LE CITTA’ DEL SUD E LA COSTA DEL PACIFICO
Cuenca dall'alto |
A Riobamba! Come suona bene, sembra uno squillo di tromba. Mi incammino verso l’albergo Tren Dorado che si trova vicino alla stazione ferroviaria, da dove mi è stato detto, funziona un treno moderno che mi porterà in tre ore a Cuenca, la seconda città del paese, pregiata capitale culturale con centro storico coloniale. Vorrei già informarmi sugli orari. Delusione: il treno non funziona più da anni, la linea ferroviaria è stata danneggiata da una frana e non è mai stata riparata. Ma l’albergo c’è, ottimo e a buon mercato, con proprietario italofono in quanto ha lavorato per anni in Italia, ed è un perfetto gentiluomo, puntuale al mattino come un tedesco per aiutarmi dalle 7.00 in punto a preparare la colazione.
Riobamba: Cattedrale |
Mi invitano a cena per la sera seguente e così faccio la conoscenza della Presidentessa, una straordinaria donna ottantenne piena di spirito e grande ex viaggiatrice, della sua gentile e premurosa segretaria e di una coppia di affiliati alla Società. L’interno del ristorante è tappezzato di foto e naturalmente vi giganteggia un ritratto di Simón Bolivar a grandezza naturale. Nella mattinata il cielo limpido mi invita ad avvicinare il grande vulcano, ma mi limito a costeggiarlo: ce l’ho di fronte.
Salendo si vede anche El Altar, altro vulcano che mi sono persa precedentemente dietro spesse nubi. Il sentiero è costeggiato da erbe e fiori, non c’è nessuno, el Chimborazo è un gigante solitario col cappuccio di ghiaccio; presto la vetta è avvolta da un cumulo di nuvole. Lo spettacolo è finito. Fino a dieci anni fa, mi diranno la sera, in quest’epoca era completamente coperto di neve sino alle falde inferiori. Oltre al cambiamento del clima ha influito la terribile eruzione del vulcano El Altar che ha ulteriormente contribuito a mutare le temperature medie di tutta l’area.
Dopo Riobamba mi aspetta Cuenca, che Elda, la segretaria della Società Bolivariana, chiama la “Atene” del Sudamerica. Ed è veramente una città coloniale seducente, allegra e colorata da tanti murales tutti spiritosi e ben fatti, senza sgorbi o graffiti aggressivi, arricchita da belle chiese, campanili svettanti e palazzi monumentali. E naturalmente parchi e musei. Tuttavia il traffico in molte strade piuttosto strette è antipatico e puzzolente, e si arriva volentieri nelle grandi piazze sedi di mercati all’aperto di verdura e frutta, tanta frutta, e fiori.
Il Museo delle culture aborigene è come sempre fonte di stupore e ammirazione: veneri a due teste, sciamani, gemelle siamesi, e persino, tenerissimo, un paio di pinzette per depilazione, un po’ arrugginite comprensibilmente. Qui le culture rappresentate sono quella Panzaleo[4] e Manteña[5], la prima originaria dell’area tra Riobamba e Quito. I Manteños-Huancavilcas che abitavano nella fascia costiera furono i primi ad avvistare le fatali caravelle spagnole. Pare che il loro aspetto stupì molto i conquistadores: si deformavano il cranio da piccoli per ottenere uno schiacciamento (come gli Inca), si rasavano completamente il cuoio capelluto lasciando solo una coroncina da frate e si estraevano gli incisivi: non dovevano apparite molto attraenti secondo i nostri canoni estetici!
lungofiume Tomebamba |
Ma il principale sito archeologico dove si ritrova l’anima ancestrale Cañar e Inca è Ingapirca[9] (in lingua quechua: il muro dell’Inca) a circa due ore di autobus da Cuenca. Il sito monumentale, associato all’alleanza politica e culturale tra conquistatori Inca e conquistati Cañari, è molto interessante anche se non spettacolare come lo splendido sito Tiahuanaco in Bolivia; mi sembra che ciò che resta del Tempio del sole ecuadoregno impallidisca al ricordo di quello boliviano e della Puerta del Sol.
Ingapirca; sullo sfondo il Tempio del sole |
Inti, il dio Sole, è tuttavia onnipresente anche a Ingapirca, incastonata in un paesaggio bucolico con lama pascolanti e dolci rilievi a 3200 mt. Ho trovato coinvolgente ed emozionante percorrere il ripido e stretto sentiero a montagne russe, denominato Camino del Inca- parte di un antico itinerario di circa 40 km che collegava Ingapirca a Cuenca e ancora percorribile da escursionisti allenati - sentiero costellato di tracce cañar-incaiche:
un cerchio rosso che raffigura la cara del sol su una ruvida roccia, pietre bucherellate che fungevano da calendari agricoli, e alla fine la vista più sorprendente: una Cara del Inca monumentale scolpita su una rupe scoscesa, vero capolavoro acrobatico d’artista e scalatore provetto. All’entrata del sentiero c’è un cartello con la rappresentazione grafica della cosmovisione inca: tripartizione ideale tra mondo infero, mondo terreno e mondo superno. Ho un ricordo indelebile della sua raffigurazione nei meravigliosi arazzi Jalk'a visti a Sucre in Bolivia.
Il viaggio da Cuenca a Guayaquil dura almeno sei ore (gli autobus ecuadoregni hanno molto da invidiare a quelli cileni) e l’arrivo non è entusiasmante: mi accolgono una pioggerella e una caligine spessa che aleggia su quella che sembra una grande laguna. Grattacieli, un lungo viadotto, traffico intricato. Rimango a Guayaquil solo due notti: quando mi accingo a visitare almeno il famoso malecón, la passeggiata lungo la riva del fiume Guayas, la pioggerella quasi incessante si trasforma in acquazzone e rinuncio, odio bagnarmi anche se è caldo e approfitto dell’ozio per leggere sulla terrazza del BB.La ricerca dell’oceano vero, selvaggio, passa per un’altra tappa deludente: Salinas ha una bella spiaggia ma troppi grossi alberghi e una spiaggia affollata di sedie a sdraio e ombrelloni, si riparte. Puerto Lopez è gradevole, ha una spiaggia più solitaria con frequentazioni meno banali e l’Hotel ecologico ha simpatiche capanne individuali in una giardino di piante e alberi fronzuti (qui le zanzare sono meno discrete che a Puyo).
Museo Cuenca: Il pensatore |
Strana visione serale a Canoa: cingolati sulla spiaggia! Nessuna spiegazione offerta dai militi |
Canoa: bassa marea serale |
Trovato a Canoa: dollaro della sabbia |
[1] http://eldiarioderiobamba.com/2020/01/23/la-casa-del-delirio-de-bolivar-esta-en-riobamba/
[2][2] https://es.wikisource.org/wiki/Mi_delirio_sobre_el_Chimborazo
[3] Non mi piacciono le traduzioni offerte dai siti che ho trovato: non equivale a “colpo di fortuna” o simili; dà piuttosto l’idea di “scoperta utile e interessante solo per caso”, ma quel caso bisogna cercarlo, bisogna essere curiosi.
[4] http://www.enciclopediadelecuador.com/historia-del-ecuador/cultura-panzaleos/
[5] http://www.enciclopediadelecuador.com/historia-del-ecuador/cultura-manteno-huancavilca/
[6] https://it.wikipedia.org/wiki/Tumebamba
[7] https://es.wikipedia.org/wiki/Ca%C3%B1ari
[8] Altro nome di Tomebamba di origine Cañar: significa “porta del puma”
[9] https://en.wikipedia.org/wiki/Ingapirca
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