"PER CONTO
DELL’EUROPA"
FERMARE
L’IMMIGRAZIONE FINANZIANDO MILIZIE CRIMINALI?
Unione Europea e Italia pronte a tutto pur di bloccare le
rotte dei migranti (e respingerli nel caso questi riescano ad arrivarci, in
Europa), e tutto vuol dire passare sopra i grandi principi; diritti umani e
libertà civili si piegano in funzione delle circostanze. Addirittura l'Italia si inventa un
diritto amputato per i richiedenti asilo[1].
Lo sappiamo, lo sapevamo, ma constatare che si può arrivare a finanziare
aguzzini con i soldi dei contribuenti europei, con la garanzia di un capo di
stato dichiarato criminale di guerra con tanto di mandato d’arresto del
Tribunale Penale Internazionale, è il colmo dell’infamia.
Il rapporto dell’organizzazione internazionale Enough.org, dal titolo eloquente: Border control from hell: how the EU’s migration partnership
legitimizes Sudan’s militia state[2] del
Prof. Suliman Baldo (Controllo delle frontiere dall’inferno: come l’intesa
sulle migrazioni della UE legittima il Sudan, uno stato che si regge su milizie)
presenta un quadro esauriente della situazione eslege di questo immenso stato,
retto sin dal 1989 da un dittatore, Omar el Bashir, accusato di crimini contro
l’umanità e indiziato di genocidio per le stragi nel Darfur, con il quale l’Unione
Europea sta collaborando e cui sta elargendo contributi di milioni di euro.
Queste le tappe principali per comprendere la turpitudine
del patto e cercare di ostacolarlo a partire da Strasburgo, dal Parlamento
Europeo.
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Eppure questo mare di sangue versato sembra non pesare sulla
bilancia sbilenca dell’Unione Europea quando si tratta di ergere delle barriere
per fermare i sacrosanti movimenti migratori, in questo caso quelli provenienti
dal Corno d’Africa e dall’Africa centrale, che attraversano Sudan, Niger e Ciad
per sfociare in Libia e puntare al Mediterraneo.
Per quanto concerne la Libia, la delega è affidata
all’Italia: in febbraio il nostro governo ha stretto un accordo triennale con
il governo traballante del premier Sarraj per rafforzare il controllo a partire
dalle coste libiche, naturalmente per fermare il contrabbando e il traffico di
esseri umani, foglia di fico verbale per significare che si rischia di finanziare
poliziotti alleati ai trafficanti per estorcere denaro ai malcapitati, pena
torture anche letali in totale impunità, come documentato da decine di libri e
reportage e da testimonianze degli stessi migranti sfuggiti all’inferno dei
campi di detenzione libici. Ma il Governo Italiano non ne sa nulla: il 2 aprile
altri titoli trionfanti di apertura sui giornali inneggiano alla saggezza di
chi favorisce “la pace tra le tribù” del Fezzan, regione di 700.000 km2 del sud
della Libia, milizie assoldate per chiudere i transiti dal Niger e dal Ciad. Si pretende di
ignorare anche in questo caso che le “tribù” arabofone libiche sono in linea di
massima (ci saranno lodevoli eccezioni) le peggiori nemiche dei sub-sahariani,
disprezzati come bestie; si può essere sicuri che i migranti catturati saranno
trattati con il massimo rispetto. Pochi giorni fa la stessa Organizzazione
Internazionale per le Migrazioni (I.O.M.) ha denunciato che i migranti
vengono venduti al mercato come schiavi per poche centinaia di dollari[3].il
16 aprile MSF ha segnalato su RFI la testimonianza sconvolgente di un
senegalese che è stato testimone di pratiche schiavistiche nelle piantagioni libiche[4].
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Si chiama “Processo di Khartoum”[5]
l’accordo firmato nel 2014 tra la UE e il Governo del Sudan, quindi con il
criminale di guerra indiziato di genocidio Omar el Bashir, al fine precipuo di
“bloccare il traffico di esseri umani nei paesi di origine, transito e
destinazione”. Tale cooperazione è stata ulteriormente rafforzata e
rifinanziata con 100 milioni di euro nel 2016 allo scopo dichiarato di affrontare
le cause alla base dei movimenti di popolazione nel Sudan orientale, in Darfur,
e negli stati del South Kordofan e Blue Nile, dove imperversa la guerra con
gruppi ribelli legati al Sud Sudan. Questo pacchetto era destinato alle
popolazioni vulnerabili in zone di conflitto per migliorare i servizi sanitari,
educativi e la sicurezza alimentare. Ma 15 milioni in particolare finanziavano “un
rafforzamento delle capacità delle autorità locali”. Inoltre attraverso il Trust Fund for Africa dell’UE si
attribuivano altri 40 milioni di euro sotto l’etichetta Better Migration Management
per un programma di rafforzamento delle capacità dei governi regionali di
controllo delle frontiere, programma tuttora controverso, che rischia di
ingrassare anche le cosiddette Rapid
Support Forces del Sudan (RSF),
ex milizie paramilitari ma ora parte integrante dell’esercito sudanese, che non
sono altri che le bande dei vecchi janjaweed promosse per i loro buoni servigi
e la loro efficacia mortifera. Il rapporto di Enough.org segnala che di questi 40 milioni, almeno 5 destinati al
controllo di polizia e al settore giudiziario possono andare proprio alle RSF.
Create nel 2013 con compiti specificamente sporchi e
repressivi, le RSF sono state denunciate da numerose organizzazioni internazionali
per i loro crimini. Per tutta risposta, il governo di Omar el Bashir le ha
ripulite integrandole nel gennaio del 2017, nelle forze armate regolari.
Per capire meglio l’atmosfera legalista che spira tra le
forze armate, basti dire che quando nel 2013 il ministro della difesa si
lamentava durante una seduta del Parlamento che i bassi salari dei soldati
fomentavano le diserzioni, il segretario generale del Partito islamista
sudanese, partito di governo, “raccomandò che il bottino di guerra fosse
aggiunto come supplemento salariale”[6].
Il 5 aprile scorso usciva su The Guardian un lungo articolo a firma Phil Cox che rendeva conto
del suo calvario in questa oasi dei diritti umani che è il Sudan di Bashir: il
giornalista vi si era infiltrato illegalmente dal Ciad per raggiungere le zone
del Darfur sigillate all’informazione internazionale al fine di documentare ciò
che vi accade. Identificato dai servizi di sicurezza, con il suo aiutante e
traduttore è stato detenuto, torturato, gettato in galera e ne è uscito dopo
70 giorni di incubo grazie al prodigarsi dell’ambasciata del Regno Unito a
Khartoum, dopo essere stato obbligato a sottoscrivere di non tentare mai più di
tornare clandestinamente in Sudan[7].
Forse siamo in tempo per fermare questo patto con il diavolo
dell’UE se riusciamo a informare e coinvolgere una platea più vasta di quella
ristretta di chi si occupa professionalmente di tali questioni.
[1] http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/04/12/migranti-camera-vota-la-fiducia-al-decreto-minniti-via-libera-definitivo/3517714/
[2] http://www.enoughproject.org/content/border-control-hell
[3] https://www.avvenire.it/attualita/pagine/migranti-schiavi-libia
[4] www.rfi.fr/afrique/20170416-esclavage-migrants-temoignage-jeune-senegalais-retour-libye
[5] http://www.iom.int/eu-horn-africa-migration-route-initiative-khartoum-process
[6] Citato dal rapporto di enough.org: Ibrahim Hummoda,
“The War of Spoils in Sudan,” Almshaheer, in Arabic,
April 24, 2013, www.almshaheer.com/article-159133.
[7] Phil Cox, Kidnapped, tortured and
thrown in jail:my 70 days in Sudan. The Guardian, 5 April 2017.
https://www.theguardian.com/world/2017/apr/05/captured-in-darfur-south-sudan
Si, diabolico !
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