MOZAMBICO 1986:
LA RIVOLUZIONE DIROTTATA [1]
Il 19 ottobre di quest’anno è trascorso senza che la stampa o i
notiziari, nazionali e internazionali, abbiano ricordato adeguatamente che
esattamente trent’anni prima il Tupolev Tu-134A-3 - che riportava a Maputo il
Presidente mozambicano Samora Machel e una delegazione di 29 persone tra
ministri, consiglieri e diplomatici - si schiantava in una remota regione
montuosa presso Mbuzini, in un bantustan sudafricano, a 150 metri dal confine
con il Mozambico. Il team rientrava da un vertice a Lusaka con altri paesi
della “Linha da Frente”, l’alleanza dei paesi dell’Africa Australe che
contrastavano le politiche di destabilizzazione e di attacco armato del
Sudafrica dell’apartheid.

La Commissione d’inchiesta presieduta dal giudice sudafricano Margo avrebbe
dovuto essere internazionale, ma fu infine composta soltanto da sudafricani poiché
i Mozambicani e i Sovietici ritirarono la loro adesione in quanto non accettati
come partner con pari dignità e prerogative. La Commissione concluse che il
disastro era stato provocato da errore dell’equipaggio e in particolare del
pilota, che aveva ignorato i segnali d’allarme del sistema elettronico che
avvisa del pericolo di ostacoli e in particolare della vicinanza al suolo (Ground
Proximity Warning System, GPWS) e aveva proseguito la discesa con un approccio
visuale, presumendo di stare avvicinandosi all’aeroporto di Maputo. La
relazione spiegava la virata improvvisa di 37° con un errore umano del pilota e
del navigatore, che avrebbero scambiato il VOR di Matsapa in Swaziland per
quello di Maputo. Pertanto l’equipaggio non era composto da novellini ma da
tecnici con migliaia di ore di volo.
Dal canto suo la delegazione sovietica redasse una relazione di
minoranza che interpretava in modo completamente diverso questa improvvisa
virata: il pilota avrebbe captato un falso segnale VOR (Very High Frequency
Omnidirectional Radio), un “faro direzionale” fasullo (decoy beacon) mobile,
successivamente fatto sparire, e lo avrebbe seguito pensando che fosse il
segnale radio di Maputo; avrebbe interpretato l’allarme del GPWS come erroneo e
provocato da un guasto. Tale
interpretazione fu corroborata da testimonianze successive raccolte dai team
mozambicano e sovietico, che puntarono il dito su complicità sia alla torre di
controllo dell’aeroporto di Maputo che a quello di Matsapa, in Swaziland. Il
segnale falso sarebbe stato calibrato sulla stessa frequenza di quello di
Maputo e fu notato anche da un Boeing 737 delle Linee Aeree Mozambicane (LAM)
che si trovava nella stessa zona.
I sopravvissuti constatarono che
quasi immediatamente dopo lo schianto giunsero sul luogo del disastro agenti
delle SADF, South African Defence Force, che cominciarono a frugare tra i
detriti dell’aereo, preoccupandosi assai poco di fornire aiuto ai feriti. I
sudafricani si impadronirono della scatola nera e la trattennero a lungo. La
notizia della caduta dell’aereo fu data a Maputo solo 11 ore dopo. Lo stesso
Ministro degli esteri Pik Botha e il capo del National Security Intelligence ammisero di avere rimosso documenti
e cartelle per farne copie[2]. Inoltre,
una volta entrato nello spazio aereo sudafricano, l’aereo era sotto il pieno
controllo del sistema di sorveglianza radar sudafricano altamente sofisticato
(Plessey) e quindi sarebbe stato perfettamente possibile evitare il disastro
avvisando l’equipaggio dell’errore di rotta.

Negli anni che seguirono ci furono
testimonianze e ammissioni di agenti segreti ed elementi dell’intelligence
sudafricana. Inoltre il
verbale dello State Security Council
(SSC) del gennaio 1984 indicano che il gruppo di lavoro sul Mozambico che
includeva il generale Jack Buchner e il maggiore Craig Williamson avevano
discusso espressamente come appoggiare la Renamo a sovvertire il governo del
Frelimo
Una successiva Commissione d’Inchiesta, The Truth and Reconciliation Commission, (2001) nominata dopo la
fine del regime di apartheid, si concluse con una relazione che non consentiva
di arrivare ad una verità storica ufficiale sulle cause e le circostanze del
disastro: “La questione (del falso segnale radio come causa principale del
disastro) richiede ulteriori investigazioni da parte di una struttura
appropriata”.

Tuttavia è soprattutto la conoscenza del contesto politico di estrema
tensione di allora in Africa Australe e di guerra aperta in e al Mozambico, oltre
alle circostanze e testimonianze citate, che conduce alla conclusione più
plausibile: l’aereo fu fatto cadere, il
regime dell’apartheid voleva morto Samora Machel. La stessa moglie di
Samora, Graça Machel, allora Ministro dell’Educazione e Cultura, aveva parlato
alla Commissione Margo di precedenti tentativi di attentati alla vita del
Presidente e di attacchi alla sua residenza. Nel 1981 si era verificato un
attacco armato a Matola, alla periferia di Maputo, di agenti sudafricani, che
avevano ucciso militanti dell’A.N.C. nella loro sede (attacco che anche io,
cooperante al tempo residente a Maputo, ricordo bene).
In Mozambico il governo socialista del Frelimo[3] era
sotto attacco dal 1977, due anni dopo l’indipendenza, da parte della guerriglia
sabotatrice della Renamo[4] creata
dal regime della Rhodesia di Ian Smith nel 1976 e, in seguito all’indipendenza
dello Zimbabwe nel 1980, appoggiata e foraggiata dal regime dell’apartheid del
Sudafrica. Dietro al Sudafrica c’erano chiaramente gli Stati Uniti: la guerra
fredda in Africa (e non solo) fu assai calda.
La Renamo attaccava treni, convogli, distruggeva e incendiava villaggi
collettivi, mutilava, bruciava scuole, presidi sanitari; speculando su risentimenti e frustrazioni
delle popolazioni soprattutto del centro-nord del paese era riuscita a raccogliere
consensi e a spaccare in due il Mozambico, minacciandone seriamente la compagine
sociale ed economica e mettendone in gioco la sopravvivenza. Anche in Angola si
combatteva: si trattava di una potente opera di destabilizzazione di tutta
l’Africa Australe che mirava alla caduta dei governi socialisti dell’Angola e
del Mozambico e a contrastare la lotta dell’African National Congress in
Sudafrica. Per questo La Tanzania di Nyerere, lo Zambia di Kaunda, lo Zimbabwe
di Mugabe, il Mozambico di Samora Machel e l’Angola di Neto avevano formato un’alleanza
come Paesi della Linha da Frente per fare blocco e resistere alla strategia e
agli attacchi del Sudafrica, che invece poteva contare sul presidente Banda del
Malawi e sull’acquiescenza degli staterelli satelliti del Swaziland e del
Lesotho. In Namibia lo SWAPO lottava ancora per l’indipendenza.
Nel 1984 un Mozambico stremato si era piegato a firmare l’accordo di
Nkomati con il Sudafrica, impegnandosi ad espellere i guerriglieri dell’A.N.C.
in cambio di una cessazione dell’appoggio alla guerriglia della Renamo. Ma
mentre il Mozambico aveva rigorosamente rispettato la sua parte del trattato,
nel 1986 era evidente che il Sudafrica e il suo accolito Malawi continuavano a
sostenere attivamente, finanziare e dare santuario ai guerriglieri Renamo
capeggiati da Afonso Dhlakama (tuttora leader della stessa Renamo). Poco prima
del disastro aereo del 19 ottobre il Capo di Stato Maggiore mozambicano aveva accusato Il governo del Malawi di
aiutare i “surrogati del Sudafrica” (la Renamo) a mettere in piedi basi in
Malawi per poi infiltrarsi nel centro-nord del Mozambico, e di emettere
passaporti a loro nome, addirittura a nome di Dhlakama. Samora Machel aveva
minacciato apertamente il Presidente Banda di chiudere la frontiera con il
Malawi e di puntargli addosso i missili se non avesse smesso la sua opera di
sostegno alla Renamo.
In breve, il clima politico era rovente. Ecco quindi che la morte di
Machel e di alcune delle migliori menti che possedesse allora il Mozambico
acquista il suo significato politico di ennesimo sabotaggio della rivoluzione
socialista, ovunque questa minacci di radicarsi e dare i suoi frutti, da parte
delle forze reazionarie mondiali. Meno di un anno dopo la stessa longa manus uccideva
il Presidente Thomas Sankara nel “paese degli uomini integri”, il Burkina Faso.
Ormai sono passati trent’anni da quella notte tragica. Che la rivoluzione
mozambicana abbia subìto un colpo mortale in quella circostanza è a mio avviso
incontrovertibile, anche se si può a buon diritto sostenere che la guerra
scatenata dalla Renamo aveva già dato i suoi frutti e il processo di
trasformazione socialista aveva subito duri colpi. Il conflitto, come accennato più sopra, aveva
rivelato errori strategici gravi compiuti dal Frelimo: errori di lettura
politica e di interpretazione delle esigenze delle popolazioni soprattutto
rurali del centro-nord. Una straordinaria inchiesta del compianto antropologo
francese Christian Geffray ritraccia le ragioni profonde dell’adesione delle
popolazioni del centro-nord del Mozambico all’ insorgenza armata della Renamo.
La guerra che terminò con gli accordi di pace del 1992, favoriti
dall’opera di mediazione del Governo italiano, della nostra Ambasciata e della
Comunità di Sant’Egidio, aveva contribuito ad aprire una breccia che non fece
che allargarsi fino a generare una vera e propria mutazione antropologica nella
classe dirigente del paese, all’epoca la più integra, illuminata e spartana a
livello mondiale. L’aggiustamento strutturale della fine degli anni ’80 impose
un drastica riduzione delle spese sociali e dell’intervento statale, l’aiuto post-bellico
da parte di IMF e WB fu condizionato all’adesione a politiche neoliberiste e
crebbe sempre più la dipendenza dal finanziamento esterno. Il Mozambico si
trasformo nel beniamino delle istituzioni di Bretton Woods con una crescita che
negli anni 1990 fece il gran balzo in avanti: da una crescita nulla tra il 1981
e il 1992 (pour cause!) si passò ad una media di 8,1% tra il 1993 e il 2008. A
che prezzo? A prezzo dell’anima. Come ben si sa, crescita e sviluppo non sono
sinonimi.
Nello stesso periodo cominciò
ad allargarsi a macchia d’olio una corruzione sempre più difficile da
estirpare, che ha ora colonizzato gran parte delle nuove élites del potere e in
particolare i ranghi del Partito Frelimo e dello Stato ai livelli più alti. Una
serie di privatizzazioni delle banche, volute fortissimamente dalle istituzioni
di Bretton Woods illustra come spesso i donatori favoriscano i corrotti: “I
ricercatori della Banca Mondiale evidenziano che l’aiuto esterno può generare
corruzione e che non c’è prova che i donatori finanzino paesi con un livello
minore di corruzione. Un altro studio ha mostrato che i governi più corrotti
ricevono i maggiori finanziamenti”.
Alcune banche privatizzate
furono terreno di scorrerie finanziarie, lavaggio di denaro sporco e frodi: chi
le indagò e denunciò pubblicamente pagò con la morte il suo coraggio.
Nel 2010 sono stati trovati
giacimenti ricchissimi di gas naturale e idrocarburi offshore a nord, e gli
appetiti si sono aguzzati di conseguenza. Vari studiosi segnalano una
dialettica tra un’ala “sviluppista” e un’altra “predatrice” interna al Frelimo
e allo Stato mozambicano. C’è da augurarsi che la prima prevalga e disincagli
il paese dalle secche in cui rischia di arenarsi. A tutt’oggi, fine 2016, la
guerra di bassa intensità della Renamo è ripresa e imperversa già da più di due
anni, la situazione economica è pessima, l’inflazione alta, la povertà e
l’analfabetismo sono diminuiti ma non abbastanza, l’agricoltura familiare non è
appoggiata in modo adeguato, la questione della corruzione è lungi dall’essere
risolta, il debito esterno è aumentato in modo insostenibile e i donatori hanno
bloccato il loro sostegno in seguito a debiti statali contratti in modo
fraudolento. Sono in corso trattative per una spartizione del potere tra
Frelimo e Renamo coordinate dagli stessi attori che favorirono gli accordi di
pace del 1992.
La parola d’ordine è ancora oggi come nel 1975: a luta continua! Hasta
siempre, Comandante.
SAMORA AMCHEL MEMORIAL AT MBUZINI, SOUTH AFRICA
FONTI UTILIZZATE
1.
Intervista a Dan Moyane,
eNCA News, “Someone has to be held
accountable”, 17 ottobre 2016
3.
The Nelson Mandela
Foundation: https://www.nelsonmandela.org/omalley/index.php/site/q/03lv02167/04lv02264/05lv02335/06lv02357/07lv02372/08lv02378.htm)
4. http://siteresources.worldbank.org/AFRICAEXT/Resources/258643-1271798012256/Mozambique-growth.pdf
5. Geffray, Christian. La cause des armes au Mozambique. Parigi: Karthala, 1990
6. http://siteresources.worldbank.org/AFRICAEXT/Resources/258643-1271798012256/Mozambique-growth.pdf
8.
Hanlon, Joseph. Bollettini « Mozambique
News Reports and Clippings », vari, tinyurl.com/sub-moz
9.
Hanlon, Joseph. Mozambique’s Elite- finding the way in a
globalised world and returning to old development models, paper presented
at a Crisis States Research Centre, 7 ottobre
2009
10.
Hanlon, Joseph & Smart,
Teresa. Do bycicles equal development?
Londra: James Currey, 2008
12.
Savana n. 1189. “Mistério sobre
morte de Samora mantém-se”, 21 ottobre 2016
Nessun commento:
Posta un commento