeni vulcanici hanno originato grotte, scavato gallerie e cunicoli, eretto
vulcani e crateri vuoti, generato depressioni e creste, stagni ribollenti e sorgenti
termali. Personalmente non amo molto addentrarmi sotto terra, preferisco le
montagne alle esplorazioni speleologiche, ma le grotte e gli antri scavati
dalla lava delle Azzorre seducono anche i più riluttanti claustrofobici. Si
comincia con Furnas e Caldeira[6]
Velha nell’Isola di São Miguel, con le sue terme, la zona delle solfatare
dove la domenica i gitanti cuociono il pranzo nelle cavità del terreno bollente
e la laguna solforosa circondata da foreste; a Terceira si visitano la Gruta do Natal e l’Algar do Carvão, mentre a Pico, dove uno splendido vulcano conico
(omonimo) domina l’isola, si può visitare la Gruta das Torres con un’affascinante discesa in contorte gallerie
che si percorrono solo armati di torcia perché non c’è la minima illuminazione
né fosforescenza.
A Faial ci si arrampica sul neonato Capelinhos e si sale fino a una grande Caldeira; a Graciosa, ultima isola visitata, si scende nella
magnifica Furna do Enxofre che
racchiude un lago sotterraneo. Le innumerevoli caldeiras ammantate di verde sembrano immense zuppiere. Di Säo
Jorge sono caratteristiche, soprattutto lungo la costa nord, le fajãs, piccole distese alluvionali con
lagune, flora e fauna uniche, sovrastate da sentieri scoscesi, come quello che
si percorre per raggiungere la Fajã da
Caldeira de Santo Cristo, punteggiate di grotte e con coltivazioni di
nicchia, anche il the!
Un grosso inconveniente per chi si muove solo a piedi o con mezzi pubblici come chi scrive sono i pochi autobus e gli orari spesso scomodi, mentre ovviamente abbondano i servizi di noleggio auto. A Pico si rimane sbigottiti di fronte al reticolo a perdita d’occhio di vigne custodite da migliaia di muretti che affondano le radici nella stessa lava divenuta fertile con un lungo processo di trasformazione in humus. Naturalmente anche qui l’UNESCO ha messo la sua bandierina e le segnala come “patrimonio dell’umanità”.
Imboccatura Furna do Enchofre |
Un grosso inconveniente per chi si muove solo a piedi o con mezzi pubblici come chi scrive sono i pochi autobus e gli orari spesso scomodi, mentre ovviamente abbondano i servizi di noleggio auto. A Pico si rimane sbigottiti di fronte al reticolo a perdita d’occhio di vigne custodite da migliaia di muretti che affondano le radici nella stessa lava divenuta fertile con un lungo processo di trasformazione in humus. Naturalmente anche qui l’UNESCO ha messo la sua bandierina e le segnala come “patrimonio dell’umanità”.
La cura e la conservazione dell’ambiente sembrano essere,
di primo acchito, una delle preoccupazioni principali delle amministrazioni
locali e dell’autorità centrale autonoma con sede a Ponta Delgada a São Miguel.
Le strade sono in genere pulite, è abbastanza raro incontrare cartacce o
plastica svolazzante, (ma mi è parso che, tra giugno e settembre, le cose siano
peggiorate). La passeggiata che costeggia la grande spiaggia cittadina di Praia
da Vitória è stata progettata con grande eleganza e inventiva: piastrelle
fantasiose e colorate (i famosi azulejos portoghesi) evocano film famosi e personaggi della cultura locale, oppure
citano versi di poeti isolani con accanto un loro ritratto. Le stradine dei
centri storici, lastricate di ciottoli di lava, sono capolavori di pazienza e
simmetria che Mondrian avrebbe apprezzato.
Peccato però leggere sul quotidiano Diário insular a fine agosto che il
governo di Lisbona rifiuta di rendere pubblico un rapporto relativo all’
occultamento di rifiuti tossici contenenti mercurio nella zona adiacente
all’Aeroporto Internazionale e alla attigua Base militare USA di Lajes, a
Terceira. Cercando sul web si trovano articoli in merito: l’accusa del governo
delle Azzorre è di inquinamento delle falde acquifere. Lajes è a pochi km da
Praia da Vitória[7]. La
contaminazione deriva da 70 anni di attività della base aerea USA e NATO: le
Azzorre chiedono che gli statunitensi - che stanno ridimensionandogli effettivi
e l’operatività della base stessa - si assumano le spese di decontaminazione. Ma Lisbona copre gli americani rifiutandosi di
rendere pubblico il testo del documento che specifica i dettagli del danno
arrecato e la loro ubicazione precisa. [8]
Una delle tante piastrelle poetiche a Praia |
Roca da Velha |
Altro problema: i “piani di sviluppo”. Nei primi anni 2000
il governo autonomo elabora e poi gradualmente approva e finanzia (con
consistente iniezione di fondi UE) dei piani di riordino e gestione delle coste
della varie isole, ambienti particolarmente instabili e fragili, soggetti a
frane, smottamenti e erosione. Ma l’imperativo primario dovrebbe essere la conservazione
dell'unicità dei paesaggi e la protezione degli ecosistemi. Invece.
Calheta, costa sud
di São Jorge: a fine luglio mi ha stupito un gran fervore (e baccano) di camion
dietro transenne, accanto a piramidi di terriccio e macchine movimento terra.
Ho chiesto a un passante di che tipo di lavori si trattasse, e mi è stato
spiegato che è in progetto un allargamento della attuale strada a due corsie
che costeggia le maestose rocce che scolpiscono la costa. Che fine faranno? Non
c’è spazio sufficiente per entrambe. Mi sono informata meglio al museo, e la custode
ha confermato che irrimediabilmente il paesaggio cambierà aspetto, con
conseguenze ovvie sulla fauna e flora della frangia lavica. Ho chiesto
un’opinione su ciò al farmacista di Velas, capoluogo di São Jorge: nessuno è
d’accordo ma tutti sono rassegnati. E’ chiaro che sono in gioco centinaia di milioni
di euro, bisogna sviluppare il turismo, i turisti potranno scorrazzare più
comodamente in automobile. Ho fatto una foto delle rocce a futura memoria
piuttosto disgustata.
C’è anche il progetto di collegare alla rete elettrica la
Fajã della Caldeira de Santo Cristo piantando piloni invece di pensare a
piccoli sistemi autoctoni alimentati da pannelli solari o altre energie dolci.
Invece di conservare il luogo come meta di escursioni a piedi, si intende
costruire insediamenti per villeggianti. Oggi la maggioranza delle casette sono
disabitate. Difficile che la laguna resista, addio panorama, addio silenzio.
Costa attuale di Calheta |
Faja da Caldeira de Santo Cristo, Sao Jorge |
Infine, a dare un altro colpetto all’immagine idilliaca che
mi ero creata delle isole incantate, è arrivata la vicenda della signora E. di
Pico, un’ex insegnante molto simpatica conosciuta perché stava innaffiando il
suo giardino mentre le sottraevo un tralcio di profumatissimo caprifoglio dalla
grata di recinzione. Me ne ha offerto un mazzo. In seguito ci siamo incontrate
più volte, e mi ha raccontato quel che le è successo un anno fa, dopo che
l’amministrazione locale ha creduto bene di cospargere un erbicida lungo tutta
la strada davanti alla sua villetta. Lei è allergica a qualsiasi tipo di
prodotto chimico e da anni si cura solo con medicinali a base di erbe. L’erbicida
le ha causato una terribile intossicazione durata mesi, con eruzioni dolorose
sul viso e sul corpo e enfiagione degli arti tale da impedirle di camminare. Ha
inoltrato esposti, documentazione clinica, certificati di intolleranza ai
prodotti usati e chiesto un indennizzo, il tutto senza avere finora alcun
riscontro. L’erbicida conteneva glifosato. Ho fotografato la documentazione che
mi aveva consegnato ed ecco le foto.
Foto della signora E. con eruzione provocata da erbicida |
Reclamo della Signora E. |
Marciapiede di lava, Terceira |
Casa di lava, strada di Laja das Rosas |
[1]
Convenzionalmente, dal 1432.
[2]
Chiaramente si riferisce al Portogallo.
[3] Vitorino
Nemesio, Açorianidade in “Insula”, 1932 (https://www.facebook.com/notes/luiz-fagundes-duarte/a%C3%A7orianidade-por-vitorino-nem%C3%A9sio/481158801985662/)
[4] Vedi il
bel video composto di foto di allora su YouTube: https://www.youtube.com/watch?v=8mkG7bjwVxg
[5] A circa
due km da Criaçäo Velha.
[6]
Letteralmente, caldaia. Sono avvallamenti ovoidali piuttosto grandi, vulcani
collassati e spenti, spesso ci sono sentieri
sui bordi del cratere.
[7] http://m.algarve24.pt/en/news/chemical-hazardous-waste-terceira/2017-03-23
[8] http://portuguese-american-journal.com/lajes-decontamination-of-terceira-island-soils-must-be-a-top-priority-azores/
A Stefania,
RispondiEliminasei riuscita a condurmi fin là...dove "appena ne tocchi la terra, ti accorgi che la lava, le rocce di basalto, le montagne ti avvolgono, ti circuiscono e davvero, come dice il poeta, ti penetrano, diventano parte integrante della tua vita quotidiana finché sei là, su quegli scogli a mezza strada tra Europa e America:Le piscine naturali sono uno dei luoghi incantati delle Azzorre, circondate dalle merlature cupe, nerissime, delle rocce di lava che sprigionano una magica energia (e calore a volte benvenuto); ci si immerge in acque limpide ( e spesso gelide) dove veleggiano pesci tigrati e pesci regina dalle strisce arcobaleno......"
Grazie Silvana N.