LE MINIERE NEL MOMDO AL CENTRO DI CONFLITTI
Il 29 novembre scorso la polizia di Burma (evitare di chiamarla Myanmar perchè è l'etichetta appioppata a Burma dal regime militare che da più di venti anni tiene in ostaggio il paese) ha attaccato ferocemente vicino a Monywa, nella zona dell'Upper Burma, contadini e attivisti che protestavano contro lo scempio del territorio operato dalla compagnia cinese Wanbao che gestisce la miniera di rame Lapadaungtaung . Tra i manifestanti c'erano anche numerosi monaci buddisti.
Poche ore dopo l'attacco con gas lacrimogeni e lanciafiamme, la leader dell'opposizione Aung San Suu Kyi arrivava e si univa alla popolazione nelle critiche ai guasti provocati dalla miniera, che, secondo le accuse, oltre ad avere confiscato la terra, ha provocato degrado ambientale e perdita del patrimonio culturale.
Il progetto della miniera è il risultato di una joint-venture tra un'impresa, la Union of Myanmar Economic Holdings Ltd (UMEHL), appoggiata dai militari e la compagnia cinese Wanbao Mining limited, una sussidiaria della NORINCO, una potente fabbrica d'armamenti cinese.
Aung San Suu Kyi ha detto che occorre spiegare il perchè del violentissimo attacco della polizia che ha provocato quasi cento feriti, tra i quali 50 monaci. Vari attivisti sono stati arrestati, otto di essi sono apparsi in tribunale il 3 dicembre, a Rangoon.
Intanto continuano a protestare i contadini che sono stati espropriati senza un briciolo di indennizzi.
Il primo dicembre il presidente della giunta militare ha istituito una commissione d'inchiesta di 30 membri perchè indaghi su cosa è successo il 29 novembre e affinché si stabilisca se i cinesi devono essere o no cacciati via dalla miniera. Solo i cinesi? Una trappola per Aung San Suu Kyi ?
9 dicembre 2012
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