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venerdì 23 settembre 2022

QUALCUNO BUSSA ALLA PORTA

 

TOC TOC CHI E’?

Foto dal web
 

Elegante villa in Baviera tra valli monti e boschi dorati. Autunno. La signora Orsola sta controllando la sala da pranzo e dando gli ultimi tocchi padronali alla sontuosa cena di lavoro che sguatteri, cuochi e cuoche hanno amorosamente allestito per i numerosi invitati. La lunga tavola ovale apparecchiata scintilla d’argenteria e di cristalli. Una inattesa scampanellata sorprende la padrona di casa che guarda la pendola e pensa: qualcuno è forse in anticipo? Poi: “Gustavo, vada a vedere chi è per favore!”, grida volgendosi verso le stanze della servitù.

Il maggiordomo in livrea bluette si affretta verso il pesante portone e schiudendolo vede un omone calvo alto quasi due metri con un ampio impermeabile svolazzante col bavero rialzato. Minaccia pioggia e lo sconosciuto impugna un robusto ombrello nero, è solo. Sull’ampio piazzale ci sono le solite auto di servizio e nessun’altra, quindi lo sconosciuto è arrivato a piedi. Da dove? La tenuta dista una decina di chilometri dal più vicino centro urbano. Gustavo ha imparato a memoria tutti i nomi degli invitati, chiede quindi con un sorriso formale: “Buonasera, chi devo annunciare prego?” Lo strano individuo risponde quasi sillabando: “Sono il signor…ehm … Cambiamento Climatico, lo dica pure alla signora Orsola. So bene che non sono stato invitato ma avevo premura di farle presente alcune cosette, in modo che poi la signora ne possa discutere con le eccellenze attese per la cena. Ho pensato che questa serata fosse un’ottima occasione da cogliere. La mia presenza non era rinviabile, e se per caso la padrona di casa rifiutasse di accogliermi se ne pentirebbe perché scatenerei immediatamente una tormenta di neve fuori stagione che impedirebbe agli illustri ospiti di arrivare. O peggio. Peccato!”.

Foto alluvione Marche 2022

Il maggiordomo rimane di stucco, ma abituato a non far trapelare nulla delle sue sensazioni chiede compassato: “Per cortesia mi può dare un suo biglietto da visita?” L’omone ha un sorriso beffardo. Gonfia le gote e soffia: Gustavo si sente sollevare da terra e volteggiare in aria, poi è proiettato verso le cime degli alti abeti del boschetto vicino, perde quota e rischia di schiantarsi sul prato levigato a raso terra, precipitando a pochi centimetri dall’erba bagnata, e infine si ritrova in piedi con il cuore in gola, la chioma scomposta e la livrea in disordine, stordito e tremante di fronte all’inquietante sconosciuto. “Ecco il mio biglietto da visita, mi vuole annunciare di grazia?” Porge al maggiordomo stralunato un sacchetto di stoffa con qualcosa dentro e glielo mette in mano. Reggendosi a malapena sulle gambe il maggiordomo l’afferra, gira sui tacchi senza chiudere la porta e rientra precipitosamente nell’atrio, quindi irrompe nella sala da pranzo ancora tremebondo e sconvolto. La signora Orsola si spaventa nel vederlo: “Che le succede? Chi c’è alla porta?”. Gustavo balbetta qualcosa di inudibile, le ginocchia gli cedono e finisce svenuto sul tappeto mentre il sacchetto gli scivola via dalle dita dischiuse. Lei si china e sempre più stupita lo apre. Rotolano via dei piccoli ciottoli grigi che si spargono sul pavimento. Quando rialza il capo davanti a lei c’è lo sconosciuto in impermeabile. “Buonasera, vedo che il suo maggiordomo non ha gradito il mio scherzetto. L’ho sollevato da terra così si è fatto una passeggiatina fino al bosco a quota dieci metri da terra, poi picchiata e ritorno. Non credo che lei con la sua elegante toilette gradirebbe lo stesso trattamento prima di cena”. 

Migranti  scampati al naufragio sbarcano

La signora Orsola è allibita e sbotta: “Ma chi è lei che irrompe così sconsideratamente in casa altrui? Lei non sa chi sono io! Dove sono le mie guardie del corpo? E che significa quel sacchetto di tela pieno di ciottoli grigi?”. “Oh non si preoccupi per le sue guardie, con due o tre soffiate le ho fatte tutte volare via a qualche chilometro da qui, ma sono atterrate dolcemente e incolumi. Saranno senz’altro di ritorno tra un’oretta o due. Quei ciottoli sono ehm… quel che resterà tra non molti secoli del pianeta terra, nudi ciottoli rotanti nello spazio, senza vita né vite. Ho anche provocato un forte vento e pioggia così da ritardare l’arrivo dei suoi ospiti e poter avere il tempo di scambiare due parole con lei a tu per tu. Le donne sono forse più perspicaci, a volte almeno, degli uomini, e con lei spero ci si intenderà. Forse l’avrà capito ma io sono il Cambiamento Climatico, incarnato per quest’occasione unica che lei ha di parlare con me. Io entro dove voglio quando voglio, o meglio, dove l’agire umano mi evoca. Il mio terreno di caccia è ormai tutto il pianeta, questo pianeta terra che tanto poco sembra vi stia a cuore, che rischia di avere un collasso decisivo per la vostra sopravvivenza, e non solo di voi umani ma di tutti gli esseri viventi verso i quali avete una pesante responsabilità. Non capite che siete ad un tornante decisivo della vostra breve permanenza su questo pianeta che aveva tutte le carte in regola, dopo l’ultima glaciazione, per elargirvi un’ospitalità più che gradevole. Così generosamente ho pensato di offrirvi un’opportunità in extremis di ravvedimento in modo che possiate rimediare il rimediabile, anche se sarà una gara di corsa in salita”. Intanto Gustavo ha ripreso i sensi ma, inquadrato l’omone di fronte alla signora Orsola, è scosso da un tremito irrefrenabile e batte i denti. “Si rimetta in sesto, vada pure nel suo appartamento”, gli consiglia seccamente la signora Orsola, “me la vedrò io con questo signore”. Il maggiordomo si alza e sparisce in un corridoio dove si sente un gran parlottare tra passi strascicati, trepestio affrettato e gridolini spaventati. “Sediamoci pure”, dice freddamente la padrona di casa indicando due poltrone in un salottino adiacente la sala da pranzo. “E andiamo al sodo, che cosa vuole lei in fin dei conti? Sono pienamente cosciente della gravità della situazione, abbiamo già fissato i nostri obiettivi di decarbonizzazione al 2030 e al 2050, ho la coscienza a posto. Eccetera”.

Vignetta di Mauro Biani 2019

“Fa molto male ad avere la coscienza a posto. Mi pare che i rapporti del Gruppo Intergovernativo sul Cambiamento Climatico siano stati sempre molto espliciti e precisi. Anche dopo la famosa COP 21 di Parigi del dicembre 2015 si è chiarito che per raggiungere l’obiettivo di  limitare l’innalzamento della temperatura globale media del pianeta terra a 1,5 gradi Celsius gli impegni presi dalle diverse potenze mondiali non erano sufficienti. Da allora poco è cambiato nelle vostre politiche energetiche o meglio, molto è peggiorato... E sa quanto è costata quella conferenza di Parigi? 187 milioni di euro tondi tondi.  E ha presente che il 20% di questo budget era assicurato da colossi quali BMW o gli svedesi di Vattenfall, ovvero il campione svedese del carbone? Gli avete anche fatto pubblicità gratis. Quanto saranno costate tutte quelle conferenze a partire da quella storica di Rio de Janeiro del 1992, il vertice della Terra?  Ce ne sono state ben ventisei, dico ventisei. Che ne è stato del concetto di sostenibilità, sbandierato a destra e a manca? E i finanziamenti promessi e non versati ai paesi del sud del mondo? Ora addirittura volete riutilizzare sporchissime centrali a carbone e sgomitate per assicurarvi degli stock di gas pensando solo alla stagione che avete davanti al naso. Alla faccia della lungimiranza. Non solo. In tutto il mondo ci si azzanna per mettere le mani su nuovi giacimenti di combustibili fossili, anche in Africa, come in Mozambico che pure ha sofferto per cicloni sempre più devastatori. E spendete miliardi su miliardi per mercificare anche lo spazio interplanetario, con la futura stazione permanente sulla Luna, per sfruttare anche i giacimenti extra-terrestri. E per turismo spaziale, il colmo! Tutto ciò tra guerre rovinose e conflitti moltiplicati anche a causa del peggioramento delle condizioni ambientali. Siete voi che mi avete creato ed ora sono irrefrenabile, le mie energie si moltiplicheranno man mano che la vostra folle corsa alla ricerca di profitti immediati e di rimedi tappabuchi continuerà. All’inizio del 1900 ero un bambinetto e ora vede cosa sono diventato? Cosa pensa di dire e fare per cambiare rotta e rimediare ai disastri che avete provocato e state provocando? Cosa dirà ai suoi convitati stasera? E che dirà alla COP 27 a Sharm El-Sheikh?”

“La smetta con questa ridicola commedia e se ne vada subito di qui, ho già perso troppo tempo con lei. So bene quale siano i miei doveri e le mie responsabilità, le ho già detto. Buonasera!” E con un gesto imperioso la signora Orsola cerca di sospingere l’omone verso il corridoio e l’uscita. Errore strategico! La statura dello strano intruso cresce in un baleno a dismisura, le pareti della sala s’incurvano e cominciano a far piovere stucchi e intonaco, il lampadario si accascia lentamente, il soffitto cede. Tutta la villa viene travolta nelle tenaglie di un tornado subitaneo. Si odono urla di terrore, l’intera struttura viene strappata dalle fondamenta con grande rovinio di crolli e un cupo boato di tuono echeggia giù per la valle.

“Dio che incubo. Devo avere esagerato ieri sera tra Martini dry e chantilly. E ora un bel caffè forte!”.

Ma è stato un incubo notturno o l’annuncio di una realtà ventura ancora evitabile?

 


lunedì 12 settembre 2022

GIORNO D'AUTUNNO ( mia TRADUZIONE DI HERBSTTAG DI R. M. RILKE)

GIORNO D'AUTUNNO

(Rainer Maria Rilke "Herbsttag")

Viale d'autunno (da wikipedia)
 

 Signore, è tempo. L'estate tracimava.

L'ombra distendi sulle meridiane

Ed il vento scatena sopra i prati.

 

Ordina ai frutti tardi d'esser turgidi,

Concedi loro ancora del tepore

Che il ciclo si suggelli, e poi inietta

Nel vino spesso l'ultima dolcezza.

 

Chi ora non ha casa, mai l'avrà.

Chi solo è ora, lo sarà anche poi.

Veglierà, leggerà, redigerà missive

lunghe, e vagherà tra i viali

Con mente inquieta, in un vortice di foglie.


Herbsttag

Herr, es ist Zeit. Der Sommer war sehr groß.
Leg deinen Schatten auf die Sonnenuhren,
und auf den Fluren lass die Winde los.

Befiehl den letzten Früchten, voll zu sein;
gib ihnen noch zwei südlichere Tage,
dränge sie zur Vollendung hin, und jage
die letzte Süße in den schweren Wein.

Wer jetzt kein Haus hat, baut sich keines mehr.
Wer jetzt allein ist, wird es lange bleiben,
wird wachen, lesen, lange Briefe schreiben
und wird in den Alleen hin und her
unruhig wandern, wenn die Blätter treiben.

Rainer Maria Rilke, 21.9.1902, Paris

domenica 14 agosto 2022

LE FALLE DELLA MEMORIA, FRUSTRANTI AMNESIE

 

LETHOLOGICA? TERMINE PEREGRINO PER QUALCOSA CHE CAPITA A TUTTI

La stanza dei ricordi perduti (Lost memories di Pati Makowska, deviantari.com)
 

Qualche giorno fa pensando al Mali, paese dove ho lavorato per tre anni tra fine anni 1980 e 1990, allora tranquillissimo[1], dove si dormiva con le porte aperte o addirittura nella corte durante la stagione più calda, mi sono venuti in mente certi arbusti di una pianta con fioriture rosso fuoco, che si chiama…e lì ho inciampato in un buco di memoria. Ed è un buco ricorrente, perché già in passato nel tentare di ricordare la prosopis, questo il nome della pianta in questione, mi è capitata la stessa cosa ed ho penato a evocarla fino a che il termine, come una bolla in uno stagno, è venuta a galla senza che la cercassi più. Questo comune fenomeno di non riuscire a ricordare in un certo momento un termine, un nome, una nozione specifica che si sa di conoscere, di possedere nel proprio bagaglio mentale, è chiamato in psicolinguistica il fenomeno “sulla punta della lingua”, the tip of the tongue phenomenon in inglese, in termini colti, lethologica[2]. Etimologia facile da arguire derivata dal mitico Lete, il fiume dell’oblio per i trapassati secondo Platone, Virgilio e Dante (ma anche un fiume innocuo della Campania). I numerosi studi su questo fastidioso e frustrante incidente mnemonico ci dicono però, per riconforto, che è universale, e si verifica a qualunque età, anche se l’articolo citato sottolinea che la frequenza dell’evento aumenta con l’avanzare degli anni. E’ diffuso in tutte le culture, ed ha certe caratteristiche ricorrenti, come ad esempio il fatto che spesso si constata che ricorre a distanza di tempo con gli stessi termini che non si erano ricordati in passato, come appunto nel mio caso con il termine prosopis.  Spesso poi se ne ricorda la lettera iniziale, o il numero di sillabe, come l’ombra del termine corretto proiettata in qualche recesso cerebrale. Perché?

Nello stesso articolo si suggerisce che possa accadere per il fatto che precedentemente si è lottato a lungo per ricordare quel termine riottoso, ci si è ostinati sapendo di sapere, e poiché si prende un sentiero sbagliato, invece di ritrovarlo ciò che si ripete è proprio l’errore già commesso.[3] Meglio è cercare la soluzione, se si ha disponibile internet spesso è facile; più seccante è l’amnesia se si verifica parlando in pubblico o durante una lezione o un esame. Un altro suggerimento è il ricorrere a trucchi mnemonici, cioè alla mnemotecnica, con associazioni di tipo vario già collaudate da oratori celebri quali Cicerone o Quintiliano o scienziati d’epoca più recente. Andando a consultare la voce “mnemotecnica” su Wikipedia mi sembra che le complicate astuzie associative menzionate siano contorte e cervellotiche, associazioni anche più difficili da ricordare che i termini o concetti che si desidera snocciolare al momento opportuno. La mia via preferita è quella della decantazione: lascio perdere e confido nel lavorio subcosciente delle reti neuronali. E quasi sempre funziona.

Neuronali? Saranno sinapsi sonnecchianti che si riattivano grazie a neurotrasmettitori e opportune proteine? Ma i ricordi della memoria lunga (long-term memory) sono incapsulati nelle sinapsi, questi collegamenti tra i neuroni che ne assicurano il dialogo? Qualche anno fa avevo letto un curioso articolo sulla “stanza dei ricordi”[4], autore senior il ricercatore David Glanzman della UCLA, Università della California, che si basava su studi effettuati sulle sinapsi della aplysia, una lumachina marina, sinapsi che non funzionano, con grande meraviglia, in modo troppo dissimile da come funzionano nella specie umana, perché certi meccanismi nervosi si sono conservati lungo la filogenesi per centinaia di milioni di anni. Egli e i suoi collaboratori ne deducevano che i ricordi della memoria a lungo termine non risiedono nelle sinapsi ma probabilmente nel nucleo dei neuroni, anche se ancora non avevano le prove di tale ipotesi alternativa. "La memoria a lungo termine non è memorizzata nelle sinapsi", ha detto David Glanzman, professore di biologia integrativa, fisiologia e neurobiologia. "Questa è un'idea radicale, ma è dove ci portano le evidenze. Il sistema nervoso sembra essere in grado di rigenerare le connessioni sinaptiche perdute. Se è possibile ripristinare le connessioni sinaptiche, anche la memoria tornerà. Non sarà facile, ma credo che sia possibile".[5] Ed è stupefacente che “i processi cellulari e molecolari sembrano essere molto simili tra la lumaca marina e gli esseri umani, anche se la lumaca ha circa 20.000 neuroni e gli esseri umani ne hanno circa un trilione (mille miliardi)[6]. Ogni neurone ha diverse migliaia di sinapsi” (ibid.). 

Uova di aplysia, Uruguay 2014 (foto mia)

Ho visto centinaia di uova di aplysia sparse su una spiaggia del nord dell’Uruguay anni fa e per questo mi sono interessata a questo animaletto mai visto prima. Erano uova di aplysia che tutti gli anni, tra fine novembre e inizio dicembre, invadono quelle spiagge (e chissà dove ancora) per la stagione della riproduzione (informazione di un bagnante locale che però non ne sapeva il nome). Era uno spettacolo singolare vedere quelle uova giallastre trasparenti e translucide sparse a distesa sulla sabbia deserta. Guardando più da vicino si constatava che alcune si muovevano perché le lumachine attaccate alla pellicola interna cercavano di uscire e si capovolgevano per uscire, alcune cominciavano a trascinarsi sulla sabbia. Le avevo fotografate e inviate ad un biologo marino che mi aveva chiarito il mistero; il nome mi era subito sembrato interessante e poetico e al ritorno avevo ricercato articoli su questo argomento.

Ma il nostro complicatissimo cervello produce pensiero e ricordi solo grazie a neuroni e sinapsi? Nel 1983 uscì un libro di Jean-Pierre Changeux, famoso neurobiologo premio Nobel, L’homme neuronal, tradotto in italiano da Feltrinelli (L’uomo neuronale) dieci anni dopo, che implicava che fossero solo i neuroni gli attori chiave del funzionamento del cervello, il trilione o giù di lì di cellule nervose protagoniste assolute. E invece no.

Due astrociti (cellule gliali) della corteccia cerebrale umana; uno "abbraccia" un neurone piramidale

(Fonte, Y.Agid, P. Magistretti, L'homme Glial, Odile Jacob, 2018)


Avendo già letto un bel libro di Pierre Magistretti, un neurobiologo svizzero, scritto in tandem con uno psicoanalista, François Ansermet, A ciascuno il suo cervello Bollati Boringhieri 2008, ho notato, qualche anno fa, un altro titolo di P. Magistretti, L’homme glial, scritto insieme ad un neurologo questa volta, Yves Agid e l’ho scaricato in lingua originale, francese (non è stato tradotto che in inglese) come e-book. 

E’ stata una fondamentale finestra cognitiva che mi si è aperta: più della metà del nostro cervello, lungi dall’essere “operato” soltanto da neuroni, è abitato da altre essenziali cellule, le cellule gliali, facenti parte di un tessuto scoperto a metà del XIX secolo da Rudolf Virchow, un medico tedesco (informa Wikipedia, ma anche patologo, antropologo, biologo, scrittore, editore e politico!) che “nota la presenza di una sostanza amorfa tra i neuroni, una specie di colla (glue in inglese, da cui il termine scelto da Agid e Magistretti di “glie”). Questa “glue” corrispondeva a un tessuto di sostegno, una specie di tessuto connettivo del cervello che mantiene insieme i neuroni per riempire gli spazi vuoti.”[7] Così nell’introduzione si menziona la scoperta di tale tessuto che si rivelerà ben più di una colla adibita a tenere insieme i supposti attori principali dell’orchestrazione del funzionamento cerebrale, bensì un direttore d’orchestra. Le cellule gliali sono ben superiori in numero rispetto ai neuroni, rispondono ai segnali neuronali dei quali modulano le risposte in modo più preciso, e un tipo particolare di queste cellule, gli astrociti, così definiti perché hanno una forma a stella, come un astro, sono necessari per consolidare la memoria. Nella foto qui sotto tratta anch'essa da una schermata del libro si nota la ricchezza di terminazioni nervose dell’astrocita umano rispetto a quello della mosca. Le cellule gliali (di tre tipi) giocano un ruolo essenziale nella genesi e nel controllo dei nostri comportamenti. Varie patologie del sistema nervoso sono legate al cattivo funzionamento delle cellule gliali. Ho citato soprattutto dall’introduzione, perché non è il caso, a conclusione di questo scritto che nasce dalla constatazione di un fenomeno diffuso di “cilecca” della memoria, inoltrarsi nella complessità del libro, che è però leggibilissimo anche da non specialisti come la sottoscritta. L’ho trovato illuminante e persino avvincente, spero sia tradotto presto in italiano ma se leggete bene in francese o in inglese e l’argomento vi interessa, ve ne consiglio vivamente la lettura.

Astrocita di mosca e umano a confronto: le arborescenze umane sono impressionanti

 

 

 



[1] Dal 2012 il Mali è purtroppo diventato terreno di guerra: prima concentrata a nord nella zona touareg, grazie a malgoverno, sbagliate politiche interventiste europee e soprattutto francesi, povertà e condizioni climatiche sempre più difficili, approcci solo militari alle dissidenze che hanno una maschera jihadista, la guerra è ora quasi dappertutto, con un giunta militare al comando ben poco attrezzata per farvi fronte. Ed egualmente i paesi vicini non stanno molto meglio.

[2] Kendra Cherry. https://www.verywellmind.com/lethologica-tip-of-the-tongue-phenomenon-4154947

[3] La mia personale esperienza è che spesso c’è un altro termine inconsciamente codificato associato al termine che fa cilecca, per cui è questo che viene in mente e non quello desiderato.

[4] https://www.alzheimer-riese.it/contributi-dal-mondo/ricerche/4384-i-ricordi-perduti-potrebbero-essere-ripristinati-speranza-per-lalzheimer.html

[5] Ibid.

[6] Curiosamente, proprio ora leggo che nel libro che citerò nella prossima nota, gli autori attribuiscono 85 miliardi di neuroni al cervello umano, nel primo capitolo dedicato al cervello in generale (Il cervello: neuroni, cellule gliali e vasi sanguigni). C’è parecchia differenza rispetto al trilione di Glanzman.

[7] Yves Agid, Pierre Magistretti. L’homme glial, Odle Jacob, 2018.