CIPRO: AFRODITE NON ABITA PIU’ QUI
Museo Pierides, Larnaca |
Il mese
trascorso a Cipro non ha offerto difficoltà particolari, a parte
l’impossibilità per chi viaggia in bus di visitare i villaggi sulle montagne
dell’interno o la penisola di Karpas, celebrata come area paesaggistica ancora
preservata dal cemento e costellata di interessanti monasteri, a meno di non
andare intruppati in un torpedone affollato o in taxi, due opzioni che ho
scartato come non appetibili o troppo costose.
Veneri neolitiche, Museo Pierides |
Il Museo privato Pierides di Larnaca conserva
reperti unici: stupefacente l’estatico e ridente personaggio di ceramica di
epoca calcolitica (5500/4000 a.C.) con i gomiti appoggiati alle cosce e la bocca
spalancata per ricevere un’acqua che doveva sgorgare dal grosso foro del pene.
Interpretazione della mia guida: l’uomo urla, non ride (come pare a me). Ce ne
sono altre di statuette calcolitiche simili, ma più piccole e meno icastiche;
in un’altra teca ancheggiano leggiadre Veneri neolitiche.
Aghios Lazaros, Larnaca |
Il
castello-fortezza di epoca ottomana prospiciente il mare è ben conservato anche
se non spettacolare come quello che vedrò a Lemesos, la spiaggia e il mare sono
mondi di plastiche e affini. La più bella immagine di Larnaca è però notturna:
la chiesa bizantina di Aghios Lazaros illuminata dai riflettori è una visione
dorata in fondo a una piazza buia e sembra quasi sospesa a mezz’aria, irreale e
perfetta, armonica nelle proporzioni nonostante le demolizioni e i rifacimenti
attraverso i secoli, compresa la transizione passeggera a moschea.
In compenso
il lungomare è una parata di orrori: Mac Donald, Burger King, spocchiosi
alberghi, ristoranti e bar poco accoglienti con prezzi gonfiati, e un via vai
continuo di turisti doc in calzoncini e cappelloni. La spiaggia è irta di
ombrelloni con relativi lettini fino alla striscia sottile di sabbia davanti al
castello, finalmente libera da ostruzioni e aperta ai non paganti.
Lemesos, interno castello |
Sulla costa
più a ovest, Lemesos ha un bel centro storico e un castello con probabili
origini bizantine; l’attuale imponente fortezza, trasformata in un ricco e
originale museo medievale, è stata ricostruita dagli Ottomani. In mostra preziose
ceramiche dai colori pastello di epoca crociata nella cornice di una architettura
interna molto movimentata, tra arcate e cunicoli, scale strette e ripide a
chiocciola, corridoi tappezzati di lapidi e pietre tombali o visi di pietra, a
volte stranamente sfregiati. Tra le curiosità sono esibite delle granate a mano
di terracotta, di provenienza sconosciuta e non datate.
Granate di terracotta |
Purtroppo è
stato creato recentemente, con grande dispendio di fondi, un nuovo porto
turistico con relativa zona di boutiques e uffici di società immobiliari, un
mega-progetto battezzato La Marina
dai developers, concepito
dall’architetto francese Xavier Bohl. Giganteschi cartelloni esibiscono
ireniche visioni di isolette edilizie azzurrine dove danarosi pensionati e
giovani leoni potranno godersela tra piscine saune giardini in penta o esa-stellati
hotel di venti piani … immagini che fanno a pugni con il vicino centro storico
di stradine, antiche chiese e case a due piani. Notevole spudoratezza falso-avveniristica.
Mi viene in mente Bastia in Corsica, dove la distanza tra porto antico e nuovo
porto commerciale smussa completamente ogni possibilità di cacofonia visiva.
Speculazione edilizia a Lemesos (cartellone pubblicitario) |
La mia sosta
successiva è Paphos, con due estese aree archeologiche ambedue affascinanti
affacciate sul mare e addossate a rocce di arenaria. La prima è giusto a fianco
del piazzale della stazione autobus e vanta magnifici mosaici appena sfocati
dal tempo nella cosiddetta Dimora di Dioniso e nella Villa di Teseo, un teatro
ellenistico-romano, l’Odeion, ben
restaurato, e una fortezza medievale diroccata, oltre ad altre numerose e scenografiche
rovine.
Mosaico a Paphos |
Un faro bianchissimo svetta vicino al teatro. Parte dell’incanto del luogo, nonostante il
sole a picco e le distanze da percorrere, lo si deve al contesto di terra
riarsa cosparsa di radi arbusti e cespugli, con il mare che respira vicino. Si
continua a camminare sui polverosi tracciati tra erbe secche e macchie di fiori
azzurrognoli, aria cristallina e cielo terso, e non si vorrebbe più uscire dal
magico cerchio luminoso che racchiude l’area. Stessa sensazione il giorno successivo
durante la visita alle cosiddette tombe dei re, tutte ipogee: tempo fatto
pietra sotto un sole ardente tra “le antiche mani dell’arenaria[1]”
e l’erba assetata ma chiazzata di fiori. A dispetto della denominazione, non re
ma alti funzionari e aristocratici romani vi furono seppelliti tra il 3° secolo
a.C. e il 3° d.C.
Tomba ipogea a Paphos |
Dopo il tuffo
ammaliante nel remoto passato, il brusco ritorno alla moderna inciviltà: di
fronte alla massicciata dove sono allineate le sdraio e gli ombrelloni, se si
vuole nuotare verso il largo bisogna guardarsi dalle stolte giravolte (inquinanti)
dei motoscafi che innalzano su seggiolini appesi a dei simil-paracadute coppie
in cerca di brividi blu, oppure le sballottano avanti e indietro in divanetti
di plastica galleggianti, con contorno immancabile di prodezze dei vari ragazzotti
a bordo di scooter d’acqua.
Lasciata
Paphos, a Nicosia riesco a scovare un piccolo albergo in una stradina pedonale,
e la stanza al terzo piano senza ascensore è dotata miracolosamente di una
porta finestra con imposte di legno[2]
che dà sulla terrazza dalla quale si vedono (e odono) bambinetti che
scorrazzano tutto il giorno con biciclette o giocano a palla.
Signora di Lempa, Museo Archeologico |
La visita al
Museo Leventis è oltremodo istruttiva
e coinvolgente: la prima cosa che mi colpisce è il perfetto parallelo tra il
mito della nascita di Afrodite dalla
spuma del mare e l’effettivo sorgere
dell’isola dalle profondità dell’antica crosta oceanica. I primi ad emergere
dal fondo in seguito alle scosse telluriche furono i monti Trodoös, circa 20 milioni di anni fa; seguì la catena montuosa dei Pentadactylos, che da Kyrenia/Girne si
prolunga verso nord-est nella penisola di Karpas
e infine venne alla superficie la pianura intermedia di Mesaoria che saldò i due tronconi montagnosi 1.800.000 anni fa.
Dopo la geologia, il museo ricostruisce la storia dell’isola a partire dal più
antico sito archeologico, uno dei più importanti del Mediterraneo orientale, il
villaggio di Choirokoitia[3]
che risale a circa 9000 anni fa. Si precisa che le salme sepolte in pozzi, a
volte con corredo funebre, avevano addosso pesanti pietre, si ipotizza “affinché
non tornassero!” Belle le prime cartografie di Cipro del 1500 e raccapricciante
il racconto dell’assedio di Nicosia da parte degli Ottomani nel 1570 di Pietro
Contarini, testimone del massacro che ne seguì, descritto nelle pagine della
sua Historia delle cose successe dal
principio della guerra mossa da Selim Ottomano, pubblicata nel 1572, uno
tra i molti libri dei viaggiatori che si avventurarono in Oriente tra il 1600 e
il 1800 esposti nel museo.
Venere singolare, Museo Leventis |
Molto ricco il museo archeologico, singolare la
“signora di Lempa”, ceramica neolitica, bellissime le donne-uccello della tarda
età del bronzo (1450/1200 a.C.) usate nei rituali associati alla fertilità e
fantasoso il lampadario ellenistico.
Tra il tesoro di una tomba trovata a
Kalavassos risalta una fluente chioma di capelli castani che sembrano appena
tagliati: sono della tarda età del bronzo.
Il giorno
seguente visito la Nicosia turca, ribattezzata Lefkoşa, quasi indenne dalla speculazione
edilizia che imperversa nella parte greca, ma visibilmente più povera. Andando
verso il centro dal posto di controllo passaporti mi imbatto
nell’avanguardistico progetto di case popolari risalente all’inizio del ‘900,
quindi di epoca ottomana, varato da tal Musa Irfan Bey, direttore di Evkaf, una Fondazione tuttora esistente
che ha per mission dichiarata l’impiego
di risorse a beneficio delle classi meno abbienti. C’è una targa che illustra
le caratteristiche del quartiere come fu concepito allora: acqua potabile
distribuita da una fontana centrale, piazzuole con panchine, verde e
giardinetti. Percorro i corridoi tra i vari filari delle case basse bianche e
uguali, tutte e 72 abitate ancora oggi, graziose anche se modeste: una signora
mi fa visitare la sua e vedo che i tetti sono costruiti in modo da lasciare una
intercapedine tra tetto e soffitto in modo da fare da tampone sia al freddo che
al caldo. Lodevole lungimiranza. Oggi la fontana non distribuisce più acqua perché
l’acquedotto l’ha rimpiazzata. Astrale distanza dall’attuale speculazione
edilizia tesa al profitto.
Samanbahce |
Procedo verso
il Museo Mevlevi Tekke che mi affascina. Tekke significa in turco dimora,
albergo. I tekkes erano istituzioni caritatevoli che offrivano cibo e alloggio
ai poveri oltre che istruzione gratuita nelle discipline liberali anche ai
rampolli di aristocratici e li istradavano alla carriera amministrativa o
militare. I fondi provenivano da istituzioni caritative musulmane, le Wakifs, nate subito dopo il 1570, alla
caduta della Cipro veneziana. Vi si formavano i dervisci che seguivano un
severo apprendistato di 1001 giorni, a partire dalla…cucina, sotto la
supervisione del capocuoco e dei suoi assistenti. I pasti venivano consumati in
silenzio e iniziavano e finivano con un pizzico di sale. Quando un allievo
derviscio voleva bere staccava un pezzetto di pane e lo alzava verso la spalla
sinistra, poi guardava il compagno che serviva il pranzo: questi allora gli
versava l’acqua e tutti gli altri smettevano di mangiare finché l’assetato non
avesse finito di bere. Alla fine del pasto si cantavano in coro le preghiere.
Il lungo rosario serviva a recitare i nomi di Dio[4].
Il mistico iniziatore dell’ordine dei dervisci rotanti fu il Mawlana Jalaluddin
Rumi, nato a Balkh in Afghanistan nel 1207 e morto a Konya, dove c’è la sua
tomba venerata a tutt’oggi.
Museo Mevlevi, sala da pranzo |
Visito poi il
il Büyük [5]Han
Cultural Centre, un antico caravanserraglio trasformato in centro di
intrattenimento dove sono in vendita articoli di artigianato, libri, stampe e
guide turistiche. Gli Han che vedrò
numerosi in Turchia hanno un grande cortile quadrangolare con porticati da ogni
lato che era anticamente adibito a stazionamento di dromedari e carri, mentre
il piano superiore aveva camere per i viaggiatori tutte intorno al cortile
centrale.
Centro culturale ex Han |
In mezzo al cortile c’è una piccola moschea a chiosco con cupola, il
tutto molto suggestivo. Infine visito la grande e magnifica chiesa di Santa
Sofia che è stata mascherata da moschea e appare assai poco credibile come
tale, con la maestà delle sue linee e il rosone della navata centrale. A
Lefkoşa si gira comodamente a piedi mentre a Nicosia si è continuamente
disturbati dal traffico.
Santa Sofia con minareto |
Girne/Kyrenia
(turca) si trova sulla costa settentrionale ed è una paciosa cittadina con
stradine ripidissime che sboccano sul vecchio porto e la passeggiata a mare
fino al castello, un tempo dimora dei Lusignano signori di Cipro dal 1191 al
1489. Questa antica fortezza è forse la più interessante delle due precedenti
in quanto possiede affascinanti reperti di due naufragi, uno avvenuto in epoca
bizantina e l’altro più antico, nel 288 a.C. Di quest’ultimo si conserva parte dello
scafo di legno di pino d’Aleppo: trasportava 410 anfore e un carico di 9000
mandorle “molto ben conservate” (il ritrovamento è degli anni ’60 del ‘900), che
sono in mostra. Analisi sulle mandorle hanno dimostrato che si trattava del
raccolto del 288 a.C[6].
Scafo del 288 a.C. |
A pochi chilometri da Girne ci sono il Castello
di sant’Ilarione, un castello perfetto per la strega di Biancaneve, in cima ad
un cocuzzolo roccioso e irto di arbusti, semidiroccato, e le rovine dell’Abbazia
di Bellapais resa celebre dal soggiorno di Lawrence Durrel tra il 1953 e il
1956, con le sue monche ogive gotiche: chiesa, chiostro, sala capitolare,
magazzini a volta sullo sfondo di un paesaggio bucolico-marino.
Castello di Sant'Ilarione |
La mia
penultima tappa cipriota è Famagosta, già caldissima a fine giugno: molte le
belle chiese – la più spettacolare è San Nicola - quasi tutte divenute
improbabili moschee; del palazzo veneziano resta la facciata, il porto e la
marina non sono aree pedonali e pittoresche come a Girne. Il piatto forte è
anche qui il castello- fortezza con la cosiddetta torre di Otello governatore
di Cipro, castello che Shakespeare apparentemente scelse per l’ambientazione
della sua tragedia almeno secondo la tradizione letteraria, dato che Famagosta
non è menzionata esplicitamente nel testo.
Torre detta d'Otello a Famagosta |
Dopo la
visita alla rovine di Salamina[7]
sotto un sole di Satana, anche queste disperse in un’area vastissima, lascio
Famagosta che bolle a 40°C per una cittadina sul mare un po’ più a nord,
Iskele, con una spiaggia che sarebbe bella se fosse meno affollata e più
pulita, battezzata pomposamente Long Beach. Cammina e cammina sul bagnasciuga, si riesce a trovare angoli
solitari e dune dove l’acqua è trasparente (ma il fondale scomodo). L’unico
ristorante del piccolo centro si trova dentro un gigantesco complesso edilizio
con tanto di cancelli esterni, e ha un menu ben poco appetitoso. La simpatica e
comprensiva gerente dell’Hotel Boutique mi concede per fortuna l’uso della sua
moderna e attrezzata cucina, per cui passo giorni piacevoli con lei e con le
dune marine.
Vista di Famagosta |
Statuetta del dio Bes,divinità egizia, Museo archeologico di Iskele |
Area archeologica di Paphos |
[1] Di
montaliana memoria
[2] Dico
miracolosamente perché sarà l’unica stanza da letto trovata in tutto il viaggio
dotata di imposte. Sia a Cipro che in Turchia le si ignorano, e le tende spesso
chiare che le dovrebbero sostituire fanno sì che la luce del mattino irrompa su
chi dorme all’aurora.
[3] https://it.wikipedia.org/wiki/Choirokoitia
[4] La
teoria dei nomi di Dio è parte integrante della mistica ebraica.
[5] Büyük
signifia “grande” in turco.
[6]
Visitando il dungeon, antro e pozzo dove venivano relegati i prigionieri, registro
la toccante storia di Joanna l’Aleman, la favorita di Pietro I Lusignano, re di
Cipro e Gerusalemme, che fu qui imprigionata e torturata in ogni modo mentre
era incinta del re per ordine della moglie di Pietro, gelosa dell’amante dello
sposo infedele mentre questi era assente. Arrivarono a metterla in fondo al pozzo
della prigione, digiuna per giorni e giorni e con una grossa pietra sul ventre
per farla abortire. Joanna resistette a tutto e riuscì a partorire un bambino
che sopravvisse, e fu di nuovo accolta a corte dal re reduce dalle sue
spedizioni contro i musulmani.
[7] Da non
confondere la Salamina cipriota con quella greca, famosa per la battaglia dei
greci contro i Persiani nel 480 a.C.
Complimenti per il suo diario di viaggio. Sono rimasto sfavorevolmente colpito dalla speculazione edilizia in atto a Limassol. Invece la natura nella zona montana di Troodos è fantastica
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