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sabato 2 novembre 2013

Sonetto LXXIII Shakespeare, Traduzione mia



Sonetto LXXIII
W. Shakespeare

That time of year thou mayst in me behold

Autunno panoramica

 
Quel tempo dell’anno in me tu puoi vedere
Che foglie secche, o poche o rare, pendono
Dai rami che  là tremano nel freddo
Nudi cori cadenti, echi già d’alati canti.

In me tu vedi il crepuscolo di un giorno
Che si sfa all’ occidente a sole spento
E la notte di pece  già l’inghiotte
Il sosia della morte, serra e chiude tutto.

In me tu vedi il palpito di un fuoco
Che sulle ceneri dei suoi verdi anni posa
Come il giaciglio su cui dovrà spirare
Arso da ciò che or ora lo nutriva.

Ciò vedi e il tuo amore si rafforza
Per amare ancor più quel che si smorza.
 
 

That time of year thou mayst in me behold

That time of year thou mayst in me behold
When yellow leaves, or none, or few, do hang
Upon those boughs which shake against the cold,
Bare ruin'd choirs, where late the sweet birds sang.
In me thou see'st the twilight of such day
As after sunset fadeth in the west,
Which by and by black night doth take away,
Death's second self, that seals up all in rest.
In me thou see'st the glowing of such fire
That on the ashes of his youth doth lie,
As the death-bed whereon it must expire,
Consum'd with that which it was nourish'd by.
This thou perceiv'st, which makes thy love more strong,
To love that well which thou must leave ere long.



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