VIAGGIO TRA VULCANI FORESTE E PETROLIO (3)
UN TOCCO DI AMAZZONIA**
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Fiume Napo, Amazzonia
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Viaggiando tra
montagne e vulcani colpisce la differenza tra il páramo della Colombia che
ricordo come uno tra i più bei paesaggi montani mai visti e quello ecuadoregno.
In Colombia gli altopiani ad alta quota sono costellati di strane piante
chiamate frailejones : i loro brevi e tozzi tronchi, coronati da cappucci lanosi
e biancastri, sembrano folletti negli immensi spazi ondulati delle Ande,
montagne immani ma spesso non puntute e scabre come le nostre Alpi, e li rendono
vivi, palpitanti: “I páramos sono spazi di nebbie, piogge lievi e nubi
volteggianti che aderiscono alle rocce e al vento. Luoghi d’ombra, foschi e
ignoti, dove gli orizzonti si moltiplicano e la totalità ci appare. Il páramo
condensa attorno a sé le energie della vita e l’uomo le ha sempre associate ai
suoi dei, a queste forze che non riesce a comprendere né a dominare” .
Paramo Colombiano
Invece in
Ecuador, così come in Bolivia, si attraversano soprattutto distese popolate
dalla cosiddetta paja brava, un’erba a volte lunga come i capelli delle donne
indie, ma giallastra e ispida, in modo da resistere alle basse temperature, un
ambiente naturale quasi desolato. E appunto un paesaggio di paja brava si
attraversa per scendere da Latacunga fino a Baños, dove il clima muta
decisamente: siamo alle porte dell’Amazzonia, ancora tra montagne (il vulcano
Tungurahua, 5000 mt, è lì di casa) ma tra una vegetazione ormai rigogliosa dove
dominano cascate, fiumi e torrenti. La città deve il suo nome alle terme, bene
organizzate ma delle quali non approfitto. La profusione d’acqua salta subito
agli occhi: la Cascada de la Virgen sgorga dalla montagna che sovrasta
l’abitato, un’insolita cascata urbana.
Cascada de la Virgen
L’unica escursione organizzata di tutto
il mio viaggio è la Ruta de las cascadas, in un pullmino in cui siamo solo tre
viaggiatrici; si visitano in una sola mattinata diversi paesaggi acquatici
compreso il famoso pailón del diablo, il calderone del diavolo, che consiste in
un ribollire vorticoso di spume tra anguste rocce a picco al termine di una
poderosa cascata incastonata nel verde. La nota dolente è il notare come la
cornice naturale, così bella da non avere alcun bisogno di essere enfatizzata
con artifici, sia stata violentata a scopo di lucro: inutili ponti sospesi, voli
a pancia sotto sul fiume, parchi con diavolerie idiotizzanti che dovrebbero dare
il brivido e invece distolgono soltanto dal godere dei panorami in santa pace.
Le due giovani tedesche con me sul pullmino abboccano a tutti questi extra
pseudo-avventurosi. Per fortuna il giorno seguente trovo un sentiero che dalla
circonvallazione sale in montagna fino al Mirador Bellavista, sotto il
Tungurahua. Lungo il cammino ripido e fangoso incontro persone che abitano lassù
con i quali scambio saluti e qualche parola. Parto con il sole ma gradualmente
il cielo si annera e dopo una sosta per ammirare tutta Baños ai miei piedi,
molte centinaia di metri sotto, comincia a piovere e poi a diluviare.
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Vista di Baños salendo a Bellavista
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Spunto dal
sentiero zuppa: scanso il saluto ringhiante di due cani grazie al nodoso bastone
usato per l’ascesa e punto al Caffè, dove rimarrò per ore perché il maltempo
imperversa e ovviamente la decantata vista sul Tungurahua è sigillata da nebbia
e nubi. La salvezza è un taxi di ritorno dalla Casa del Arbol che mi riporta in
albergo. Visito la Casa del Arbol il giorno dopo (ma salgo in autobus): c’è un
parco cui si accede a pagamento, fiorito ma troppo ben pettinato; il piatto
forte sarebbe il columpo al cielo, cioè un’altalena gigante costruita sul pizzo
di una scarpata che ti scaraventa verso il brivido del vuoto. Altro specchietto
per allodole ma c’è una fila d’attesa lunghissima: è domenica. Scelgo un più
piacevole e avventuroso sentiero con un sentore di giungla fitto di canne, liane
e fiori. Non incontro nessuno.
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Sciamano, Museo della cattedrale di Baños |
La cattedrale di Baños possiede un museo
piuttosto ricco: ceramica zoomorfa (a partire dal 4000 a.C.), sciamani, una
partoriente, una donna descritta “con cappello speciale”! Le culture più
rappresentate e prolifiche sono la Valdivia, che forse non a caso si sviluppò
nella penisola di S. Elena, una delle poche zone secche dell’Ecuador, e la
Tolita: quest’ultima fu la prima a lavorare il platino sin dal 2600 a.C. Famose
le Veneri Valdiviane, molte sono minuscole e rotte (forse si gettavano nei
recinti sacri), alcune misteriose: parto siamese o passaggio dall’infanzia alla
pubertà? dice il cartiglio. Una particolarità infine che ho visto solo a Baños:
sul marciapiede della strada del mio hotel ci sono due negozi di dolci che
fabbricano caramelle di zucchero con un metodo mai visto: impastano una specie
di pasta elastica colorata tirandola con forza da un paletto conficcato nel muro
e la manipolano a lungo fino a farne dei rotoli che poi tagliuzzano e lasciano
rassodare prima d vendere le caramelle che se ne ricavano.
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Museo di di Baños: partoriente
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Per inoltrarsi verso
l’Amazzonia bisogna andare nel cosiddetto Oriente: prendo un autobus diretto a
Coca e scendo a Puyo. Qui montagne non se ne vedono più. La città è veramente
brutta, ma ha giardini e parchi con una vegetazione lussureggiante e curiosità
faunistiche notevoli; costituisce una comoda base per esplorare la zona
circostante del Napo. L’Hotel Las Palmas è molto piacevole: ha un giardino pieno
di piante e fiori, e stranamente non mi ha mai punto una zanzara neanche quando
la pioggia scrosciava e leggevo sull’amaca davanti alla stanza per ore
aspettando di poter uscire. Prima di tutto cerco la sede della CONAIE,la
confederazione delle comunità indigene, per capire meglio le lotte per i loro
diritti e le circostanze del recente durissimo sciopero generale dell’ottobre
2019. Dopo vari giri inutili trovo l’ufficio dove mi riceve senza bisogno di
anticamera un funzionario molto disponibile cui pongo le mie domande.
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Convegno CONAIE dell'ottobre del 2019
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Il paro
(sciopero) totale è iniziato in seguito all’aumento improvviso del prezzo della
benzina del 300%, ma subito dopo sono esplose le frustrazioni e le
rivendicazioni che ribollivano da tempo senza uno sfogo nella popolazione
indigena, ancora oggi discriminata e svantaggiata rispetto ai criollos o agli
ispano-discendenti. Il censimento del 2010 rivela un apparente 7% di popolazione
indigena sui 17 milioni di Ecuadoriani, ma la CONAIE afferma che questo non è
possibile, sarebbero troppo pochi. Ci sono 14 nazionalità vere e proprie
riconosciute come tali, ma una molto maggiore quantità di gruppi minori
sparpagliati per tutto il territorio, tra i quali i Sarayaku, dei quali ho un
contatto fornitomi in Italia. Tornando alle lotte dell’ottobre del 2019, tutte
le nazionalità hanno combattuto contro la politica economica del governo di
Lenin Moreno: ci sono stati 13 morti vittime degli spari della polizia
antisommossa. Da questa esperienza è nata la proposta di un Parlamento dei
popoli indigeni, per una transizione ad una politica economica alternativa.
Un’altra rivendicazione fondamentale risale al 1990, quando ci fu una
sollevazione generale dei popoli indigeni e si prospettò l’idea di uno stato
ufficialmente plurinazionale. Quindi con un decentramento di che tipo? Non
arrivo a formulare la domanda perché arriva una coppia che poi scoprirò essere
madre e figlio, i rappresentanti Sarayaku dei quali avevo il contatto, e prendo
un appuntamento con loro, che sarà molto coinvolgente umanamente oltre che
informativo.
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Orchidee a Puyo
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Ci incontriamo con Fernando e la madre Caterina (non i veri nomi)
in un ristorantino da poco aperto, e, evocato dalla “strana coppia” mi si rivela
uno scenario concreto di lotte accanite contro le multinazionali del petrolio (e
dell’acqua) nel folto della selva amazzonica ecuadoriana, distante varie ore di
canoa dall’ultimo centro urbano con una strada. In particolare Caterina è ricca
di particolari nel raccontare una vera e propria battaglia che li ha visti
opporsi a una compagnia petrolifera argentina e vincere, in che anno non
ricordo, cacciandola via dal loro territorio. Pare un caso unico più che raro e
i conflitti continuano. Purtroppo il traffico di fronte al ristorante e le
risate di una combriccola di statunitensi del tavolo accanto coprono parte del
racconto, che non oso interrompere di fronte alla passione e la foga della
donna. Fernando mi dice che dato l’isolamento fisico della loro enclave sono
riusciti ultimamente ad ottenere un collegamento aereo settimanale per evacuare
eventuali malati e per trasporto di derrate urgenti. La tentazione di una visita
è grande ma l’aereo, ammesso e non concesso che un posto sia disponibile, è
giustamente caro, e l’alternativa di un viaggio in canoa di ore andata e ritorno
e un soggiorno nel nulla mi appare troppo piena di incognite e archivio l’idea.
Rimane l’impressione vivida di persone che in un ambiente così difficile,
insidiato dalle rapine di attori potenti, riescono a difendersi e a prevalere.
Ma per quanto tempo ancora? E se vincono in un luogo, in quanti altri sono
costrette a cedere? Nel centro di Puyo ci sono vari cartelli di condanna delle
petroleras e dell’inquinamento di terra e acqua.
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Murale: nel cartello si legge: l'acqua non si vende, l'acqua si difende
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La mia esplorazione di questo
margine di Amazzonia è consistita nel visitare parchi, urbano quello
etno-botanico Omaere, poi il Paseo de los monos (Riserva di scimmie e vari altri
animali) e il Jardin Botánico Las Orquídeas fuori città. Il parco urbano si
raggiunge attraversando il fiume Puyo e consiste in un piccolo ma intricatissimo
bosco ricco di varietà sia di flora che di fauna. La guida californiana,
chiaramente un ex figlio dei fiori incistidato in Amazzonia, ha lunghi capelli
grigi e sandali da frate e guida me e un francese di Tolosa su e giù per
sentieri stretti tra tronchi e radici enormi, spiegando ad ogni passo le virtù
di foglie, cortecce e radici secondo la medicina indigena, prevalentemente
Achuar, una delle nazioni riconosciute ufficialmente. Ciò che mi colpisce di più
sono delle formiche, lunghe pochi millimetri, dalla forza erculea: portano
carichi pari a 7 volte il loro peso. Il californiano ne mostra una appesa al suo
dito che erge una spessa fogliolina fresca.
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Parco Omaere; la formica con la foglia appesa al dito della guida
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Vedrò una fila semovente di
foglioline marciare sul dorso delle forzute formiche invisibili su un
marciapiede di Puerto Lopez: impressionante. Della ridda di nomi che il
californiano snocciola a ogni piè sospinto per ogni pianta animale fuscello non
riesco ad annotare nulla, ma pare che ogni raschiatura di corteccia, lacerto di
radice, foglia o ciuffo d’erba abbia grandi proprietà medicinali. Fuori Puyo il
Paseo de los monos ospita una grande quantità di scimmie ma anche piccoli
animali feroci, come la guatusa del Oriente. Affascinante il parco delle
orchidee, anche se la bella ragazza che mi fa da guida avverte che “non è la
stagione adatta”. Il parco in sé è stupefacente se si pensa che è frutto di una
solitaria operazione di rewilding , e cioè il terreno è stato riscattato dallo
stato di abbandono di ex piantagione dalle cure pertinaci e competenti
dell’abuelito, il nonnino che ho intravisto a casa, che ne ha fatto una
quasi-giungla piena di alberi altissimi, liane, piante di ogni specie e fiori a
profusione. Pare che ce ne siano altri di esperimenti simili in altre zone
dell’Ecuador. Con una lente la fanciulla mostra una orchidea microscopica
innestata su un albero.
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Puyo, Parco delle orchidee: orchidea microscopica
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Una mattina di pre-carnevale con tanto di corteo
mascherato e musica elettrizzante parto per Tena, vicino al fiume Napo, sul
quale sarebbe bello fare una lunga escursione di giorni, ma quando si viaggia
soli il prezzo per un individuo è proibitivo. E non ci sono altri clienti. A
Tena manca l’acqua nel quartiere dove sono alloggiata (dietro la piazza
principale) e l’albergo è malissimo attrezzato per queste evenienze. Dopo varie
richieste mi trovo una sola brocca d’acqua fuori della stanza per lavarmi; non
hanno una cisterna di riserva, nemmeno un bidone. Torno alla più confortevole
Puyo e lascio il giorno dopo la bella stanza con amaca nel verde variopinto
giardino per raggiungere Riobamba e le città del meridione; poi infine, il gran
Pacifico.
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Puyo: corteo del Carnevale in anticipo
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Parco de los Monos: guatusa del Oriente
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** Purtroppo di nuovo le impostazioni peggiorate di blogspot non mi permettono più di inserire foto come prima nel mezzo del testo: impaginazione orrenda, me ne scuso. Il mio sito non è ancora pronto.
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